lunedì 6 luglio 2015

Burying the Ex

di Joe Dante.

con: Anton Yelchin, Alexandra Daddario, Ashley Greene, Oliver Cooper, Stephanie Koeing.

Grottesco

Usa (2014)

















Uno dei peccati imperdonabili commessi da Hollywood è quello di aver obliato Joe Dante; la Mecca del Cinema, si sa, è sempre generosa con i giovani cineasti affiatati, e Dante, negli anni '80, era uno dei più promettenti autori che varcarono la soglia del B-Movie per imporsi come creatore visionario e folle, al pari di altri suoi amici e colleghi del calibro di John Landis o George Miller, anch'essi guardacaso spariti a seguito della collaborazione con Steven Spielberg.
Ma a differenza dei padri di "Mad Max" e "The Blues Brothers", Dante aveva una visione compatta, che si rifaceva all'immaginario americano anni '50 e all' horror europeo per trasfigurarlo verso il grottesco più acido al fine di smantellare il falso buonismo imperante; non è un caso, di fatto, che il suo esordio "L'Ululato" (1981) sia un horror senza compromessi, nel quale la bestialità umana viene ritratta tramite l'icona del licantropo, che incarna il lato più oscuro dell'uomo e della donna. Ma il cuore di Dante batte al ritmo dello sberleffo, della pernacchia distruttiva che ha le forme dei "Gremlins" (1984), la sua creatura più famosa e rappresentativa, vero e proprio inno distruttivo ad ogni forma di buonsenso fasullo. Visione caustica che, malauguratamente, trova un limite nei flop di "The Burbs" (1989) e "Matinee" (1994), nerissimi saggi sulla paranoia dell'americano medio, che al botteghino si rivelarono veri e propri bagni di sangue.
Alienatosi l'amicizia di Spielberg sul set del costoso e malriuscito "Small Soldiers" (1998), Dante resta sospeso nel limbo dei grandi registi americani degli anni '80 esiliati da Hollywood a causa della loro vena sarcastica e cattiva, oramai del tutto inconciliabile con le istanze di un cinema commerciale sempre più bigotto e idiota; limbo dal quale fuoriesce solo grazie al circuito indie, che gli permette di dirigere "The Hole"(2009) e ora "Burying the Ex", saggio al vetriolo sulla guerra dei sessi smaccatamente misogino, girato con pochi mezzi e purtroppo anche poca ispirazione.


Lo script di Alan Trezza altro non è se non una versione estesa di un suo cortometraggio del 2008; cosa lo abbia portato all'attenzione di Dante piuttosto che di un qualsiasi regista alle prime armi non è dato saperlo, fatto sta che la poca dimestichezza dell'autore con la scrittura è evidente. Tutti i personaggi, ossia quattro, sono piatti e stereotipati: Max è il classico bamboccione dal cuore d'oro, suo fratello Travis il ciccione sboccato, mentre le ragazze Evelyn e Olivia semplici incarnazioni dei concetti di Eros e Thanatos elevate all'ennesima potenza; e su schermo la scelta del cast paga grazie al talento degli attori, ma rende i personaggi ancora più caricaturali; perchè Anton Yelchin ha sicuramente talento, ma è ormai entrato nel typecasting di "sfigatello alle prese con il soprannaturale" dopo aver interpretato "Fright Night" (2009) e "Odd Thomas" (2013), tanto che ritrovarlo contro uno zombi era quasi scontato. Ashley Greene come la rediviva Evelyn paga sicuramente: con il suo fisico scheletrico e le sue curve è credibilissima nei panni della zombi infoiata; e la sua controparte Alexandra Daddario è altrettanto credibile nei panni della ragazza ideale; fin troppo, visto che ad una caratterizzazione da ragazza semplice e simpatica apporta un fisico da urlo, creando un'abominazione di perfezione.


L'intero arco narrativo è semplice e scontato, nulla più se non una disanima della guerra dei sessi combattuta dalla parte del maschio; è sicuramente facile anche per il pubblico femminile identificarsi in Max, ragazzo sensibile e onesto che si ritrova con una ragazza affetta da manie ossessivo-compulsive, votata all'ecologismo snob un tanto al chilo e del tutto incapace di comprendere le necessità del partner.
L'unico punto di interesse è dato dalla cattiveria, dovuta forse più all'intervento di Dante che alla sceneggiatura; l'odio viscerale verso il personaggio di Evelyn non è mai celato: è una stronza insensibile in grado solo di pensare ai propri bisogni; l'unico momento di lucidità le viene affidato poco prima della sua dipartita, ma più che per una forma di riconciliazione verso il pubblico, sembra esistere unicamente per cercare di dare una pretenziosa tridimensionalità al personaggio.
Cattiveria che di certo non risparmia neanche il personaggio di Max, tanto che inizialmente il ritorno della ex viene caratterizzato più come un castigo divino: Evelyn-zombi torna dall'ex in preda ad una irrefrenabile pulsione erotica, come una personificazione dei più bassi istinti maschili celata in un corpo putrescente. Ma ben presto la caratterizzazione varia e si adagia nuovamente sullo stereotipo della fidanzata possessiva, vanificando ogni possibile metafora psicoanalitica e misantropica.
Sempre merito del solo Dante è anche la cinefilia che abita in ogni singola scena, con Mario Bava che viene elevato da semplice regista di culto a vero e proprio "personaggio fantasma", tanto è alto il numero dei rimandi espliciti.



Cinefilia e cattiveria che alla fin fine non riescono a risolevare le sorti dell'operazione: complici anche gli scarsissimi valori produttivi, "Burying the Ex" è scialbo e noioso, forse l'esito peggiore di tutto il cinema di Dante.

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