martedì 25 luglio 2017

Yakuza Apocalypse

Gokudo Dainsensou

di Takashi Miike.

con: Yayan Ruhian, Lily Franky, Yuki Sakurai, Denden, Pierre Taki, Yoshiyuki Morishita, Riko Narumi, Reiko Takashima, Hayato Hichihara.

Grottesco/Azione/Splatter

Giappone, Francia 2015














Con 102 regie accreditate, Takashi Miike potrebbe tranquillamente superare il record di Jesus Franco (quota 203) e divenire il regista più prolifico della Storia; un autore nel senso pieno del termine, dotato di uno stile proprio e che affronta spesso un pugno di tematiche solide (il concetto di famiglia, la solitudine e la frustrazione dell'uomo moderno, la perversione come forma di affermazione individuale), fautore di alcuni tra i cult più importanti che la storia recente del cinema giapponese annoveri, quali "Ichi the Killer" (2001), "Visitor Q" (1998) e "Audition" (1999).
Eppure, da qualche anno a questa parte la sua stella sembra essersi in parte eclissata; ottenuto il consenso della critica e del pubblico con il capolavoro "13 Assassini" nel 2011, Miike dirige qualche mese dopo un altro remake, questa volta del classico "Hara-Kiri- Death of a Samurai" (1962) ed in 3D, raccogliendo nuovamente consensi unanimi (praticamente gli ultimi),  per poi dedicarsi quasi esclusivamente a portare su schermo adattamenti di manga, anime e videogame caratterizzati da un'adesione estetica totale alle fonti, dove però il suo stile si annacqua, non riuscendo a cogliere nel segno, né a graffiare o stupire. Ed essendo il suo prossimo film in uscita l'adattamento del cultissimo "Le Bizzarre Avventure di JoJo" di Hirohiko Araki, questo trend appare purtroppo ancora vivo.
Sinonimo perfetto di questa sua perdita di grazia è "Yakuza Apocalypse", progetto che, sulla carta, avrebbe anche molti punti in comune con i suoi film del passato, in particolare "Fudoh- The New Generation" e la trilogia di "Dead or Alive" per il modo in cui contamina lo yakuza-eiga con generi, filoni ed intuizioni del tutto eterogenee fino a creare un risultato folle eppure controllatissimo, ma che questa volta non riesce mai a cogliere nel segno.




Gli yakuza di "Apocalypse" sono creature a parte, che si distinguono dagli ordinari "civili", come mostri fantastici, tant'è che tra le loro fila appaiono persino un kappa e, sopratutto, vampiri; il mafioso viene visto come un predatore, un succhiasangue appunto, che si ciba degli altri esponenti della società e che senza di questi non può sopravvivere.
Ma lo yakuza è anche uomo d'onore, dotato di un proprio codice morale; ecco dunque il boss Makiura (Lily Franky), vampiro che domina i suoi istinti e controlla il suo quartiere come un monarca illuminato, amato dai cuoi "civili"; finché i membri più in alto dell'organizzazione, guidati da un prete assassino (Ryushin Tei) reminiscenza del "Django" di Franco Nero, non decidono di massacrarlo. Spetterà quindi al suo secondo, Kgeyama (Hayato Ichihara), vampirazzato in punto di morte, vendicarlo.




La cellula yakuza o comunque criminale come nucleo familiare era stato uno dei temi portanti della filosofia miikiana in molti suoi film; oltre ai citati "Fudoh" e "Dead or Alive", Miike ne dava una descrizione simile anche in "Deadly Outlaw Rekka" e sopratutto "Kikoku- The Yakuza Demon"; in "Yakuza Apocalypse", invece, il rapporto paterno tra il boss e Kageyama viene dato per scontato: la sua vendetta è azione meccanica posta in essere solo ed esclusivamente perché viene ordinata.
Allo stesso modo, l'uso del vampirismo come metafora di un'organizzazione che vive alle spalle della società come un parassita viene sprecato e non assurge mai a metafora portante.
Messa da parte ogni possibile lettura ed interpretazione metaforica, "Yakuza Apocalypse" finisce per essere un puro esercizio di stile, dove Miike si diverte ad usare il registro grottesco per colorare il genere. Peccato che anche così il film funzioni pochissimo.




Il ritmo è inutilmente stantio: poco o nulla viene raccontato nelle quasi due ore di durata, il ritmo stesso delle singole scene viene dilatato inutilmente, in un rimando costante dell'azione che non crea tensione, né ammalia. Il grottesco si stempera dinanzi ad una conduzione fin troppo seria di una storia arida, priva di mordente e caratterizzata da personaggi piatti.
Quando il colpo di genio fa capolino, è già troppo tardi. L'introduzione del personaggio più folle, il karateka terrorista vestito da rana, avviene nell'ultimo atto e, benché sfruttato a dovere, non colpisce quanto dovrebbe. Ma resta lo stesso la migliore intuizione del film, il che è dire tutto.




Non c'è vera voglia di spiazzare, né di stupire, tantomeno di coinvolgere. Miike dirige tutto con il pilota automatico e a causa della piattezza dello script, la noia fa spesso capolino; persino durante l'ultimo atto, dove i combattimenti folli mancano di pathos a causa della piattezza delle caratterizzazioni.
Alla fine, "Yakuza Apocalypse" si lascia notare unicamente per un paio di trovate simpatiche (i vampiri, la rana, il cervello fuso della yakuza donna che cola dalle orecchie) che, tuttavia, messe al servizio di una storia inesistente e di personaggi monocorde, finiscono per divenire colore inutile su di una tela bucata, perfetto esempio dell'incapacità dell'autore di esprimersi con quel registro e quel "genere" che una volta dominava perfettamente.

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