venerdì 24 novembre 2023

Thanksgiving: La Morte ti Ringrazierà

Thanksgiving

di Eli Roth.

con: Nell Verlaque, Patrick Dempsey, Gina Gershon, Gabriel Davenport, Karen Cliche, Jalen Thomas Brooke, Milo Manheim, Addison Rae, Tomaso Sanelli.

Horror/Slasher/Grottesco

Usa, Canada, Australia 2023












E' strano accorgersi di come la lunga ombra del "Grindhouse" di Tarantino e Rodriguez arrivi persino al 2023; o, meglio, di come Eli Roth abbia impiegato la bellezza di sedici anni per trasformare il fake trailer di "Thanksgiving" in un lungometraggio. La domanda che sorge spontanea è: ce ne era bisogno? La risposta è più complessa di quanto appare.
Perché va in primis considerato come Eli Roth sia ad oggi la grande promessa mancata del cinema horror americano; o, per dirla meglio, la grande presa per fondelli del cinema horror americano, un ex ragazzo d'oro che ha ottenuto un paio di successi dal nulla agli esordi con "Cabin Fever" e "Hostel" (i quali sono in realtà due pessimi exploit) e che non è mai più riuscito ad ottenere i medesimi consensi. Al punto che dopo il flop di "The Green Inferno" ha effettuato la sua unica escursione al di fuori del genere con quel remake de "Il Giustiziere della Notte" con il quale dimostrava come non avesse capito nulla dell'originale.
Un ritorno alle origini era quindi la mossa migliore da fare e il riprendere un'idea in teoria simpatica era una mossa ancora migliore. Tanto che alla fine, "Thanksgiving" è forse il miglior di Roth... pur avendo tutti i difetti che i suoi film di solito hanno.




"Thanksgiving" altro non è se non l'omaggio di Roth agli slasher di fine anni '70- inizio anni '80, quelli più turpi e che usano l'ambientazione festaiola come giustapposizione all'orrore; e il Giorno del Ringraziamento si pone perfettamente al centro tra Ognissanti e Natale, con l'assassino travestito dal pellegrino John Carver che diventa un'incarnazione generica di tutti i killer mascherati del grande schermo.
Un omaggio del tutto personale, che Roth confeziona con il suo solito occhio dissacrante e votato a unire terrore e umorismo grottesco. Tanto che la prima inquadratura è una amorevole sovversione della soggettiva del killer degli apripista, mentre i protagonisti sono il classico gruppo di stronzetti che tutto il suo cinema ha da sempre presentato.
Nulla di nuovo sotto il sole, quindi? Più o meno; perché se la caratterizzazione fastidiosa dei personaggi, le svolte sopra le righe nella narrazione e i tragici dialoghi para-tarantiniani ci sono tutti, questa volta il regista riesce ad avere un paio di intuizioni davvero non male che riescono a salvare in parte la visione.




La prima è l'uso del Black Friday come causa scatenante dell'orrore. Il prologo, classico esempio di primo atto che setta lo standard di quello a cui si assisterà, è quanto di più disturbante e cattivo Roth abbia mai girato; e le immagini di un mucchio di consumatori invasati e pronti a uccidere o morire pur di accaparrarsi prodotti inutili dovrebbe ricordare il tono grottesco dell'omonimo episodio di "South Park", se non riportasse invece alla mente le vere immagini dei disordini durante la stagione degli sconti in America, rendendo la visione ancora più disturbante di quanto la cattiveria e gli effetti splatter possano fare.
Un massacro che viene poi trasmesso in diretta dai drogati di social, con le immagini di morti che si fanno acchiappalike perfetti. E il killer che, un anno dopo, trasforma quegli assassini dell'etere in vittime di quel cinismo che hanno sfoggiato con tanta disinvoltura.




