venerdì 30 giugno 2017

Giallo

di Dario Argento.

con: Adrien Brody, Emanuelle Seigner, Elsa Pataky, Robert Miano, Valentina Izumi, Sato Oi, Luis Molteni, Tayio Yamanouchi, Daniel Fazzolari.

Thriller

Italia, Usa, Inghilterra, Spagna 2009
















---CONTIENE SPOILER---


Il fondo, Dario Argento lo aveva toccato con "Il Cartaio"; il pozzo nero del trash più stupido ed involontariamente ridicolo con l'insostenibile "La Terza Madre"; era quindi impossibile fare di peggio, andare ancora oltre, cadere ancora più in basso. E per fortuna, il successivo "Giallo" non è una "schifezza" che fa rimpiangere i due film precedenti, come logica avrebbe fatto presumere. E', più semplicemente, un film banale; certo, di una banalità, sciatteria e vacuità inescusabili, ma pur sempre migliore di quel coacervo di pessime idee e pessima, pessima esecuzione che sarà il successivo, micidiale, "Dracula 3D".
Un film, "Giallo", talmente miserevole nella forma e nei contenuti, al punto che la sua stramba e (è il caso di dirlo) "misteriosa" storia produttiva è ben più interessante (e di molto) di quella che racconta.
Tutto comincia con uno script di Jim Agnew, che vuole essere sin dal titolo un omaggio al cinema di Dario Argento ed in generale al "giallo movies", così come viene conosciuto all'estero il thriller all'italiana. L'ex maestro del brivido viene quindi chiamato a bordo di una produzione internazionale (mettendo anche mani alla stesura originale della sceneggiatura) che raccimola la bellezza di 14 milioni di dollari di budget.



Ma già in fase di casting cominciano i problemi: Ray Liotta, inizialmente salito a bordo per interpretare il protagonista, si defila per forti divergenze creative con Argento. Viene quindi chiamato a sostituirlo Vincent Gallo, entusiasta di lavorare con uno dei suoi miti personali; il quale abbandonerà a sua volta la produzione una volta scoperto che Asia Argento, sua ex fidanzata, avrebbe avuto il ruolo della protagonista femminile. Quest'ultima viene sostituita alla vigilia delle riprese con Emanuelle Seigner, forse a causa della sua mitologica "cagneria". E come protagonista la spunta alla fine niente meno che Adrien Brody.
Iniziate le riprese, ricominciano i problemi. La troupe va in sciopero ed lavori vengono sospesi a pochi giorni dall'inizio. Terminate le riprese già nel 2008, il film resta nel limbo distributivo per motivi legali: Brody ha infatti citato in giudizio la Hannibal Pictures a causa del mancato pagamento del suo cachet. Nel frattempo, sbloccati i diritti di distribuzione, il film viene distribuito in Italia inizialmente nel novembre 2010 per il solo mercato Home Video, con Argento che, per solidarietà verso Brody, decide di rifiutare ogni forma di promozione. E nonostante le scarse vendite del DVD e la non rosea performance nei videonoleggi, la distribuzione italiana decide di farlo uscire al cinema, nell'estate del 2011, forse a causa dei "buchi" nella programmazione delle sale. Nel frattempo, Argento lascia intendere come il prodotto finito sia lontano da quanto lui e gli sceneggiatori avrebbero voluto girare, configurando questo "Giallo" non solo come un giallo vero e proprio, ma anche come la sua opera più sofferta e sfortunata. Dove il dolore ed i problemi non hanno portato che alla creazione, appunto, di una pellicola scialba, dove qualche guizzo di ispirazione ogni tanto fuoriesce, ma la cui esecuzione castra ogni buona intenzione.




