giovedì 29 maggio 2014

Querelle de Brest

Querelle

di Rainer Werner Fassbinder

con: Brad Davis, Franco Nero, Jeanne Moreau, Hanno Poschl, Gunther Kaufmann, Laurent Malet, Burkhard Driest, Natja Brunckhorst, Y Sa Lo, Isolde Barth.

Germania, Francia (1982)














Il 10 giugno 1982 Rainer Werner Fassbinder muore per overdose di cocaina a soli 37 anni; le voci su una sua possibile "autodistruzione" cominciano subito ad alimentarsi, infangandone la reputazione; appena tre mesi dopo, "Querelle de Brest" fa la sua comparsa al Festival di Venezia, generando immediato scandalo; uscito postumo e quindi privo di ogni possibile accompagnamento critico da parte del suo autore, distribuito in quel 1982 durante il quale l'omofobia generata dall' HIV comncia ad esplodere ed accolto da ferocissime polemiche volte a chiederne la censura, "Querelle" è una delle opere più complesse di Fassbinder e al contempo la più controversa.


In una Brest onirica si incrociano le vite di un gruppo di ambigui personaggi; Querelle (Brad Davis), appena giunto in porto sulla nave "Vengeur", è un affascinante marinaio che vive una profonda crisi d'identità; suo fratello Robert (Hanno Poschl) è innamorato di lui, ricambiato, ma intrattiene una appasionata storia d'amore con Lysiane (Jeanne Moreau), cantante nel postribolo del marito, il gigantesco Nono (Gunther Kaufmann); anche il tenente Seblon (Franco Nero), ufficiale di bordo della "Vengeur", è innamorato di Querelle, ma non osa rivelarlo; nel frattempo, l'operaio di origini polacche Gil (Hanno Poschl, in un sublime gioco di specchi) sublima l'attrazione per il giovane Roger (Laurent Malet) fantasticando sulla di lui sorella Paulette (Natja Brunckhorst).


"Querelle de Brest" non è semplicemente la catarsi di un autore giunto al vertice della sua esperienza artistica, come è stato più volte affermato; nè è una forma di provocazione verso una società ancora chiusa che non accetta l'omossessualità; "Querelle" è innanzitutto l'ennesima riflessione di Fassbinder sull'identità (sessuale e non) e sulle conseguenze del suo smarrimento. Dal romanzo omonimo di Jean Genet (già alla base di un precedente film di Fassbinder, "Soldato Americano" del 1970) l'autore riprende solo la trama; la riflessione sull'omicidio e le sue implicazioni estetiche e morali vengono subordinate al tema identitario; l'omicidio diviene per Querelle una catarsi, un modo per realizzare sé stesso; e Querelle è il fulcro dietro l'intera dialettica dell'opera: personaggio ambiguo, spiazzante e multiforme, non ha un'identità fissa, ma che muta nel corso del film e delle singole scene; in apertura, Lysiane afferma che una volta arrivato a Brest, egli potrebbe "trovare sé stesso"; e nel corso dei 105 minuti di durata dell'opera Querelle è angelo amorevole, omicida convinto, reietto in cerca di una punizione, innamorato ferito, omosessuale e eterosessuale; la sua non è una semplice scissione identitaria, come quella che affliggeva Herman in "Despair" (1978), quanto una vera e propria frantumazione dell'io, un'esplosione dovuta all'amore impossibile, eppure corrisposto, di Robert; e di fatto, Querelle uccide senza motivo apparente, paga per la sua colpa facendosi sodomizzare da Nono, si lascia amare dal poliziotto Mario per puro piacere, cerca di picchiare il fratello, si lascia sedurre da Lysiane, resiste al fascino del tenente Seblon, ma poi si scopre innamorato di Gil e si abbandona all'amore per il suo superiore; ed il compianto Brad Davis è la perfetta incarnazione dei mille e uno volti del marinaio: un fisico scultoreo e attraente che si giustappone ad un viso angelico che incornicia uno sguardo perso e sofferente.


Alter ego di Querelle è Robert, la cui identità è invece saldamente ancorata all'eterosessualità; Robert vive a Brest ed è l'amante di Lysianne, ma l'arrivo del fratello ne sconvolge l'equilibrio mentale; Robert non può amare Qurelle, ma al contempo non può odiarlo; l'amore tra i due viene traslato in una rivalità ai limiti dell'omicida, in un duello che è in realtà un vero e proprio balletto di corteggiamento. Robert altro non è che un'immagine speculare di Querelle, come si evince dalla duplice scena nella quale i due fratelli si accompagnano a Lysiane: l'uno è il riflesso dell'altro, uno è il caos, un angelo dell'apocalisse sceso in terra, l'altro un uomo comune che cerca disperatamente di restare sè stesso; ma Robert non può vivere senza il suo alter-ego: per sopravvivere non può che mentire a sé stesso e affermare di non avere fratelli.


