con: Mia Goth, Tandi Wright, David Corenswet, Matthew Sunderland, Emma Jenkins-Purro, Alistair Sewell, Amelia Reid-Meredith.
Usa, Canada, Nuova Zelanda 2022
Uscito appena un anno fa, "X" è già diventato un cult, portando ulteriore e definitiva fama a Ti West. L'idea di trasformare quell'omaggio appassionato al cinema "vietato" in una trilogia pare fosse sin dall'inizio nelle sue intenzioni, ma il fatto che "Pearl" sia uscito praticamente una manciata di mesi dopo il primo capitolo è comunque stupefacente. Ancora più stupefacente è il fatto, poi, che nonostante la breve pre-produzione e una sessione di riprese praticamente lampo, questo prequel sia perfettamente riuscito, anche se non memorabile.
America, 1918. Mentre la Grande Guerra giunge a conclusione e l'influenza spagnola miete le sue vittime su entrambe le sponde dell'Atlantico, la giovane Pearl (Mia Goth) vive segregata in una fattoria, oppressa da una madre bieca e un padre catatonico, sognando di diventare una stella del cinema.
Non un horror, né un thriller vero e proprio, "Pearl" è la descrizione di un personaggio deviato, un resoconto psicologico a là "Henry- Portrait of a Serial Killer" su di una mente deviata che viene definitivamente risucchiata nel baratro della violenza.
La futura vecchietta sanguinaria è qui praticamente una sorta di Maxine nata cinquant'anni prima, una ragazza in cerca di affermazione personale prima ancora che di soddisfazione sessuale, pronta a tutto pur di ottenerla. Non è tanto la sua voracità sessuale, pur presente, ad essere enfatizzata, quanto la sua voglia di riscatto, prima ancora della sua devianza psicologica.
Pearl incarna così l'archetipo della ragazza di campagna frustrata da una vita grama, prigioniera di una fattoria che ne castra ogni ambizione, di un matrimonio infelice e privo d'amore (il coniuge è al fronte), oltre che di due genitori oppressivi, dove la figura dominante è come sempre quella della madre, immigrata tedesca dispotica e gretta, che vuole tenerla ancorata alla casa poiché crede che sia il futuro migliore, scatenandone la sete di sangue.
Il percorso degenerativo è risaputo e tutto segue un copione collaudato, tanto che alla fine nulla stupisce davvero; non un compitino vero e proprio, in "Pearl" la passione di West e di Mia Goth (qui anche co-sceneggiatrice) è avvertibile in ogni scena, con la Goth che si cimenta anche in un monologo che ne sfoggia le ottime doti recitative, in una performance del tutto antitetica rispetto a quella vista nel precedente film; ma alla fine nulla finisce per coinvolgere o stupire davvero.
A concedere un minimo di personalità al film ci pensa solo la messa in scena, con West che, impossibilitato a girare il film in bianco e nero, vira tutti i colori all'eccesso, proprio come fatto da Rob Zombie in "The Munsters".
Nella costruzione delle inquadrature, il suo occhio si rifà al cinema americano degli anni '30 e '40 con chiara passione cinefila, ma commette un errore da principianti quando manda la sua protagonista ad un cinema con un anacronistico impianto sonoro; errore scusabile, tutto sommato, visto il modo con il quale conduce il resto.
"Pearl" finisce così per essere una pellicola riuscita e accorata, ma priva di originalità e di vero mordente; un piccolo passo indietro in quella che si appresta ad essere una trilogia con l'imminente "Maxxxine", la quale, forse, finirà per rappresentare la magnum opus di West.
Mi pare abbiano annunciato l'uscita in home-video per quest'anno; appena possibile lo metto in preordine.
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