di Patty Jenkins.
con: Gal Gadot, Chris Pine, Robin Wright, Connie Nielsen, David Thewlis, Danny Huston, Elena Anaya, Lucy Davis, Ewen Bremmer, Doutzen Kroues.
Azione/Supereroistico/Fantastico
Usa 2017
In un mercato saturo di supertizi, vigilantes in costume più o meno strampalati e con le major che si combattono a suon di tutine colorate per accaparrarsi i soldi di un pubblico di geek irredenti, l'assenza di un film o un serial dedicato a Wonder Woman spiccava come un albino ad Harlem.
E' più altro vergognoso il fatto che gli studios fossero sicuri di poter calamitare l'attenzione del pubblico con l'ennesimo reboot su Spider-Man o mettendo al centro di un film procioni parlanti e uomini-albero, ma non avessero il coraggio di portare su schermo le avventure di un superpersonaggio di sesso femminile. Ma si sa che spesso i produttori non comprendono o non vogliono comprendere ciò di cui il pubblico ha davvero bisogno, tantomeno le potenzialità di un personaggio che ha fatto la storia non solo del fumetto.
Perché Wonder Woman è, assieme a Batman e Superman, non solo il terzo membro della "santa trinità" della Dc Comics, ma anche una di quelle icone pop il cui successo è quanto mai meritato. Questo perché a differenza di tutti gli altri supereroi in gonnella che si avvicenderanno nelle pagine dei comics dopo il suo debutto, Wonder Woman agisce e viene considerata nel pantheon dei personaggi a fumetti non come un supereroe donna, ma come un supereroe e basta. Le sue qualità femminili sono innate, mai inutilmente ricalcate o sbandierate (una lezione che l'odierna Marvel dovrebbe imparare). Il che le ha permesso, giustamente, di divenire una vera icona del femminismo.
Non bisogna nemmeno stupirsene più di tanto: il suo creatore, William Marston, era uno psicologo e teorizzatore del femminismo che affermava esplicitamente come le donne fossero per carattere più rette ed oneste dell'uomo (vien poi da ridere se tiene conto del suo fetiscismo per le corde, che lo ha portato a dotare la su creatura del famoso "Lazo della verità" e a disegnarla spesso e volentieri in cover dove appariva legata ed imbavagliata, contraddizione a dir poco curiosa). Wonder Woman nasce di fatto con un intento politico, ossia creare un modello di riferimento per emancipare la donna, ancora sottomessa alla figura maschile; da qui la necessità di un'icona che, nelle parole dell'autore, avesse la forza ed il temperamento di Superman, ma anche il fascino e la bellezza femminile. Bardandola nei colori della bandiera americana, Marston fa esordire la sua eroina sul n°8 di All Star Comics nel 1941 ed il successo è immediato.
Caratteristica principale di Diana Prince, principessa amazzone di Themyschira (ossia Temiscira), è però una qualità antitetica a quella del comune eroe in costume: con il lazo della verità riesce a convertire al bene i nemici, causando una catarsi che trasforma anche i villain in alleati; principio pacifista che resta tutt'ora inedito in un mondo dove la dicotomia tra eroe e cattivo è necessaria.
E anche al di là di questo suo carattere "pacifista", Wonder Woman risultò rivoluzionaria per essere una donna in grado di sfuggire ai pericoli senza l'aiuto della figura maschile, in un periodo in cui nell'intrattenimento le donne erano rilegate al ruolo di fanciulla da salvare (fa da eccezione, in tal senso, il solo "Flash Gordon" di Raymond, che presentava per primo figure femminili forti e risolute quanto le controparti maschili).
Nel corso degli anni, la vita editoriale della Principessa Amazzone è stata lunga e tortuosa; ogni autore che si è cimentato nelle sue avventure ha, per non si sa quale motivo, deciso di modificarne le origini ed il gruppo di comprimari. A seconda dei casi (ed a prescindere da quanto immaginato inizialmente da Marston), Diana può quindi essere la figlia di Zeus ed Ippolita, la regina delle Amazzoni, o una statua che Ippolita ha scolpito per surrogare la mancata maternità ed a cui Zeus ha donato vita propria.
