con: Aaron Taylor-Johnson, Ken Watanabe, Bryan Cranston, David Strathairn, Elizabeth Olsen, Sally Hawkins, Juliette Binoche.
Catastrofico/Fantastico
Usa/Giappone (2014)
Quasi trenta film in 60 anni di vita, un brand conosciuto in tutto il mondo, un marchio che è sinonimo di spettacolarità e divertimento spensierato (oggi, ma non quando fu creato): Godzilla è una vera e propria icona pop dal fascino tutt'oggi fresco. Nato nel 1954 dalla mente di Ishiro Honda come risposta al "King Kong" (1933) di Cooper e Schoedsack (che in quegli anni ritornava trionfalmente nei cinema di tutto il mondo), ma sopratutto come personificazione della paura del nucleare e simbolo di una natura che si ribella alla superbia dell'uomo, Godzilla era già approdato nel 1998 negli studios hollywoodiani, con le fattezze di un lucertolone smilzo che si divertiva a fracassare tutto e tutti in uno dei peggiori blockbuster americani di sempre; in onore del 60mo anniversario della sua creazione, la Warner decide di creare un nuovo Godzilla a stelle e strisce, più fedele all'originale anche nel design, affidando la regia a Gareth Edwards, già autore del fin troppo sopravvalutato "Monsters" (2010); il risultato delude sotto tutti i punti di vista.
Va riconosciuto agli autori il merito di riportare il buon vecchio godzillosauro atomico alle sue origini e di purgarlo da quell'umorismo da seconda elementare che affliggeva il kolossal di Emmerich e finache molte delle pellicole che lo videro protagonista dagli anni '60 in poi; non più mostro mutante, né dinosauro gentile, Godzilla torna ad essere una creatura preistorica risvegliatasi dopo anni di oblio; il suo ruolo, qui, non è però quello di mero distruttore, di castigatore dell'umana stupidità, ma quello di "agente" volto a salvaguardare l'equilibrio della natura, il cui risveglio non è imputabile direttamente all'azione dell'uomo; la morale sulla natura offesa che si ribella ripagando l'essere umano con la sua stessa moneta va quindi perduta, appiattendo il fascino del concept originale.
Nel portare in scena gli atti di devastazione, Edwards strizza l'occhio alle recenti sciagure naturali: Fukushima, rievocata nel prologo, lo Tsunami delle Filippine nel secondo atto e l'uragano Kathrina nell'epilogo, con i sopravvissuti al disastro ammassati in campi da baseball; c'è tempo persino per una fugace strizzatina d'occhio all'11 Settembre, con aerei militari che si schiantano contro i grattacieli; eppure, il puro terrore della devastazione non colpisce mai davvero, colpa di una regia troppo poco rigorosa, votata alla spettacolarizzazione del disastro più che all'enfasi della sua carica drammatica; e basterebbe recuperare "The Impossible" (2012) o il prologo di "Hereafter" (2010) per accorgersi di come Edwards non riesca mai davvero a trasmettere il vero timore selvaggio di cui la messa in scena avrebbe bisogno.
Paradossalmente, laddove inondazioni, incendi e palazzi che crollano la fanno da padrone, il kaiju per antonomasia trova uno screen time miserevole, relegato a pochissimi minuti su più di due ore di durata; come nel "Transformers" di Bay, anche qui la narrazione si concentra, stupidamente, sugli sciattissimi personaggi umani, tutti rigorosamente piatti e stereotipati; e la regia segue letteralmente loro piuttosto che il mostro, frustrando ogni forma di possibile spettacolarità derivante dalle sue azioni con un montaggio ellittico; tant'è a tratti la pellicola sembra diventare una sorta di teaser trailer di sè stessa, troncando le scene ogni volta che Godzilla entra in campo.
La maggior parte della narrazione finisce così per adagiarsi sulle storie dei personaggi, sul classico drammone familiare vissuto dal protagonista Aaron Taylor-Johnson (conciato come un novello Chainning Tatum), sulle teorie complottistiche di suo padre Bryan Cranston (che, assieme a Juliette Binoche e a Sally Hawkins, spreca il suo talento in un ruolo risibile) e sullo scontro tra lo scienziato Ken Watanabe e il militare David Strathairn; particolarmente sciatta è proprio quest'ultima sottotrama, nella quale lo scontro tra forza e ragione, già di per sé visto e stravisto, non riesce mai ad interessare vista la superficialità dei dialoghi.
Nessun commento:
Posta un commento