Il massacro dei responsabili, carnefici in realtà ben più feroci e apatici di quanto un serial killer mascherato possa essere, diventa catartico persino quando va a colpire quel gruppetto di protagonisti in larga parte anch'essi antipatici. Di questi, Roth concede un minimo di empatia all'atletico Scuba, alla sua bella ragazza bionda Yula e alla final girl di turno (interpretata da quella Nell Verlaque che, per quanto bella, non ha né il fascino, né il carisma necessari per il ruolo), mentre per i "fighi" Evan e Gabby non ha un minimo di riguardo; tanto che il primo fa una delle morti peggiori, mentre nei panni della seconda troviamo quella Addison Rae celebrata oramai più come starlette dei social che come popstar.
E se "Thanksgiving" avesse mantenuto tutte le promesse sarebbe stato non solo il miglior film di Eli Roth, ma anche una rievocazione coraggiosa e memorabile degli anni d'oro dello slasher. Sfortunatamente, così non è stato.




Perché Roth a questo giro è inspiegabilmente pudico sia nel mostrare la violenza che la componente erotica. Per accorgersene, basta confrontare le singole scene del lungometraggio con quelle equivalenti del fake trailer, le quali risultano ben più feroci e coraggiose. 
Il caso più clamoroso è quello della sequenza dell'uccsione della cheerleader che salta sul tappeto a molla, ossia l'immagine più celebre dell'originale, che qui invece risulta annacquata e persino forzata: non viene inserita a dovere nel contesto della storia, tanto che il personaggio è una comparsa che appare e viene uccisa nell'arco di una manciata di secondi, non uno dei personaggi principali, come se Roth l'abbia inclusa per puro obbligo; l'esecuzione è poi di una castità ridicola: laddove nell'originale la ragazza veniva pugnalata nella vagina mentre era a petto nudo, qui viene colpita solo alla schiera e alle braccia, restando sempre coperta. Autocensura dovuta sicuramente ai tempi che corrono, ma anche alle polemiche dovute al trattamento riservato a Vendula Bednarova, l'attrice originale: Roth ha candidamente dichiarato come, all'epoca delle riprese, l'abbia costretta a ripetere le inquadrature più volte per il solo gusto di ammirarne i seni, un atto che definire riprovevole è riduttivo e che forse ora vuole farsi goffamente scusare. 




Gli omicidi sono costruiti con il più classico campionario di efferratezze, le quali però vengono inflitte a personaggi privi di carisma e spesso fastidiosi, oltre ad essere virate al grottesco, finendo così per risultare innocue, ma senza mai davvero divertire. L'unica eccezione è la sequenza nella quale uno dei personaggi viene trasformato in un tacchino umano, davvero ben congegnata, unica isola di mestiere in un mare di mediocrità assortite.




Se la decisione di trasformare un progetto che Roth stesso ha inizialmente definito come "talmente offensivo da essere cancellato dalla Storia" in un horroretto tanto simpatico quanto privo di nerbo appare ipocrita, la vera ipocrisia dell'autore si palesa quando si paragona il discorso che qui fa sulle armi da fuoco a quello che faceva nel remake de "Il Giustiziere della Notte"; nel precedente exploit sembrava volesse intessere una seria disanima sulla pericolosità della libera vendita di armi, solo per poi abbandonarla a metà film e chiudere il tutto con una gloriosa sparatoria. In "Thanksgiving" è invece al contempo più coerente e più infido, caratterizzando l'armaiolo di turno come un simpaticone e lasciando che tutta la situazione sia risolta da un suo intervento indiretto in un primo momento e, nel finale, con un colpo di fucile risolutorio, alla faccia del buon gusto.




Alla fine, "Thanksgiving" si profila come un omaggio che non graffia, né stupisce; il più classico film di Eli Roth che si possa immaginare, ma che per lo meno ha il grosso merito di non infastidire quanto gli altri suoi film e che presenta un paio di intuizioni simpatiche e ben sviluppate. Il che, in realtà, non sarebbe neanche poco, se non lasciasse davvero il tempo che trova.

1 commento: