sabato 21 marzo 2015

Prometheus

di Ridley Scott.

con: Noomi Rapace, Michael Fassbender, Charlize Theron, Guy Pearce, Logan Marshall-Green, Idris Elba.

Fantascienza

Usa, Inghilterra (2012)
















Quanto successo a Ridley Scott nel corso degli anni 2000 può essere semplicemente descritto come una parabola discente, che ha portato uno degli autori di culto per antonomasia del cinema americano a trasformarsi in un mestierante senza né arte né parte.
Riconquistato il consenso del pubblico con il successo a sorpresa de "Il Gladiatore" (2000), il regista britannico si imbarca in una serie di progetti sempre più strambi e malriusciti, che ne decostruiscono definitivamente lo stile; il primo film di questo suo nuovo corso è "Hannibal"(2001), horror dalle aspirazioni gotiche e thrilling che mischia malissimo i due registri, permette ai due protagonisti Anthony Hopkins e Julianne Moore di creare le performances più imbarazzanti delle loro carriere e si fa ricordare solo per la splendida fotografia, che trasforma l'assolata Firenze in una cupa città gotica. Con "Black Hawk Down" (2001), Scott effettua la sua prima (e sinora unica) incursione nel cinema di guerra a tutto tondo, ricostruendo e reimmaginando i fatti successivi all'abbattimento dell'elicottero americano black hawk in Somalia nel 1993; mischiando veri resoconti di guerra a caratterizzazioni inventate di sana pianta ed unendo il registro del cinema di guerra con quello dell'action movie, Scott crea un pastrocchio senza né capo né coda, dove momenti emozionanti e toccanti sprofondano nel ridicolo più puro; e sopratutto dove tutta l'azione viene restituita per il solo tramite di immagini sconnesse e sgrammaticate, come se a dirigere il film fosse stato un semplice clone di Michael Bay.
Nel 2005 è la volta di "Le Crociate", nuova incursione del regista nei territori della Storia; se già con "1492" aveva raggiunto esiti ridicoli ed anacronistici, con "Le Crociate" va oltre e crea uno spaccato del periodo tra la I e la II Crociata semplificato e basato su caratterizzazioni e mentalità moderne, che nelle sue intenzioni avrebbero dovuto mimare i contrasti tra le odierne culture Orientali ed Occidentali, ma il cui esito è semplicemente ridicolo.
Proprio a partire da quest'ultimo disastroso esito, Scott perde definitivamente ogni volontà autoriale e decide di regredire a mero mestierante a buon prezzo, dirigendo esclusivamente pellicole su commissione, arrivando ad eclissare i fasti del suo passato con film ridicoli e immorali del calibro di "American Gangster" (2007) e "Nessuna Verità" (2008) o con brutti kolossal come "Robin Hood" (2010).
L'unica eccezione meritevole in questo marasma di filmucoli è il piccolo "Il Genio della Truffa" (2003): riuscita commedia nel quale Scott dirige uno scatenato Nicolas Cage, il cui overacting cartoonesco viene ben sfruttato dalla caratterizzazione ossessivo-compulsiva del suo personaggio.
Nel frattempo, il cinema americano non ha dimenticato il suo primo exploit fantascientifico: quell' "Alien" che nel lontano 1979 aveva sconvolto ed incantato le platee di tutto il globo, con il suo riuscito mix di fantascienza hardcore e body-horror; e di fatto, non sono mancati seguiti, quasi tutti ben riusciti, e finanche il duplice corss-over "Aliens vs Predator", dagli esiti tuttavia dimeticabili.
Esaruritosi così il canonico ciclo di sequel e spin-off, la fox decide di mettere in cantiere un prequel per il capolavoro del '79, volto a svelare le origini della razza aliena che ha creato il famoso "ottavo passeggero della Nostomo"; pellicola che inizialmente doveva essere solo prodotta da Scott e fungere la mero prequel, ma che si trasforma in qualcosa di più ambizioso quando l'autore britannico decide di salire in cabina di regia e trasformarlo in un film di fantascienza tout court; nasce così "Prometheus" (2012), prequel di "Alien" che vorrebbe al contempo distanziarsi dal suo predecessore introducendo una componente mistico-filosofica nella serie.
Sfortunatamente per Scott, anche questa volta alle buone intenzioni iniziali non consegue un risultato all'altezza delle aspettative; colpa non solo di una pessima sceneggiatura, ma anche della sua regia svogliata e ormai totalmente bollita.