I lineamenti essenziali del personaggio sono comunque costanti: Diana è una principessa guerriera, che si muove nel mondo civilizzato per combattere le avversità incarnate spesso dagli dei olimpici malvagi, primo fra tutti Ares, che in quanto dio della guerra è la perfetta nemesi di un personaggio che è portatore di fratellanza.
Ed il successo del personaggio non si è fermato alle sole pagine dei settimanali a fumetti. Ancora nota ai più è la serie televisiva prodotta dalla Warner tra il 1974 ed il 1979, con protagonista la formosa Lynda Carter; serie pregna del camp e dell'umorismo proprio dei prodotti televisivi dell'epoca, che appiattiva il personaggio sulle coordinate del più canonico supereroe in gonnella privandolo della sua caratteristica portata pacifista, ma che ne ha comunque garantito fama e notorietà.
E tolto qualche lungometraggio animato prodotto dalla Warner Home Video per la sua serie di film animati basati sulle proprietà della Dc e senza contare quel brutto pilot per una possibile serie tv mai partita, con Adrienne Palicki nei panni della protagonista, un lungometraggio con protagonista Diana di Themyschira è stato a lungo un miraggio.
Ben due sono state le versioni scartate dalla Dc/Warner per non si sa quali motivi; dapprima un progetto ideato da Joss Whedon che avrebbe avuto come protagonista Cobie Smulders; ed in un secondo tempo un film proposto niente meno che da Nicolas Winding Refn, mai giunto oltre la fase delle trattative. Il perché è un mistero, data la notorietà che Wonder Woman ha sempre avuto anche presso il pubblico generalista.
Fatto sta che dopo anni di rinvii e false partenze, la Warner ha finalmente deciso di sfruttare il potenziale del personaggio e, dopo averle fatto letteralmente rubare la scena nel finale di "Batman v Superman: Dawn of Justice", ecco giungere nelle sale il primo lungometraggio a lei dedicato, diretto da quella Patty Jenkins che, pur resa famosa da "Monster", è letteralmente fuggita dal set di "Thor- The Dark World" a causa del "trattamento Marvel" ricevuto. Un'autrice che si trova quindi a dirigere il suo primo film ad alto budget e che sembra essere stata ingaggiata solo per la comunanza di temi: il suo "Monster" era, nel bene e sopratutto nel male, un inno alla forza femminile. E alle prese con il personaggio di Wonder Woman riesce a tenere tutto sommato sotto controllo sia l'aspetto spettacolare che la costruzione dei personaggi.
Inutile negarlo: nel vedere l'approccio usato dallo sceneggiatore Allan Heinberg e da Zack Snyder, qui in veste di soggettista, nonché dalla stessa Jenkins, la sesnazione di deja vu è forte; torna alla mente quanto fatto da Kevin Feige e soci con "Captain America- Il Primo Vendicatore", ossia calare il supereroe in un contesto storico-bellico. E derivatività a parte, va ammesso come "Wonder Woman" riesca a sfruttarne decisamente meglio il setting.
La storia di base non è propriamente il canonico "romanzo d'origini", quanto una costruzione vera e propria del personaggio, che ha un arco caratteriale completo. Da amazzone convinta della totale bontà dell'uomo e fervente amante della battaglia, Diana realizza un pò alla volta l'orrore della guerra e l'ambiguità morale e materiale dell'essere umano.
Gli alti valori produttivi per una volta non vengono usati unicamente in effetti in CGI: la ricostruzione storica della Londra dei primi del '900, così come quella della ambienti di guerra, è semplicemente stupefacente, grazie all'uso di scenografie e comparse in costume. Il mondo in cui Diana e Steve si muovono è vivo, ameno e realistico, cosa che nel primo film su Cap non si avvertiva mai davvero.
