con: Matilda Lutz, Francesco Russo, Yuliia Sobol, Will Merrick, Peppino Mazzotta, Alida Baldari Calabria, Cristina Donadio, Justin Korovkin.
Horror
Italia 2021
---CONTIENE SPOILER---
Fermatevi se l'avete già sentita: un gruppo eterogeneo di persone, di ritorno al paese d'origine, finisce fuori strada e si ritrova in un luogo ostile, abitato da strane e sinistre creature assetate di sangue. Ai più verrà in mente il capostipite del filone "The Texas Chainsaw Massacre", ai più giovani il relativo remake anni '00 o l'infinita serie di "Wrong Turn" (recente reboot compreso), ai più dotti il cult di Rob Zombie "La Casa dei 1000 Corpi", che già vent'anni fa giocava con una premessa del genere.
Premessa trita fino all'osso, talmente classica da essere diventata scontata. E Roberto De Feo (qui in coppia con l'esordiente Paolo Strippoli) è ovviamente cosciente di una cosa del genere, per questo decide di imbastire questa sua nuova fatica sulla totale mancanza di originalità. Il che non è per forza un male.
Abbandonato l'horror gotico di "The Nest", ritroviamo piacevolmente un filone non troppo frequentato in Italia, ossia il folk horror alla "Midsommar". Teatro del massacro è l'entroterra calabrese, mitologia alla base è l'inedita origine della mafia, con la leggenda dei crociati Osso, Mastrosso e Cagnosso, fondatori della 'Ndrangheta, che rivivono come divinità pagane affamate di sacrifici umani. E come final girl ritroviamo Matilda Lutz, che ha appena fatto in tempo a pulirsi di dosso i galloni di sangue di "Revenge" per ritrovarsi in un ruolo tutto sommato simile.
Ma a De Feo e Strippoli la rievocazione pittoresca dei miti meridionali interessa fino ad un certo punto.
La prima parte del film è ovviamente quella dedicata allo slasher, con i personaggi perseguitati dai sinistri contadini e dai loro padroni sanguinari. E qui i due registi si divertono a trasformare la campagna italiana in una perfetta terra di nessuno, nella quale immergere loop temporali e scenografie evocative: il design della casa-cappella dei sacrifici è splendido, così come i dipinti che rievocano il mito alla base della storia. L'atmosfera è azzeccata e affascinante, ma purtroppo la narrazione paga lo scotto di un cast di personaggi volutamente stereotipato. Tolta la final girl di turno, torna a fare la sua comparsa il personaggio dello sfigato, affiancato dalla coppia di americani antipatici e una figura in parte inedita, ossia il padre di famiglia esaurito che sembra più un omaggio al drammone italiota che alla tradizione orrorifica nostrana. Personaggi tutti rigorosamente messi al servizio della narrazione, quando non strettamente antipatici, tant'è che la loro dipartita lascia sempre freddi.
Ma è proprio qui che gli autori svelano il gioco: calata la maschera folkloristica, De Feo e Strippoli effettuano una giravolta in toni e storia e trasformano il loro "Midsommar" made in Calabria in un meta-horror anni 2000, con tanto di deus ex machina folle. Ed è qui che comincia il vero discorso filmico del duo, ossia la destrutturazione delle meccaniche narrative del cinema horror classico.
Si parte da un dato un po' scontato: l'horror italiano è morto, in Italia non sappiamo (più) fare film dell'orrore; da qui la volontà di creare un nuovo tipo di horror, classico per il cinema internazionale, inedito per quello nostrano. Il folk horror non è mai stato di certo tra i cavalli di battaglia del genere in Italia, da qui la scelta di un filone ricostruito su di una narrazione volutamente trita; e se i riferimenti metareferenziali sono ovvi fino allo scontato (al solito Sam Raimi, padre di tutte le case infestate nei boschi del cinema moderno), il gioco di distruzione sfrontato riesce a tratti a convincere. Non si può non sorridere davanti alla fucilata (liberatoria) contro la pestifera bambina o a quella contro il regista e persino l'omaggio diretto al capolavoro di Hooper trova una sua ragione estetico-narrativa.
Meno riuscito è il discorso generazionale, troppo superficiale, lasciato com'è alla sola scena post-credit: se davvero si vuole sbattere in faccia agli imberbi la capacità nostrana di creare ottimo cinema di genere, il discorso sarebbe dovuto essere più articolato e partire, in modo in fondo non poi tanto scontato, dalla tradizione.
In generale, "A Classic Horror Story" paga il difetto di voler essere un film intelligente prima ancora che un onesto prodotto di genere, riuscendo tutto sommato a divertire per la sua durata, ma senza lasciare allo spettatore nulla di davvero concreto su cui riflettere o al quale appassionarsi. Un'operazione simpatica, ma un vero folk horror forse sarebbe stato decisamente meglio accetto in un panorama come quello del genere italiano, da fin troppo anni, oramai, in attesa di riaffermarsi.
non lo ho visto e quindi non ho letto bene l'articolo
RispondiEliminama conosco (anche se nn visto) tutti i film che hai citato nel prologo :)
Recuperalo, ne vale la pena.
EliminaMa poi girato, fotografato, musicato e recitato benissimo. Che può sembrare scontato, ma dalle nostre parti, soprattutto quando si parla di horror, mica tanto.
RispondiEliminaSi, come nel caso di "The Nest", la messa in scena è al primo posto :)
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