Non si può certo bollare "Prometheus" come un film "brutto"nel senso più genuino del termine, in parte a causa della buona volontà dei suoi autori di cercare di distaccarsi in parte dalla corrente fanta-horror che oramai impregna il genere fantascientifico, un pò a causa degli standard hollywoodiani, bassi al punto che finanche una pellicola malriuscita può emergere come "interessante". Eppure, la serie di difetti, talvolta macroscopici, che lo affliggono non può essere taciuta ed arriva ad inificiarne totalmente il valore.
Bisogna ribadirlo: va dato merito a Scott di aver cercato di non fare una semplice copia-carbone del suo film del 1979, introducendo elementi inediti come il concetto di Dio, la ricerca della Conoscenza e la brama di vivere in quello che alla fin fine resta pur sempre un film di genere. Per i primi due atti, sembra di essere tornati indietro nel tempo: due anni prima di "Interstellar", "Prometheus" ripercorre i sentieri della fantascienza classica con una storia di esplorazione e di contatto con altri mondi, con altre civiltà volta a far chiarezza sulle origini dell'Uomo. E su tutto, Scott azzecca almeno una scena se non memorabile, quanto meno evocativa: il prologo con l'ingegnere che crea la vita sulla Terra; scena volutamente priva di un significato univoco, che lascia allo spettatore la decisione sulle azioni e sulla natura del personaggio, andando ad intrecciarsi con il tema della fede come motore della conoscenza più volte ribadito nei dialoghi.
Sfortunatamente, i meriti di "Prometheus" finiscono qui.


La sceneggiatura del film è un ibrido impazzito di aspirazioni fantascientifiche adulte mischiate con un'esecuzione a dir poco infantile; scritta inizialmente da John Spaihts, autore del sopravvalutato "L'Ora Nera" (2011), viene rimaneggiata nientemeno che da Damien Lindelof, personaggio il cui curriculum parla da sé: co-sceneggiatore di "Lost", ossia la serie televisiva più pretenziosa e vuota mai creata, e autore degli indicibili script di "Star Trek: Into Darkness" (2012)  "Cowboys & Aliens" (2011) e di "World War Z" (2013).
Ecco dunque passare da un universo fantascientifico ben delineato dalla pellicola originale e credibile nella sua visione di un futuro cupo e claustrofobico, ad un futuro blando, nel quale l'avanzamento tecnologico viene sottolineato da dialoghi didascalici e situazioni poco credibili. Sopratutto, cascano letteralmente le braccia dinanzi alla puerile caratterizzazione dei personaggi.
Gli unici due a salvarsi sono la protagonista, Shaw, e l'androide David; la prima è uno scienziato illuminato, che tenta di ricercare le origini della Vita senza avere la presunzione di comprenderne tutti gli aspetti; il fatto che sia donna ma non possa procreare ne appiattisce in parte le motivazioni, ma i suoi dialoghi e il suo punto di vista sono sicuramente i più interessanti e riusciti di tutta la pellicola; David, d'altro canto, è il perfetto prototipo dell'Ash di "Alien": servizievole e onesto, è incuriosito dal concetto di vita e creazione poichè forma di vita totalmente logica creato da una forma di vita che, a differenza sua, non conosce tutte le risposte ai quesiti sulla propria esistenza. Aggiunge valore alla riuscita dei personaggi la scelta del cast: Noomi Rapace è la perfetta erede di Sigourney Weaver, con la sua bellezza un pò androgina e la sua recitazione ferma e forte; mentre Michael Fassbender si riconferma interprete versatile, in grado di dar vita ad un "uomo artificiale" sottilmente inquietante anche quando esegue le mansioni più comuni.


