con: Willem Dafoe, Cristina Chiariac, Dounia Sichov, Simon McBurney, Anna Ferrara, Fabio Pagano.
Italia, Germania, Messico, Grecia, Regno Unito 2019
Subito dopo "Pasolini", Abel Ferrara idea quello che diverrà, dopo un'estenuante produzione, "Siberia", progetto personale che prenderà forma assieme al coevo e quasi complementare "Tommaso" solo dopo qualche anno. Fallita la campagna di crowdfounding su IndieGoGo, Ferrara trova i fondi necessari tra Italia e Grecia e ricostruisce parte del suo mondo in Alto Adige.
"Siberia" si pone come una rottura definitiva con il passato del cineasta newyorkese: anni luce separano quest'ultima opera dai suoi abituali peregrinaggi urbani, dalle storie di dannazione e redenzione tardiva così come dalla manipolazione del cinema di genere verso le coordinate del cinema d'autore. "Siberia" è un libero flusso di coscienza, un viaggio nel subconscio del suo protagonista Clint e un viaggio della sua coscienza verso i territori del rimorso e del rimosso.
Clint vive del volto scavato e del fisico emaciato di un al solito straordinario Willem Dafoe; un uomo che si è isolato ai confini del mondo e della propria coscienza per fuggire ai demoni del passato, i quali tornano a galla all'improvviso. Se la stabilità ricercata dall'uomo è comunque labile (la visione dell'orso che lo fa a pezzi dinanzi alla tentazione del denaro), la sua illusione di tranquillità crolla dinanzi ad una duplice visione, quella di un aborto, probabile reminiscenza di una memoria passata, e, soprattutto, il confronto con la parte più remota del proprio io, lucido dell'abbracciare la propria incompiutezza.
Quello di Clint diviene un viaggio privo di meta che finisce per contorcersi su sé stesso fino a tornare al punto di partenza, dove l'unica cosa che viene trovata e ri-trovata e la comunione, fatta dalla condivisione del pesce, unica nota salvifica in un mondo che sembra sempre più prossimo alla distruzione.
Il viaggio per sé perde ogni nota di linearità per infrangersi in una serie di frammenti di visioni rivelative e al contempo enigmatiche.
Risaltano su tutti i rapporti con la moglie e con il padre. Quest'ultimo è quasi un suo doppio, un uomo fragile che lo ha cresciuto tenendolo a contatto con la natura, ma il quale sembra fallire nel trasmettergli valori concreti. La prima, d'altro canto, è al contempo vittima del tradimento e creatura lasciva, la quale non concede la passione carnale se non a sé stessa.
Fuori dal flusso di coscienza, assistiamo, con gli occhi di Clint, ad una violenza dilagante, simboleggiata dal gulag, che ricorda la macelleria umana della strage di Katyn, così come ad una ricerca spasmodica di una forma di salvezza, tramite il confronto con un guru ed un mago.
Ma la salvezza non viene trovata: l'uomo non riesce a trovare un punto fermo sul quale far fiorire il proprio essere. La ricerca sembra essere eterna e con essa anche la sofferenza che la accompagna.
Nella sua estrema semplicità, "Siberia" trova un equilibrio perfetto tra forma e narrazione. Più stilizzato rispetto agli altri lavori di Ferrara, più libero nella struttura così come nel simbolismo, è con ogni probabilità il primo tassello di una nuova fase nella carriera del grande cineasta newyorkese, che dopo oltre 40 anni di carriera ha ancora molto da dire.
Nessun commento:
Posta un commento