venerdì 21 maggio 2021

Saint Maud

di Rose Glass.

con: Morfydd Clark, Jennifer Ehle, Lily Knight, Lily Frazer, Turlough Convery, Rosie Sannsom.

Inghilterra 2019



















Cos'è la Rivelazione? Se esiste un Dio e decide di rivelarsi ad un essere umano, come ciò può avvenire? Tali potrebbero essere gli interrogativi alla base di "Saint Maud", scioccante e granitico esordio di Rose Glass, un'opera che riprende stilemi horror per portare in scena il ritratto ambiguo e spaventoso di una possibile moderna santa.


Maud (un'intensa e perfetta Morfydd Clark) è una giovane e solitaria infermiera gallese, dalla profonda fede cattolica, la quale viene chiamata ad assistere Amanda Khol (Jennifer Ehele), ex ballerina e coreografa afflitta dal cancro. In lei la giovane vede la possibilità di salvare un'anima persa... ma quanto di tutto ciò è vero?


La prospettiva è totalmente personale, la vicenda filtrata dal punto di vista di Maud. Giovane ragazza dall'oscuro passato, peccatrice che sembra aver trovato una forma di redenzione in una fede totalizzante, la quale si manifesta anche sul piano fisico in una forma di estasi travolgente. All'inizio del racconto, Maud (o Katie, il suo nome da peccatrice) è una perfetta credente la quale applica alla vita gli insegnamenti religiosi e vede nella figura del divino una forma di conforto e guida. Ma il modo in cui il mondo in cui ella si muove è sinistro, così come il modo in cui si relazione al suo dio.


Maud è, in tutto e per tutto, vittima di un'ossessione, nata per espiare un passato trauma che viene rimosso, ma il cui vuoto deve essere necessariamente colmato. Nel secondo atto, quando sembra volersi allontanare dal divino per ritornare al lusso del peccato, la perdizione diviene nuovo idolo, divinità pagana che ne consuma vita e mente fino a quando questa non torna ad essere concupita dal sovrannaturale. 
La religione diviene così necessità, forza vitale unica sostenitrice dell'esistenza, senza la quale questa perde di significato. La missione di redenzione diviene di conseguenza forma di affermazione di una propria identità e di una visione ultraterrena necessaria.
La redenzione, propria e altrui, passa per la flagellazione, per la fustigazione di quel corpo che viene visto principalmente e quasi esclusivamente come mezzo del peccato, ricettacolo terrestre da punire e sottomettere alla fede, il quale deve permettere solo a questa di trovare compimento.
Maud è così stretta tra due forze sgretolanti: da un lato una fede totale, dall'altro una perdizione disumanizzante.
Ma quanto c'è di vero nelle sue visioni e nell'estasi?


Rose Glass, purtroppo, opta per la via più breve in merito e toglie ogni dubbio con gli ultimi fotogrammi, appiattendo quella che poteva essere una seria riflessione sulla percezione del sacro in epoca moderna nei territori più semplici del thriller.
Fortunatamente, come thriller la sua opera funziona alla perfezione: ci si abbandona con trasporto all'atmosfera funerea e diabolica, perfettamente ricreata tramite una messa in scena spigolosa e impersonale, dove l'uso dello spazio negativo è rappresentazione del buio interno della protagonista.



Tanto che si potrebbe vedere "Saint Maud" come un negativo del "The Vvitch" di Robert Eggers: laddove in quest'ultimo la fede portava alla dannazione, qui, viceversa, è la ricerca della salvezza stessa a dannare, così come l'assenza della fede, al contempo, è un buco nero che assimila poco alla volta l'esistenza.

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