lunedì 24 marzo 2014

Lei

Her

di Spike Jonze.

con: Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Amy Adams, Olivia Wilde, Chris Pratt, Rooney Mara, Kristen Wig.

Usa (2013)













Al di là di ogni possibile speculazione e critica, l'inquietitudine dovuta alla deriva post-umana della società è un elemento vivo e tangibile; il sottile e vivo orrore dovuto all'assuefazione ad una tecnologia sempre più invasiva ed inutile è innegabile, sopratutto se si tiene conto di come essa stia piano piano sostituendo ogni tipo di rapporto umano con un suo surrogato al silicio, trasformando gli esseri umani in veri e propri ibridi uomo-macchina solo virtualmente simili ai loro antenati e manipolando la percezione del reale verso qualcosa di "altro", di alieno rispetto all'umano e che di questo ha solo qualche vaga sembianza; e se la disanima della spirale post-umana era fulgida e dirompente nel capolavoro di Croneneberg "Cosmopolis" (2012), anche "Her" può essere ben visto come un ritratto di questa "nuova umanità", sebbene più votato alla classica descrizione del rapporto di coppia.


In un futuro non troppo lontano, la realtà virtuale e quella fisica si sono compenetrate a tal punto da non poter distinguere il vero dal falso; Theodore (Joaquin Phoenix, eccezionale come sempre) è un timido "scrittore di lettere su commissione", la cui vita è afflitta dalla improvvisa rottura della sua relazione con Catherine (Rooney Mara); solo e sconsolato, Theodore si immerge in una realtà totalmente virtuale passando le sue serate davanti ai videogames, finchè una nuova invenzione non gli cambia la vita: un sistema operativo, chiamato OS, senziente e interattivo, che imposta con le fattezze di una sensuale voce femminile e ribattezza "Samantha" (Scarlett Johansson); ben presto tra i due scocca una vera epropria scintilla d'amore.


Nel mondo di "Her" la disumanizzazione dell'umano si è ormai compiuta: ogni persona vive all'interno di un mondo algido, dai colori caldi rigorosamente smorzati, per poi rifugiarsi tra le pieghe di una virtualità più viva della realtà; virtualità che interagisce con i "vivi" come un vero e proprio essere vivente, sia esso il personaggio di un videogame che la voce di un semplice sistema operativo. L'uomo diviene così schiavo e dipendente delle emozioni, unica differenza tra esso e il software; emozioni anch'esse finte, il più delle volte: Theo, non a caso, scrive finte lettere per i suoi clienti, surrogando le loro passioni e inviandole ad un ricevente sconosciuto; lettere false solo nel senso generico del termine, visto che le emozioni che in esse riversa sono autentiche.


Se nel capolavoro di Cronenberg il protagonista Eric Parker è l'ultimo umano in un mondo di software viventi, in "Her" Theo è, all'opposto, il trionfo del sistema: un essere umano che, anche a causa del trauma da abbandono, si rifugia in un mondo di pura informazione e che non distingue più la differenza tra reale e virtuale, nonostante la sua innegabile fisicità; e se in "Cosmopolis" il protagonista lottava contro la sua disumaninazzione, qui essa viene accettata passivamente, poichè non più percepita come perdita e mutazione, ma come semplice "stato delle cose"; e, di fatto, non è Theo ad essere "l'eccezione" nel contesto: al pari di lui anche la sua amica Amy (un'irriconoscibile Amy Adams) si lascia andare ad una relazione "trans-specie", come del resto avviene con tutti gli umani del loro mondo; l'eccezione, semmai, è data dal personaggio di Catherine, unica vera "voce della ragione" che rinfaccia la "scandalosa verità" al suo ex.


La relazione con il sistema operativo diviene così il passo definitivo verso la completa perdita dell'umanità; Samantha è, si, programmata per apprendere ed evolversi, ma le sue emozioni sono fasulle, un mero calcolo binario che prende vita esclusivamente tramite la voce calda e sensuale della Johansson, anch'essa frutto di un mero calcolo innescato per provocare una sensazione ad hoc. La relazione tra i due diviene subito love-story vera e propria, con tanto di consumazione notturna, ma ogni gesto, ogni parola ed ogni sensazione è fittizia, vuota; quella di Theo è un'illusione, un'attrazione verso un partner ideale perchè scevro di quei difetti che possono guastare l'ideale affinità affettiva: i difetti fisici; la mancanza di corpo (il quale si riduce alla sola voce, sempre calda e sensuale) è mancanza di impedimenti nell'unione della coppia, mancanza di ostacoli verso la comunione dei sentimenti che trasforma, di conseguenza, il partner in vero e proprio oggetto subordinato al soddisfacimento delle proprie carenze affettive; e l'uso del computer tascabile come metafora del possesso della persona amata è un'ottima intuizione, benchè figlia del cinema di Marco Ferreri, in particolare del bellissimo "I Love You" (1985).


Tuttavia, a differenza del grande regista italiano e di Crononeberg, Jonze non vuole dare uno spaccato della "vita futura" o contestare i difetti "genetici" del maschio; il contesto distopico post-umano, in fin dei conti, altro non è che una metafora del rapporto di coppia universalmente inteso; "Her", di fatto, più che una love-story distorta, è un semplice film sulla coppia e sull'amore in genere, in cui la deriva post-umana viene usata più come metafora dell'egoismo che come monito filosofico; limite intrinseco che si sostanzia nell'estrema linearità della sceneggiatura, la quale presenta tutti i topoi della storia d'amore "classica", appiattendo il potenziale dirompoente delle intuizioni iniziali.


Scelta "veniale" che non permette ad "Her" di configuarsi, in definitiva, come una riflessione filosofica del tutto riuscita, ma che non impedisce di apprezzarne l'urgenza delle tematiche o anche, e più semplicemente, l'efficacia della storia; complice anche lo stile leggero e mai morboso con cui Jonze si approccia a situazioni e personaggi.

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