con: Jim Sturgess, Luke Treadway, Clémence Poséy, Noel Clarke, Justin Salinger, Fraser Ayres, Ruth Sheen, timothy Spall.
Thriller Psicologico
Inghilterra 2009
Lontano dagli schermi dal 1995, anno in cui "The Passion of Darkly Noon" vede il buio della sala, Philip Ridley torna al cinema nel 2009 con "Heartless", vero e proprio thriller psicologico a metà strada tra il mito di Faust e la descrizione della elaborazione del lutto, un piccolo rompicapo che, nonostante le intenzioni, non riesce né a essere originale, nè a coinvolgere.
Londra, Terzo Millennio. Il giovane Jamie (Jim Sturgess) è un piccolo fotografo afflitto da una voglia a forma di cuore che ne deturpa il viso. Muovendosi nei sobborghi, scopre come strani individui si celano nelle tenebre, forse demoni veri e propri. Le cose precipitano quando queste creature uccidono sua madre e, subito dopo, lui viene convocato da uno strano figuro che gli offre la vita che ha sempre desiderato.
Il mondo è marcio. Lontano migliaia di miglia dai campi di grano di "Riflessi sulla Pelle" e dal bosco di Darkly Noon, Ridley dipinge la metropoli come un alcova demoniaca dove la violenza e la sopraffazione regnano incontrastate. Ma tale descrizione, più che mostrata, viene evocata tramite i dialoghi, che non riescono a restituire l'adeguato senso di oppressione e le apparizioni demoniache non spaventano davvero, figlie come sono di una CGI scadente, inescusabile nonostante il budget scarso; forse anche per questo Ridley cede alla tentazione di usare i falsi jump-scare per scuotere lo spettatore, riuscendo però solo ad infastidire.
Jamie è un personaggio per certi versi simile a Darkly Noon: entrambi portano il fardello di una famiglia distrutta e di una vita frustrata dal vuoto, da un amore che nella sua non-esistenza li consuma da dentro. Ma laddove la furia di Darkly Noon è scatenata dal super-io della religione, quella di Jamie è totalmente inconscia, covata a causa della violenza subita (le angherie per il suo aspetto) così come a causa di quella in cui la società affoga. Il patto luciferino diviene così il viatico per ottenere quella "vita parallela" solo sognata.
Va dato conto a Ridley di come sia riuscito a ridisegnare il suo Faust connettendolo perfettamente al tema identitario. E le apparizioni di Papa B e del suo assistente sono anche la parte più riuscita del film; il primo è un Mefistofele drammatico, un santone del male metropolitano chiuso in una torre moderna dall'aspetto sudicio, decadente come la città lo è all'esterno. Il secondo è invece un semplice burocrate, un emissario del male "ordinario" che cela un potere immenso in un'apparenza ai limiti del buffo.
La perorazione del patto è, invece, la fase più scontata del film, dove però torna l'elemento del fuoco come forza distruttrice, ma al contempo creatrice. Jamie nasce e perisce dalle fiamme, la sua catarsi è rivelazione e distruzione, vita e morte e accettazione del tutto.
Tutto il resto è codificato nelle forme di un thriller tutto sommato prevedibile, le cui svolte sono telefonate e risapute e che trova nell'umorismo dell'uccisione del gigolò l'unica nota di originalità. Il che è un peccato, vista la caratura di Ridley come autore; e si spera davvero che decida di ritornare, prima o poi, dietro la macchina da presa per lavare questa piccola macchia nella sua carriera.
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