con: Sophie Thatcher, Jack Quaid, Lukas Gage, Megan Suri, Harvey Guillén, Rupert Friend.
Grottesco/Thriller
Usa 2025
Enrico Melotti è un ricco borghese la cui esistenza è ammorbata dai rapporti con le donne della sua vita, a sua detta troppo volitive e per questo insopportabili. In visita da un amico in America, scopre l'ultimo ritrovato della tecnologia: Caterina, una ginoide in grado di compiere tutte quelle faccende domestiche che una moglie fa solitamente controvoglia, come cucinare, pulire e stirare; e senza lamentarsi, per di più. Entusiasta, decide di comprarne una e il robot inizia a servirlo ossequiosamente nella vita quotidiana. Ma questa macchina creata per soddisfare i bisogni tipici del maschio borghese italiano forse non è solo un comune elettrodomestico dotato di arti, forse ha dei sentimenti umani; fin troppo umani.
Ovviamente questa non è la trama di Companion, ma di Io e Caterina, commedia diretta e interpretata da Alberto Sordi nel 1980. Non di certo il primo film in assoluto a presentare l'idea di un androide che sostituisce la figura della moglie borghese, visto che La Fabbrica delle Mogli è datato 1975 e molto probabilmente ha costituito una fonte di ispirazione diretta per Albertone. Eppure, pensare quanto questo concept sia attuale, quante volte sia stato ripreso e come Io e Caterina risulti ad oggi un film praticamente sconosciuto a tutti è qualcosa di sconcertante.
Companion declina praticamente lo stesso concept, ossia quello di una ginoide nata per essere la compagna perfetta la quale finisce per essere troppo umana, persino più umana di chi serve. Concept che viene usato anche qui a livello metaforico per parlare dei rapporti tra uomo e donna e che arriva inoltre dopo decenni che lo stesso è stato declinato da decine di alte pellicole simili; giusto per citarne due: M3gan e il sottovalutato remake de La Bambola Assassina con Aubrey Plaza e Mark Hamill.
Fortunatamente, Drew Hancock, pur al suo esordio nel lungometraggio, è perfettamente cosciente non solo della mancanza di originalità del soggetto, ma anche di tutte le trappole che la sua lettura metaforica comporta. E con classe riesce a schivarle, trovando tra l'altro nella bellissima Sophie Thatcher una protagonista a dir poco ottima.
La trama è bene o male quella di un horror slasher: Josh (Quaid) e la bellissima fidanzata Iris (la Thatcher) passano il week-end nella villa del ricco amico Sergey (Ruper Friend), assieme alla sua bella amante Kat (Megan Suri) e alla coppia di amici gay Eli (Harvey Guillén) e Patrick (Lukas Gage). Aggredita sessualmente da Sergey, Iris si difende causandone la morte, ma il vero colpo di scena è, appunto, il fatto che lei sia in realtà un androide da compagnia. E che forse dietro questa riunione tra amici ci sia qualcosa di losco...
Il colpo di scena sull'identità di Iris avviene alla fine del primo atto ed è in realtà un peccato che venga svelato nel trailer finale. Se si riguarda infatti il teaser, Companion viene presentato come un mystery su di una relazione tossica, praticamente la tematica portante del film; svelare la vera natura della protagonista finisce con il disinnescare uno shock che avrebbe sicuramente fatto piacere allo spettatore, un pasticcio di marketing fatto di recente anche nel caso di Abigail, dove la natura vampiresca della piccola protagonista, vero colpo di scena portante del film, veniva svelata in tutta la campagna pubblicitaria.
Casino delle agenzie stampa a parte, Companion si fa notare in primis per il fatto che qui il robot assassino non è il carnefice, ma praticamente la vittima.
La donna è letteralmente un oggetto, un giocattolo da programmare a piacimento impostandone la personalità e il carattere. Un orpello da usare per i propri scopi, sessuali in primis, ma non solo. E qui arriva la reminiscenza di un altro classico italiano dimenticato, ossia I Love You di Marco Ferreri, che già nel 1985 immaginava la donna come un orpello da portarsi in giro.
Companion non circoscrive tale visione alla sola donna, ma al rapporto di coppia in generale. In ogni coppia c'è una parte dominante e una dominata, come nei classici di Rainer Werner Fassbinder. L'evoluzione del personaggio di Iris sta dunque nella presa di coscienza di questa sua subordinazione e nel suo superamento, nella sua emancipazione non in quanto donna, ma in quanto essere umano completo (benché fatto di pelle sintetica e metallo).
Hancock, per l'appunto, sa di non poter circoscrivere il tema della tossicità delle relazioni al solo rapporto uomo/donna. Il mostro del film, ossia Josh, è un manipolatore che per il suo tornaconto manipola chiunque, non solo Iris; ma a sua volta è anch'egli manipolato da Kat, che si rivela anch'ella machiavellica quanto il maschio arrogante e sfigato. Nel mondo di Companion, la cattiveria non è una questione di genere, ma di natura, quindi il discorso risulta più onesto e genuino di quanto visto in tanto cinema finto-impegnato degli ultimi dieci anni.
La metafora, fortunatamente, non divora tutto il racconto, che viene sviluppato come un thriller vero e proprio, concernente le vere intenzioni di Josh e degli altri invitati. Ed è qui che la scrittura di Hancock si fa davvero convincente, intavolando una serie ribaltamenti e colpi di scena che funzionano sempre bene. La sua poca esperienza nel racconto cinematografico vero e proprio semmai si nota solo nell'abuso di scene didascaliche, i famosi "spiegoni" sul funzionamento degli androidi da compagnia, oltre che per l'ovvio uso del foreshadowing, il cliché più abusato nel cinema americano di genere recente, che qui prende praticamente le forme di una pistola di Cechov.
A discapito della mancanza di originalità, Companion riesce a convincere sia come thriller sia come metafora grottesca. Hancock ha la mano ferma e il cast è perfettamente in parte. Su tutti, è la Thatcher che ovviamente fa la parte della leonessa, con un'interpretazione che sa essere tanto empatica quanto sottilmente inquietante; un primo ruolo da protagonista, dopo la gavetta iniziata in tv, che si spera preluda ad una sfolgorante carriera.