lunedì 17 luglio 2017

R.I.P. George A.Romero



1940-2017

Un'artista in grado di rivoluzionare non solo un genere, ma in parte l'intero approccio al cinema di genere con un solo film, quel "La Notte dei Morti Viventi" che tutti dovrebbero vedere almeno una volta nella vita.
George A.Romero è stato un cineasta anticonvenzionale ed erudito, che utilizzava il registro orrorifico per dissezione la società americana (ed occidentale in toto) in modo solerte e profondo. Amico intimo di Stephen King, del quale avrebbe dovuto dirigere negli anni '80 un ambizioso adattamento purtroppo mai andato in porto de "L'Ombra dello Scorpione", Romero amava il genere anche nelle sue declinazioni più ludiche, come dimostra con "Creepshow", creato proprio assieme a King.
Ma nel suo profondo batteva il cuore di un autore sempre e comunque impegnato; da qui la nascita della seconda trilogia sui morti viventi, che assieme alla prima crea una saga dallo spessore inusitato, ma al contempo dalla carica viscerale insostenibile; saga che gli spettatori odierni, viziati da serie televisive figlie bastarde ed immeritevoli di quella visione, quale "The Walking Dead", dovrebbero, anzi devono riscoprire, per capire come sia possibile unire efficacemente l'intrattenimento più basico alla riflessione più intelligente. In attesa del suo ultimo capitolo, che uscirà postumo e non diretto dal suo creatore, "Road of the Dead".






Produzione indipendente, girata tra amici, nei weekend e con soli 120 mila dollari in saccoccia (pochissimi anche per l'epoca). Romero si ispira alla Nuovella Vauge e, prima ancora, al Neorealismo: camera ad altezza d'uomo e montaggio che spezza ogni scena (anche per esigenze logistiche); l'orrore si insinua nella provincia americana, le immagini in b/n sembrano uscire dai televisori di casa; la morte è crudele, orrenda, viscerale, fatta di corpi che prendono fuoco e non-morti antropofagi che divorano le loro vittime. Una rivoluzione che diverrà lo standard nel giro di pochissimo tempo.




La Stagione della Strega (1972)

Scritto e diretto da Romero per conto della moglie, fervente femminista; una piccola e misconosciuta fiaba horror sulla rivincita della donna, schiavizzata dal maschio ancora nella seconda metà del '900.






La Città verrà distrutta all'Alba (1973)

Il contenuto di un fusto contenente una spaventosa arma chimica viene rovesciato nei pressi di una cittadina rurale; gli abitanti cominciano a trasformarsi in folli assetati di sangue, mentre l'esercito fa di tutto per contenere il contagio.
Ancora una volta l'orrore si muove tra le tranquille zone di campagna di quell'America sonnolenta che di solito assiste passiva alle stragi dinanzi alla tv; ma questa volta sono i vivi ad essere il male, sia i folli contagiati, che i folli ancora più spaventosi bardati dietro le tute del governo. 
E Romero estremizza il suo stile, ora basato totalmente su camera fissa e montaggio, per ricreare un clima asfissiante ed un ritmo a tratti incalzante.





Wampyr (1978)

Martin è un ragazzo afflitto da una spaventosa maledizione: è un vampiro; o forse è solo la cocciutaggine e l'ignoranza di chi lo ha cresciuto che vuole farglielo credere. L'orrore, questa volta, è dato dall'ottusità non di un'istituzione, bensì di un'intera società.





Zombi (1978)

Dieci anni dopo la Notte, è l'Alba di una nuova era; i sopravvissuti alle stragi dei non-morti cercano riparo nel simbolo del capitalismo impazzito: un gigantesco ipermercato, dove fonderanno una nuova società borghese, divenendo essi stessi "morti viventi"; mentre i frutti della società del consumo, privi di ogni controllo, cercheranno di rubar loro la tanto cara abbondanza.






Knightriders- I Cavalieri (1981)


Piccolissima produzione televisiva che Romero dirige con sicurezza nei primi anni '80; Ed Harris è un moderno Re Artù che comanda una corte raminga di cavalieri-motociclisti, dediti a far riviere gli scontri all'arma bianca del passato; ma l'avidità di Morgan (interpretato dall'amico Tom Savini) metterà a repentaglio tutto. Una parabola facilotta ed un pò ridicola, ma diretta con gusto e gran mestiere.





Creepshow (1982)


Assieme all'amico Stephen King (alla sceneggiatura e che si ritaglia il divertente e divertito ruolo dello zoticone), Romero fa rivivere le storie di "Tales from the Crypt", fumetto antologico della Silver Age a contenuto horror, splatter e sottili riferimenti erotici, che ha letteralmente creato una generazione di estimatori del genere. Cinque episodi, tra cui spiccano quello con un Leslie Nielsen nelle inedite vesti di un marito assassino e l'ultimo, con l'orrenda invasione degli scarafaggi ai danni di un ricco entomofobico.






Nato dalle ceneri di un progetto ben più ambizioso, che poi vedrà la luce 20 anni dopo con "La Terra dei Morti Viventi", è forse il più grande capolavoro di Romero; lasciato il genere letteralmente fuori dalla porta, il suo occhio si concentra sull'autodistruzione dei sopravvissuti, sulle folli dinamiche che portano scienziati e militari ad opporsi e combattersi e sulla totale mancanza di discernimento di un'intera società votata oramai all'estinzione.





La Metà Oscura (1993)

All'inizio degli anni '90, Romero accetterà il ruolo di produttore esecutivo presso la Orion Pictures; incarico che in realtà serve ai capoccia per, letteralmente, toglierselo dalle scatole: un cineasta di successo e dall'anima genuinamente sinistrorsa è un personaggio pericoloso, quindi meglio confinarlo dentro un ufficio, lontano dai set. Incarico che terrà il grande autore lontano dal cinema per circa 7 anni, sino al ritorno con il mediocre e malriuscito "Bruiser". Ma prima del ritiro, riesce comunque a dirigere un ultimo film.
Riprendendo il racconto omonimo dell'amico King, Romero crea un perfetto spaccato sulla dualità della mente umana; il suo film più casto, dove la violenza viene confinata praticamente ad un'unica scena, illuminato da una doppia performance semplicemente perfetta del sottovalutato Timothy Hutton.






Grazie al successo della saga videoludica di "Resident Evil" e del remake di "Dawn of the Dead" ad opera di Zack Snyder, i morti viventi tornano alla ribalta presso il grande pubblico. E Romero può finalmente coronare il sogno di dirigere un film su di una società post-apocalittica che cerca di adattarsi alla piaga che infesta la Terra. Il tutto per creare quello che è il suo film più roboante, ma al contempo più impegnato, dove la metafora politica diviene ancora più cristallina che nel capolavoro "Il Giorno degli Zombi".






Nonostante l'ottima accoglienza, sia di critica che di pubblico, de "La Terra dei Morti Viventi", Romero decide di allontanarsi dalle major e tornare al cinema indipendente, in modo da avere il totale controllo sui suoi film. E con "Diary of the Dead" crea quello che è in definitiva il suo film più sperimentale, scostante ed anticonvenzionale: un "found footage" che riflette sulle aberrazioni della società di Internet (prima ancora dello scoppio del fenomeno di massa dei social network) e sulla forza mistificatrice dell'immagine. Assieme al quasi coevo "Redacted" di De Palma, il massimo capolavoro sull'argomento.

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