La storia di base, essendo un omaggio al genere, si discosta poco e nulla dalla tradizione; al centro della narrazione, almeno all'inizio, troviamo Linda (la Seigner, sprecata), hostess di origine straniera di stanza a Torino per trovare la sorella Celine (Elsa Pataky, che dimostra doti recitative inedite), fotomodella la quale viene ben presto rapita dall'assassino di turno. Linda avvia così le indagini assieme all'ispettore Enzo Avolfi (Brody), detto "New York" perché cresciuto in America.
Fulcro della narrazione diviene però ben presto il personaggio di Enzo e sopratutto la sua dualità con l'assassino, chiamato "Giallo" a causa di una malattia epatica che ne ha così colorato la pelle.
I tempi di "Tenebre" sono però lontani, le sottigliezze psicologiche sono qui un'eco di ciò che erano in passato. Ecco dunque apparire l'assassino interpretato dallo stesso Adrien Brody, truccato con un makeup talmente pesante ed improbabile da farlo somigliare ad una sorta di cugino di campagna del "Bastardo Giallo" di "Sin City"; il rapporto morboso tra i due, inizialmente ricalcato sul classico adagio alla Thomas Harris sulla capacità del detective di entrare nella mente del killer, si trasforma ben presto in qualcosa di più rozzo, ma al contempo forbito. Il classico "trauma" che solitamente caratterizza il killer di turno questa volta viene traslato sul personaggio del poliziotto, il quale da piccolo ha ucciso l'assassino della madre, divenendo anch'egli assetato di sangue; con l'unica differenza che le sue vittime sono a loro volta carnefici. Tematica all'epoca delle ripresa trattata anche nel serial di culto (ed oggi giustamente dimenticato) "Dexter", ma che Argento sfrutta male, lasciandola sempre sullo sfondo a fare da abbellimento ai suoi personaggi.
I quali, protagonista a parte, sono tutti piatti e stereotipati; compreso il killer, che pur privo dei canonici guanti neri non presenta nulla di nuovo, né di particolarmente interessante sul piano della caratterizzazione.




La stanchezza di Argento è avvertibile in ogni scena. Manca vera suspanse, non c'è mai tensione e persino la costruzione della parte procedurale arranca in inquadrature televisive, sottolineate da una fotografia al solito blanda, la quale ha l'unico pregio (del tutto relativo) di non ripresentare quella Torino da cartolina da cinepanettone che fuoriusciva dai fotogrammi di "Non ho Sonno". Persino la violenza latita, lasciata fuori campo, come se il fu maestro del brivido non avesse neanche voglia di riprende gli effetti speciali.




La visione si fa quindi irrimediabilmente noiosa, piatta, essendo perennemente adagiata sui binari del già visto (con tanto di citazione da "Suspiria" sul climax e doppio finale inutile d'ordinanza).
Tanto che alla fine, a proiezione finita, si finisce per scrollarsi di dosso subito quelle immagini blande, quella storiucola condotta alla bene e meglio e quei personaggi piatti.
"Giallo" è un film più insipido ed inutile che brutto. Certo, le cadute di stile non mancano ed i toni sono totalmente sbagliati; ma stretto com'è nella filmografia argentiana tra due abomini del calibro de "La Terza Madre" e "Dracula 3D", finisce irrimediabilmente per fare bella figura; ovviamente per puri demeriti altrui.



EXTRA

Se è vero che gli '00 hanno visto la fine della carriera di Argento come autore degno di rispetto, non si può negare (e lo si fa con grande piacere) come al contempo sempre in quegli anni sia riuscito a creare qualcosa di buono, a dare delle prove che illuminano con una luce benigna la fase più buia della sua carriera.

Tra il 2005 ed il 2006, Mick Garris riesce nell'intento, a lungo accarezzato, di creare una serie televisiva antologica che riunisse i più grandi registi horror in circolazione. Composta da due stagioni, "Masters of Horror" vede la partecipazione, tra gli altri, di John Carpenter, Takashi Miike, Don Coscarelli, Stuart Gordon, Tobe Hooper ed ovviamente Argento, che dirige due episodi, uno per stagione, oltre ad essere esplicitamente omaggiato da John Carpenter in un episodio.



Il primo episodio diretto da Argento, "Jenifer" quarto episodio della prima stagione, è un riuscito spaccato sugli abomini della famiglia e della figura paterna-maschile, godibile nonostante l'estrema prevedibilità.



Il secondo, "Pelts" sesto episodio della seconda stagione, è una vera e propria favola nera contro l'uso di pellicce animali, forte di un immaginario splatter estremo ed incredibilmente disturbante. Nel cast compare anche John Saxon, che torna a lavorare con Argento 24 anni dopo "Tenebre".



Nel 2008, Argento prende poi parte alla promozione del bel videogame "Dead Space".




Oltre ad aver curato un riuscitissimo trailer per il lancio, il regista romano ha anche doppiato uno dei personaggi. Con esiti modesti, ma è comunque da apprezzare lo sforzo.



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