con: Amy Seimetz, AJ Bowden, Joe Swanberg, Lane Hughes, Brandon Carroll, Holly Voges.
Usa (2010)
Con un budget più sostanzioso del solito, Adam Wingard continua la sua personale dissezione del genere nel 2010, con "A Horrible Way to Die", thriller "anomalo" su di un serial killer scappato di prigione; tra intuizioni sprecate e colpi di scena ben assestati, il giovane autore confeziona così il suo film meno riuscito, ma anche il più radicale della sua carriera.
Durante un trasferimento, il serial killer Garrick Turrell (AJ Bowden) riesce a fuggire dalla polizia e comincia un viaggio lungo l'America per ritrovare la sua ex-moglie Sarah (Amy Seimetz), che nel frattempo si è rifatta una vita con Kevin (Joe Swanberg), conosciuto durante una seduta presso gli alcolisti anonimi.
Nelle mani di Wingard, il classico thriller su un assassino in libertà viene smontato pezzo per pezzo; la narrazione viene spezzata in una serie di flashback che ricostruiscono il passato di Turrell visto attraverso gli occhi di Sarah, che si intrecciano con il presente punto di visto di entrambi i personaggi. I segmenti si mischiano fino a sovrapporsi, tanto che talvolta risulta davvero difficile districare il presente dal passato, rendendo pesante la narrazione.
Narrazione che l'autore stavolta stilizza fino all'inverosimile: tutto il film è girato con camera a mano e montato con assemblaggi sghembi; le inquadrature sono strettissime: i personaggi vivono quasi esclusivamente di primi e primissimi piani, totalmente isolati dal contesto; inoltre il ritmo viene raggelato fino all'estremo; ogni azione viene costruita in modo anticlimatico e la violenza viene lasciata fuori campo per almeno 3/4 dell'intera durata; Wingard spoglia così il thriller di ogni spettacolarità e riduce i personaggi (vittime e carnefici) a figure prettamente umane; tuttavia, così facendo, ogni forma di tensione viene vanificata: "A Horrible Way to Die" non spaventa, né trasmette tensione per tutta la sua durata, riuscendo ad annoiare dopo pochi minuti dall'inizio.
Colpa anche di una caratterizzazione scialba dei personaggi: Sarah è la vittima sacrificale predestinata, mentre Turrell, che in teoria dovrebbe essere una sorta di moderno Ted Bundy, non fa mai davvero paura, anche a causa della performance poco incisiva di AJ Bowden, fuori luogo nei panni del killer psicopatico.
A salvare l'intero film è quindi, unicamente, lo splendido colpo di scena alla fine del secondo atto, tra i più riusciti e forti visti di recente, che ribalta completamente quanto visto in precedenza e spiazza anche grazie all'estrema piattezza del resto della storia; tuttavia si tratta pur sempre degli ultimi 20 minuti: davvero pochi per tentare davvero di dare dignità ad una pellicola stilisticamente interessante, ma decisamente non riuscita.
Nessun commento:
Posta un commento