Ttutti gli altri personaggi sono rigorosamente stereotipati e poco credibili.
Si parte con il capo-spedizione Vickers, interpretata da una Charlize Theron sprecatissima; stereotipo del "comandante di ferro", glaciale nei rapporti, monocorde e sempre, costantemente arrabbiata; personaggio misantropo nel midollo e falsamente emancipato, dà vita assieme al pilota Janeck di Idris Elba (personaggio semplicemente riempitivo) alla scena di lotta tra sessi più genuinamente ridicola mai apparsa su schermo; e non aiuta alla riuscita del personaggio l'inclusione, nel terzo atto, di una figura paterna ingombrante, che appiattisce la appiattisce ancora più sullo stereotipo della "figlia frustrata" già usato da Lindelof in "Lost".
Il punto più basso lo si raggiunge con la caratterizzazione dei tre dei cinque scienziati del gruppo (la Ford di Katie Dickie è anch'esso un personaggio puramente riempitivo); Holloway dovrebbe rappresentare il lato più volitivo della scienza, che come da manuale non si ferma dinanzi a nulla pur di acquisire le risposte che cerca; ma quando di dimostra deluso di non aver trovato nessun alieno in vita, pur avendo scoperto quella che è di fatto l'origine della vita sulla Terra, la sua credibilità va a rotoli: è mai possibile che uno scienziato che ha effettuato la più grande scoperta nella Storia dell'Uomo possa essere deluso e triste?
Ancora meno credibili sono i personaggi di Fifield e Milburn; ricavati su due degli stereotipi più stupidi dello slasher-horror anni '80, altro non sono che la versione "spaziale" del nerd e del punk, ossia della più bassa carne da macello introdotta nei film di genere; e non si riesce a credere che due personaggi così fuori posto e visibilmente inutili possano essere scienziati scelti da una grossa multinazionale per ricercare nientemeno che la razza creatrice dell'Umanità; quando poi Fifield comincia a fumare marjuana su di un pianeta alieno nel bel mezzo di un'emergenza, allora si comincia davvero a pensare che Lindelof non abbia capito nulla del concetto di credibilità e sospensione dell'incredulità.


Sospensione dell'incredulità che viene definitivamente distrutta dalle azioni degli stessi personaggi; non si capisce perchè David decida di infettare Holloway con la sostanza aliena, se non che per giocarli un "brutto tiro"; non si capisce perchè Vickers non riesca a correre di lato per evitare gli ostacoli, quando invece sembra avere una forza ed una resistenza non umane; non ci capisce davvero cosa il signor Weyland si aspettasse di trovare sul pianeta degli Ingegneri una volta scoperte le sue vere intenzioni. In sostanza, la maggior parte delle azioni dei personaggi sono prive di logica o fondamento alcuno.
Non si può poi che rimanere basiti dinanzi al confronto stilistico ed estetico tra "Prometheus" e "Alien"; laddove il film del 1979 usava le visoni di artisti del calibro di H.R. Giger e Moebius per dar vita ad un mondo vivo e credibile, "Prometheus" si limita a riarrangiare quanto visto in precedenza, senza aggiungere nulla di nuovo o inedito; lo stacco tra le visioni create nel primo film e quelle atte appositamente in questo prequel è netto: le prime sono vivide e viscerali, le seconde derivative e prive di mordente, caratterizzandosi come meri omaggi o strizzatine d'occhio al lavoro dei vecchi artisti.
Chiude il cerchio la regia stanca di Scott, che oramai non sperimenta né torna ad utilizzare i marchi di fabbrica che lo resero famoso: niente più montaggio usato come metodo narrativo, niente più movimenti di macchina vivi e pulsanti e niente più scenografie e componenti estetici usati per scopi non puramente decorativi; quello di Scott è uno stile puramente accademico, fatto di master e primi piani che privano ogni scena di enfasi e tensione.


In un certo senso, "Prometheus" può essere utilizzato come vera e propria cartina di tornasole per capire quanto il cinema di genere sia regredito negli ultimi due decenni: il paragone con "Alien" è scontato non solo data la sua natura di prequel, ma anche e sopratutto quando ci si accorge che, di fatto, esso altro non è che un remake, sulla scia di quanto già fatto con il prequel de "La Cosa"; un remake privo di mordente e a tratti di idee, di stile ed estetica; quando un film del 1979 prodotto con 110 milioni di dollari in meno riusciva a fare lo stesso discorso, ma centomila volte meglio.



EXTRA

La mancanza di stile del film è ravvisabile sopratutto nella scelta di usare come design per la Piramide uno dei lavori preparatori che Giger aveva creato per il "Dune" di Jodorowsky, il Palazzo degli Harkonnen:






Bulimia di idee coperta come citazione che qui diventa davvero imbarazzante.


Grande scompiglio ha portato tra i fans la notizia che "Prometheus" e "Blade Runner" (1982) potessero essere ambientati nello stesso universo; stando al materiale visionabile sul sito ufficiale del film e in alcune edizioni Blu-Ray, la Weyland Corporation sarebbe una costola della Tyrell Corporation, e di conseguenza David, Ash e tutti gli altri androidi della saga di "Alien" altro non sarebbero se non versioni più evolute dei replicanti.
In realtà un ideale parallelo tra "Alien" e "Blade Runner" era tracciabile già all'uscita del secondo film: il software di navigazione della scialuppa di salvataggio della Nostromo ha la stessa interfaccia delle auto volanti usate da Deckard, come i cultori più accorti avevano giù notato da tempo:


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