martedì 23 giugno 2020

As the Gods Will

Kamisama no iu tôri

di Takashi Miike.

con: Sota Fukushi, Nao Omori, Ryunosuke Kamiki, Mio Yuki, Lily Franky.

Grottesco

Giappone 2014















Un folle gioco che ha in ballo la vita di un pugno di giovani, sottoposti a prove senza senso per il solo gusto di vederli fallire o, per quei pochi che ci riescono, a sopravvivere affetti da un PTSD che non ha nulla da invidiare a quello di un qualsiasi soldato sopravvissuto ad un massacro bellico. In sintesi, questa è la metafora che "As the Gods Will" porta con sé, nulla più e nulla meno di una rivisitazione del "massacro scolastico" che molte altre opere nipponiche hanno portato alla ribalta. Torna alla mente, per forza di cose, "Battle Royale", sia nella sua versione cartacea anarchica e compiaciuta ad opera di Koushun Takami, sia nella sua veste più ragionata portata su schermo dal compianto Kinji Fukasaku.
E il manga scritto da Muneyuki Kaneshiro e disegnato da Akeji Fujimura ha più di un debito di ispirazione verso l'opera di Takami, così come verso il "Gantz" di Hiroya Oku, dal quale riprende il gusto crudele per lo splatter grottesco urlato in faccia al lettore.




Debiti di ispirazione che pur tuttavia non gli impediscono di essere efficace: c'è qualcosa di perfettamente bilanciato e veritiero nella parafrasi del sistema scolastico come quello di un gioco infantile piegato verso il gore dove ogni studente è in lotta con gli altri e con i propri limiti, per sopravvivere al quale sono necessarie abilità fisiche, intellettive e, alla fin fine, anche un po' di sana fortuna. Da qui, l'odissea di Shun Takahata, della e inossidabile Ichika e del crudele Amaya diviene perfetta rilettura di una realtà priva di rimorsi, nella quale l'unica ricompensa per i sopravvissuti è quella di divenire punto di riferimento per masse isteriche in cerca di una guida, di quel favore degli dei che identificano, in prima istanza, con la classe dirigente.




Ed una storia del genere, con il suo mix di atrocità talvolta gratuite e sincero sentimentalismo, calzava alla perfezione per Takashi Miike, scelta d'obbligo per la sua traspoizione su Grande Schermo, non per altro vista la sua capacità di creare in poco tempo un adattamento fedele alla fonte d'origine anche se talvolta non memorabile (si vedano in proposito "Blade of the Immortal" e, sopratutto, la deludente trasposizione di "Le Bizzarre Avventure di JoJo"). "As the Gods Will", per fortuna, risulta più riuscito di molte altre trasposizioni curate da Miike e, nonostante qualche difetto di scrittura, si impone anche su pellicola come una metafora riuscita e dirompente.




Shun Takahata (Sota Fukoshi) è uno studente nella media, afflitto però da una noia compulsiva riguardo alla routine che la vita da studente impone, il quale prega Dio affinché qualcosa di eccitante avvenga nella sua vita. E se, come dice il detto, bisogna stare attenti a ciò che si desidera, il suo desiderio si avvera nel peggiore dei modi possibili: una mattina, la testa del suo professore esplode durante una lezione e al suo posto compare una strana bambola daruma senziente che comincia a "giocare" con la classe. In una versione perversa del classico "un, due, tre- stella!", la bambola fa esplodere la testa di chiunque si muove quando posa il suo sguardo sulla classe. E questo non è che l'incipit di una serie di giochi al massacro che includono un gatto maneki-neko antropofago, delle bamboline koeshi che giocano a mosca cieca facendo a pezzi chi sbaglia ed un orso polare che fiuta le bugie e schiaccia chi è in fallo.




La morale è semplice: nella società nipponica, allo studente viene chiesto di emergere a discapito del prossimo. Ciò può avvenire in modo empatico, come fa Shun, che si prodiga verso i compagni; oppure in modo sociopatico, come fa Amaya, che invece disprezza i compagni e gioisce nel vederli morire, credendosi moralmente ed intellettivamente superiore a loro. In un modo o nell'altro, è il nichilismo a trionfare: solo i migliori arrivano alla vetta e non c'è salvezza per chi resta indietro.
La sceneggiatura riesce tutto sommato bene nel condensare in meno di due ore i cinque tankobon della prima serie del manga. Particolarmente riuscito è l'arco narrativo di Shun, che da annoiato altruista divine, nell'epilogo, un disilluso nichilista. Molto più blanda è, purtroppo, la caratterizzazione dei comprimari, ascrivibili a ruoli predeterminati e stereotipati. Allo stesso modo, alcune sottotrame (quella del clochard e quella dell'otaku) non trovano adeguata risoluzione. Ma la narrazione funziona e la metafora anche, rendendo questo adattamento riuscito.




La regia di Miike alterna trovate ispirate a passaggi più distratti. Particolare cura, ovviamente, viene riservata alle sequenze dei giochi; ma la tensione talvolta viene allentata troppo, come in quella del gatto, troppo altalenante nella costruzione. Tutto sommato, la sua mano resta comunque ferma e riesce a spiazzare a dovere quando serve.




"As the Gods Will" riesce lì dove "Il Canone del Male" aveva fallito, configurandosi come un'opera imperfetta ma altrettanto riuscita, una metafora, già forte sulla carta, che su schermo diviene genuinamente disturbante e incredibilmente azzeccata. 

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