Ideali doppleganger di Querelle e Robert sono Gil e Roger; il primo è un vero e proprio specchio di Robert: interpretato dallo stesso Hanno Poschl a rimarcarne la specularità fisica, Gil ama Roger sublimando la sua passione mediante l'attrazione per la bellissima Paulette (Natja Brunckhorst, all'epoca reduce dal successo di "Christiane F.- Noi ragazzi dello zoo di Berlino"); ma Paulette non è che un fantasma, un'immagine che appare fugacemente solo in una serie di (sensuali) fotografie; Roger è il vero polo attrattivo, alter-ego maschile della sorella dalla quale differisce solo nel sesso; Gil dapprima reprime la sua omosessualità, ma poi l'abbraccia, prima amando il giovane, poi lasciandosi sedurre da Qurelle, il quale, impossibilitato ad amare ed uccidere il suo vero oggetto del desiderio, ne ama e distrugge l'ideale surrogato. Il connubio amore-morte ritorna anche in quest'ultima opera: l'amore altro non è che una forma di distruzione, una volta esauritosi il possesso, l'uccisione diviene qui supremo atto affettivo, che avvicina Querelle e Gil non solo idealmente, ma anche narrativamente; l'omicidio diviene forma d'arte perchè inteso ad esprimere l'io più intimo dell'essere umano, incapacitato a esprimerlo mediante altre forme espressive; non per nulla, Lysiane canta "Each man kills the thing he love", ossia l'uccisione come amore, tema musicale che all'epoca riscosse un notevole successo.


E proprio Lysiane è l'ultimo pilastro della narrazione; donna vecchia ma ancora affascinante, interpretata da una Jeanne Moreau dal fisico decadente ma dallo sguardo ammaliante, è il cosidetto "terzo incomodo", un oggetto del desiderio che vuole farsi amare da entrambi i fratelli, ma che fallisce, riducendosi ad un mero "oggetto di scambio", nonchè ad una ciarlatana che cerca di obliterare la memoria di Querelle in un finale disperato e splendido. Suo contrappunto è il tenente Soblon, anch'egli nato "per essere desiderato", il quale si strugge per l'infernale attrazione che prova per Querelle; ed anche il loro è un rapporto ambiguo: Seblon è conscio della pericolosità del suo amato, ma non può sopprimere la sua attrazione; fatalmente, sarà proprio lui a redimerlo, grazie ad una registrazione che darà al suo sottoposto l'unica vera catarsi: l'omicidio è peccato, è solo nel perdono e nell'accettazione di sé che l'uomo può realizzarsi; solo così Querelle trova sé stesso, ma questa rivelazione si traduce in una gabbia: l'identità diviene prigione che lo avvinghia nelle forme dell'amore come possessione poichè traduzione di una rinuncia ad una parte di sé stessi; realizzazione splendidamente sottolineata da Fassbinder con un carrello che si avvicina al suo personaggio, ormai sconfitto e confinato in un monologo sconsolato.



Abbandonato ogni compromesso, Fassbinder si lascia andare ad ogni tipo di sperimentazione visiva e metaforica; "Querelle" è il suo film più spettacolare e barocco: le immagini sono dei veri e propri quadri semoventi, la cui perfezione nella composizione raggiunge vette talvolta sbalorditive; la ricerca ossessiva della profondità di immagine del precedente "Veronika Voss" cede il posto ad immagini plastiche, nelle quali Fassbinder contempla la perfezione sensuale dei corpi e dei volti degli attori; la fotografia ammaliante, dai colori caldissimi e dalle cromature sirkiane, trasforma l'intero film in un vero e proprio viaggio onirico: al pari dell'epilogo di "Berlin Alexanderplatz" (1980) anche "Querelle de Brest" non è che un sogno, l'immagine dell'immagine della sensualità secondo Fassbinder; ma i barocchismi visivi spesso sconfinano nel tronfio e, per quanto sempre affascinanti, trasudano un istrionismo a tratti fastidioso.


Tutti gli stereotipi della bellezza maschile filtrata attraverso la visione fieramente omosessuale trovano ampio spazio: dai marinai muscolosi, sudati e indaffarati ai poliziotti vestiti con giacche di pelle e borchie, "Querelle" fu all'epoca l'apripista di quel filone "queer" che proprio a partire dagli anni '80 fece la sua comparsa nel cinema europeo (l'unico, ideale, antecedente risiedeva nei lavori di Kenneth Anger); il ridicolo viene più volte raggiunto e lo spettatore meno perspicace ben avrebbe ragione di ridere di fronte alle immagini grondanti simboli fallici e muscoli oliati; eppure, nella messa in scena è avvertibile la "purezza" di Fassbinder: purezza derivante non dalla voglia di scandalizzare, quanto da quella di confessarsi, di mettere in scena un mondo ideale privo di compromessi per il pubblico, privo, insomma, di ipocrisie di sorta, in una messa in scena talmente genuina da non poter non essere apprezzata.


