con: Daniel Kaluuya, Keke Palmer, Steven Yeun, Brandon Perea, Michael Wincott, Wrenn Schmidt, Keith David, Devon Graye, Terry Notary, Donna Mills, Barbie Ferreira.
Usa 2022
---CONTIENE SPOILER---
Ad un tweet nel quale un utente scriveva trionfante, all'indomani dell'uscita americana di "Nope", di come Jordan Peele sia il più grande regista horror mai esistito, Peele ha risposto in maniera secca come in realtà il miglior regista horror di sempre sia John Carpenter e di come l'autore della frase facesse meglio a posare il telefono e a guardare più film.
Al di là dell'onestà intellettuale del regista (di questi tempi a dir poco ben accetta), va comunque notato come il povero twittatore blastato avesse forse ragione ad entusiasmarsi. Jordan Peele è sicuramente l'autore di genere americano più interessante degli ultimi anni e "Nope" ne conferma pienamente il talento dopo i folgoranti "Get Out" e "Us".
E "Nope" rappresenta anche una prima (momentanea?) svolta nella carriera del regista, dove per la prima volta il registro di genere non è asservito ad un testo di stampo politico-sociologico. La natura di afroamericani dei protagonisti non ha davvero un peso negli eventi e si esaurisce nella loro mera lontana parentela con il fantino che ha condotto il cavallo durante la famosa ripresa denominata "Sallie Gardner at a Gallop".
"Nope" è più un film sul cinema, sull'ossessione per la cattura di immagini spettacolari. Lo stesso Peele ha citato come fonti di ispirazioni "King Kong" e "Signs" (oltre che "Neon Genesis Evangelion" per il design finale della creatura, che tra l'altro si somma ad una bella citazione di "Akira"), ossia film dove sono la componente spettacolare e la suspense a trainare la storia. E infatti la sua altro non è che una storia sullo spettacolo, che si sostanzia principalmente anche se non esaustivamente nella sottotrama sullo scimpanzé Gordy.
E' dedicata a lui la cold open, che ci fa credere come la storia di questa scimmia responsabile suo malgrado di una strage sia parte integrante del racconto. Ma questa è in realtà solo una storia tangente, utile a rinforzare la caratterizzazione del personaggio di Steven Yeun e la tematica trainante: noi, in quanto spettatori, siamo attirati dalla visione di creature strane, che esulano dalla nostra quotidianità, soprattutto quando queste si rivelano come predatrici, responsabili di azioni tanto crudeli quanto spettacolari. Oltre alla stabilità impossibilità, nella storia, di poter domare per davvero un predatore.
Tutto il film si concentra sull'atto del guardare. Come spettatori, siamo solitamente chiamati a guardare ciò che accade su schermo, a fissare le azioni dei personaggi dettate dal mostro di turno. Ma il mostro, come Hitchcock insegna, meno viene mostrato, più crea tensione. Peele gioca su quest'aspetto chiedendo anche ai personaggi di non guardare, di legare la loro sopravvivenza al distogliere lo sguardo. Noi, d'altro canto, siamo gli unici che possiamo ammirarlo in tutto il suo terrorifico splendore. Non un atto scopofilo, quanto quello, più basilare e umano, di meravigliarsi di fronte a qualcosa di inusuale.
Da cui deriva la storia di questi personaggi che decidono di documentare, di dare una visione chiara e definitiva su di un criptozoide, forse alieno, forse no, definitivamente qualcosa di lontano dalla nostra realtà. Con la conseguenza che la ripresa diventa atto necessario e la spettacolarizzazione un imperativo. Peele gira tutto in IMAX, cosa inedita per un "semplice" horror, rendendo tutto più grande, più spettacolare, più vivo.
Peele come sempre maneggia magnificamente la tensione e rende la visione sempre tesa, confermando definitivamente il suo talento di autore di genere che con questa nuova fatica trova nuove vie espressive e originalità.
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