The Old Man and the Gun
di David Lowery.
con: Robert Redford, Sissy Spacek, Casey Affleck, Danny Glover, Tom Waits, Tika Sumpter, Ari Elizabeth Johnson, John David Washington., Gene Jones, Keith Carradine, Elizabeth Moss.
Usa 2018
Quando arriva davvero il tempo della pensione per un grande attore? Si potrebbe anche dire mai; ma non per Robert Redford, che, a 82 anni, ha deciso di non calcare più le scene, ritirarsi a vita privata dopo circa 80 apparizioni tra cinema e televisione. Di sicuro un peccato, se si tiene conto di come, a scapito dell'età anagrafica, il buon Robert non ha di certo perso un grammo della sua presenza scenica.
E' curioso, poi, che a chiudere le danze per la sua esperienza da protagonista sia un film tutto sommato piccolo come "The Old Man & the Gun", un'opera riuscita e ai limiti del celebrativo, ma che di certo non ha più di tante ambizioni dalla sua, se non quella di raccontare una storia (parzialmente) vera decisamente curiosa e di omaggiare la sua star con un ruolo che gli calza a pennello.
Forse solo Redford poteva incarnare il criminale gentiluomo Forrest Tucker, con il suo sorriso sornione, il suo sguardo magnetico e i suoi modi galanti. Tucker è, in un modo o nell'altro, figlio di quella tradizione americana di simpatici antieroi che si danno al crimine per ragioni del tutto personali, quasi condivisibili e che Redford ha già incarnato in passato, come nel mitico "La Stangata".
David Lowery ne ricalca la figura sulla gestualità e la presenza di Redford e lo caratterizza come un attempato ladro gentiluomo, una sorta di moderno Lupin che rapina banche senza mai sfoderare l'arma del titolo e senza mai mettere in soggezione le sue vittime. Un criminale per il quale la rapina non è strumento per vivere ma, parole sue, la vita stessa: un uomo che vive per il brivido dell'illecito, che trova nella sfida all'autorità la sua ragione di vita, quasi una versione attempata di quel "Nick Mano Fredda" che Redford ha sempre voluto interpretare.
Nel raccontarne le rocambolesche ed incredibili gesta, Lowery mischia registri e generi con efficacia. Se da un lato c'è la fascinazione per questo strambo personaggio "bigger than life", dall'altra c'è, sottopelle, una riflessione pacata e mai urgente sulla terza età, su quella fase della vita dove tutti siamo chiamati a confrontarci con le nostre scelte ed aspettative; e senza scadere nella retorica più scontata, il pietismo e la nostalgia vengono sapientemente evitati; al loro posto, c'è una forma di romanticismo guascone verso la "vita spericolata" di Tucker e soci, che pur giunti all'autunno dell'esistenza, hanno pur sempre bisogno di sentirsi vivi.
Al contempo Lowery omaggia il suo stesso totem Redford, ripercorrendone in parte la carriera. Basterebbe da solo quel primo piano estrapolato dal capolavoro di Arthur Penn "La Caccia" per capire il suo approccio al passato: non c'è volontà citazionista compiaciuta, né la pura riproposizione di stilemi e tematiche proprie della New Hollywood, quanto una forma di incorporazione di quei miti e quei registri. Il suo è un lavoro di assimilazione totale che lo porta a non cadere mai nella semplice nostalgia, né nella cinefilia spicciola, quanto a ripercorrere strade già battute in modo del tutto personale, sempre al servizio della narrazione, mai dell'estetica pura e semplice.
Manca, certamente, la volontà di stupire, di creare sequenze davvero adrenaliniche o tese, così come manca davvero la volontà di trasmettere una sensazione di incanto data dai dialoghi, in teoria brillanti. Lowery, da questo punto di vista, si appoggia troppo agli attori e al loro solido lavoro (oltre al monumentale Redford, sono da citare almeno una Sissy Spacek radiosa ed un Tom Waits divertito, oltre che un Casey Affleck letteralmente perso nel suo personaggio), ma riesce lo stesso a creare una pellicola riuscita.
Riguardo al regista David Lowery, per caso hai visto a Ghost Story (Storia di un fantasma).
RispondiEliminaPurtroppo no.
EliminaSe non sbaglio in Italia non dovrebbe essere stato ancora distribuito (un film del 2017!).
RispondiEliminaE poi mandano in sala roba come Aquaman e Venom
Per quanto sia brutto da dire, "Aquaman" e "Venom" hanno un pubblico più vasto, è normale che film del genere trovino facilmente spazio in sala.
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