Una verosomiglianza che culmina nella ricostruzione di quella violenza e dello shock della Grande Guerra che, pur poco mostrati, non vengono davvero celati ed anzi giustapposti alla naivitè della protagonista. I corpi mutilati, i massacri di innocenti con una variante fantastica del gas mostarda, persino la morte di bambini divengono tutti fatti che hanno un peso specifico nella narrazione, donando una tridimensionalità inusuale alla visione. Il tutto, naturalmente, è al servizio della caratterizzazione e dello story arc su Diana.
Incarnata da una Gal Gadot semplicemente affascinante, Wonder Woman diviene quasi l'epinomo del supereroe chiamato a confrontarsi con i problemi terreni. La caccia ad Ares assume quasi da subito la valenza di una rincorsa al McGuffin, al punto che la sua rivelazione finale appare quasi superflua. La catarsi, la realizzazione di come non sempre il male sia causato da un "big bad" è il punto d'arrivo dirompente che segna la presa di coscienza dell'eroe, del suo rapporto con il mondo in cui effettivamente ha deciso di vivere, nonché dei propri limiti. Pur avendo poteri divini, l'amazzone di Themyschira comprende l'incapacità di eliminare un male innato dell'uomo e, al contempo, la preziosità di quell'amore e di quel sentimento fraterno (il cameratismo con lo scassato gruppo di commandos con cui divide la scena, simpatici ma purtroppo relegati quasi sempre sullo sfondo) che forse può davvero salvare il mondo.
Ma la Diana di Patty Jenkins , prima ancora di essere l'incarnazione di quei sentimenti di pace e fratellanza che cerca di affermare, è anzittutto l'incarnazione di quel femminismo genuino e mai spocchioso che tanta fortuna ebbe già sulle pagine a fumetti. La storia d'amore con Steve Trevor, grazie all'alchimia tra i due attori e il brio dei dialoghi, funziona e non è mai forzata, ma sopratutto non è mai davvero il centro d'interesse principale. La maturazione di Diana, la sua scoperta del mondo, è invece il fulcro di tutta la parte centrale del film; ed è qui che l'umorismo lieve fa capolino. D'altronde, con l'ingresso di Geoff Johns nella scuderia Dc/Warner era contato aspettarsi atmosfere più leggere di quanto visto in precedenza. E "Wonder Woman" riesce a stupire anche in questo frangente, usato uno humor pungente e mai scontato, quando non lieve, senza mai scadere nelle battutine d'accatto da seconda elementare Marvel style. Persino la citazione della scena della rapina del primo "Superman" risulta ben eseguita e funzionale alla storia.
E alla fine, vedere Diana combattere come un eroe maschio senza stare a sottolineare il suo gender o la forza della femminilità è forse la conquista più grande di questo blockbuster: le sequenze d'azione, ben orchestrate per quanto reminiscenti delle acrobazie degli spartiati di "300", sono secche e tutte basate sulla sua fisicità, trattata come quella di un guerriero, non di una donna armata di spada.
L'equilibrio finale è stupefacente: femminismo, dialoghi brillanti, ottimi valori produttivi ed uno story arc completo e non scontato. Sicuramente nulla di epocale, ma nel panorama affollatissimo di supereroi i cui film sono fatti con lo stampino ("Iron Man" e "Thor"), kolossal ambiziosi ma dai piedi d'argilla ("Batman v Superman") e variazioni sul tema più o meno riuscite ("Logan" e "Guardiani della Galassia vol.2"), fa piacere vedere un film supereroistico classico condotto a dovere e che rende pienamente giustizia al suo personaggio.
E che riesce ad essere un film femminista senza scadere nel becero feminnazismo, come altri blockbuster invece non riescono.
Un film molto amato e molto odiato, a leggerne in giro. Non l'ho ancora visto, ma male che vada mi godrò la splendida protagonista :)
RispondiEliminaSopratutto su youtube, invece, sto vedendo molte critiche positive ai limiti dell'entusiastico. Che sia la fine dell'odio automatico verso i film Dc/Warner o sono tutti semplicemente innamorati della Gadot?
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