E se ne "Il mio sogno da un sogno di Franz Bieberkopf" l'ispirazione visiva derivava dagli incubi di Pier Paolo Pasolini, questa volta Fassbinder si rifà alle fascinazioni di un'altro grande visionario italiano: Federico Fellini, dal quale riprende in particolare il lavoro sulla scenografia di "Il Casanova di Federico Fellini" (1976): ogni fondale è rigorosamente disegnato, il sole è un pallone giallo, le luci sono caldissime e il porto di Brest viene totalmente ricostruito in studio; il mondo di Querelle diviene così l'ideale subconscio del suo protagonista e, oltre, del suo autore, il quale apre la sua mente direttamente verso lo spettatore, creando un'esperienza unica.


Ma è nella narrazione che il gusto sperimentale di Fassbinder si fa ancora più forte; oltre all'ibridazione con la grammatica teatrale, l'autore qui fonde la sintassi filmica con quella del romanzo; "Querelle" è, per sua stessa ammissione, un "film da leggere": la voce off sottolinea pensieri, estrinseca stati d'animo, ma non diviene mai narratore vero e proprio, quanto forma descrittiva che si aggiunge alle immagini in un'armonia perfetta; Fassbinder appesantisce il tutto con un linguaggio aulico "sporcato" da parolacce di strada, volte a spiazzare lo spettatore sbattendogli in faccia il "lerciume" con il quale venivano additati gli omosessuali; carica polemica che si fa insostenibile anche a causa dell'uso di simbolismi poco azzeccati, come la Via Crucis dei "rotti in culo" durante il duello tra Querelle e Robert, e alle provocazioni visive, come gli amplessi tra Querelle e i suoi amanti maschili, mostrati esplicitamente e ai limiti vouyersimo compiaciuto.


"Querelle de Brest" vive dunque di estremi opposti ed inconciliabili; come il suo protagonista è al contempo opera d'arte e delirio d'autore, provocazione gratuita e riflessione acuta, esperienza al contempo affascinante e snervante; un "testamento" solo virtuale: Fasbbinder avrebbe dovuto continuare ad omaggiare l'amato Jean Genet con altri due film, sempre interpretati da Brad Davis e Franco Nero, come si evince dall'epilogo; oltre a dirigere una biografia su Rosa Luxenburg con la sua musa ed ex moglie Hanna Schygulla; sfortunatamente, il destino non glielo ha permesso.



EXTRA

Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia del 1982, il film non vinse il Leone d'Oro nonostante fosse dato per favorito sino all'ultimo minuto; le cause artistiche, per una volta, non c'entrano per davvero: un film che fa vanto dell'omosessualità uscito durante l'esplosione dell'A.I.D.S. di certo non poteva ricevere una delle massime onorificenze cinematografiche; disgustato dall'esito della premiazione (il Leone d'Oro andò ad un altro dei "grandi registi tedeschi", Wim Wenders con il suo pretenzioso "Lo Stato delle Cose"), il presidente della giuria Marcel Carné scrisse una lettera alla giuria, la quale recitava testualmente:

"Voglio fare una dichiarazione del tutto personale; in quanto presidente della giuria voglio esprimere la mia delusione per non essere riuscito a convincere i miei colleghi a premiare "Querelle" di Fassbinder; di fatto mi sono ritrovato da solo nel difendere il film; ma sono convinto che, al di là di ogni controversia, l'ultimo film di R.W.Fassbinder, lo si voglia o meno, un giorno troverà il suo posto nella Storia del Cinema".

La dichiarazione venne inclusa nei titoli di testa del film nella prima edizione in VHS ed è visionabile tra gli extra dell'edizione DVD italiana distribuita dalla RHV.

Subito dopo la presentazione del film a Venezia, le associazioni dei consumatori, scioccate dalle immagini esplicite, ne chiesero a gran voce la censura ed il ritiro dalle sale; il presidente della Commissione per la Censura, però si oppose, affermando di non poter tagliare un film senza il consenso del suo autore; le scene incriminate erano, come intuibile, quelle riguardanti gli amplessi tra Querelle, Nono e Mario; quest'ultima scena non fu accorciata in alcun modo, ma la prima fu rimossa dalla distribuzione; la scena è stata reintegrata nell'edizione DVD.

Prima dell'inizio delle riprese, Brad Davis era una piccola stella di Hollywood; aveva partecipato con successo al cult del 1978 "Fuga di Mezzanotte" di Alan Parker, alla serie tv "Radici" (1977) e a "Momenti di Gloria", premio Oscar come miglior film nel 1981; la partecipazione al film di Fassbinder stroncò la sua carriera, già incrinatasi a causa della contrazione del virus dell' HIV (dovuta però ad una trasfusione di sangue); Davis tenne segreta la malattia fino al 1985, anno a partire dal quale cominciò ad attaccare a viso aperto l'omofobia dilagante negli studios hollywoodiani; ridottosi a recitare per la televisione (prese parte, tra le altre, anche alla mini-serie italiana, "Il Cugino Americano" della RAI, nel 1986), Davis si spense nel 1991, a soli 42 anni; appena due mesi dopo, un'altra star morì a causa dell' A.I.D.S.: Freddie Mercury.

Per la distribuzione americana, Andy Warhol creò una locandina inedita basata su una foto di scena nella quale appaiono solo i personaggi di Gil e Roger.







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