giovedì 28 maggio 2015

L'Angelo della Vendetta

Ms. 45

di Abel Ferrara.

con: Zoe Lund, Albert Sinkys, Darlene Suto, Helen McGara, Abel Ferrara,

Usa (1981)
















Con "Ms.45", suo terzo lungometraggio, Abel Ferrara raggiunge una prima, perfetta, sintesi tra exploitation ed esigenze d'autore; il contesto è sempre il cinema di intrattenimento metropolitano, che nel 1981 stava attraversando una fase calante, ormai prossimo al declino totale; e i punti di riferimento sono duplici: da un lato il successo de "Il Giustiziere della Notte" (1974), che ancora generava cloni ed epigoni; dall'altra la probabile visione di "Thriller- A Cruel Picture" (1973), vengeance movie che già presentava come protagonista una donna traumatizzata che si ribella ai suoi assalitori, la cui storia veniva declinata in chiave autoriale. Quello che Ferrara crea è un magnifico spaccato di un personaggio al limite, credibile ed empatico, ma verso la cui sete di vendetta l'autore volge uno sguardo lucidissimo e disincantato.


Thana (Zoe Lund) è una ragazza introversa, muta a causa di un trauma infantile; dopo aver subito un duplice stupro, decide di ribellarsi alla violenza e comincia ad uccidere tutte le figure maschili che le capitano a tiro.
"Ms.45" non è un semplice film sulla vendetta, nè sulla ribellione della donna, quanto un'esasperazione del tema della follia metropolitana che Ferrara aveva già portato in scena con "The Driller Killer" (1979). Teatro e vera protagonista è ancora New York, con le sue cacofonie insostenibili, le sue strade sporche, i suoi palazzi torreggianti e tutta la galleria di freaks che una metropoli possa offrire. Una città nella quale vivo lupi e agnelli, i primi con le fattezze del maschio, sempre alla ricerca di una vittima, l'altra con quelle della donna, scrutata dall'alto in basso.
Thana è la vittima per antonomasia della follia urbana: una ragazza docile, chiusa dentro uno sguardo vuoto ed impaurito, caratterizzata da una bellezza erotica ma fragile. Una donna vittima della violenza che grazie alla violenza sboccia, rinasce ad una nuova vita; una vita che le permette di affermarsi contro l'uomo, l'essere che l'ha sottomessa e che ora ne riceve il castigo.


Perchè quello di Thana non è una vendetta, quanto una punizione, una affermazione di sé stessa che trova nella cieca giustizia uno sfogo. La frenesia omicida si abbatte dapprima solo su personaggi viscidi, papponi violenti, gang di borseggiatori e sullo sceicco, il "ricco" che compra la donna al pari di chi ne ruba la virtù. Ben presto, la furia omicida diviene meno selettiva, arriva a castigare innocenti, si abbatte persino su personaggi in cerca dell'autodistruzione per sfociare infine nella distruzione indiscriminata, nell'omicidio, nella violenza più fine a sé stessa.


Quella di Thana è una discesa da un girone dell'Inferno ad un altro, nel quale il ruolo di carnefice coincide con la follia distruttiva: non c'è catarsi, non c'è salvezza: quella di Ferrara non è la visione di una giusta vendetta, ma la descrizione di una violenza che fagocita tutto quello che incontra, che riplasma le vite di vittime e carnefici solo per distruggerle definitivamente in un massacro totale, dove alla fine non c'è nessuna differenza tra le due categorie.


Il suo sguardo qui è più freddo, quasi distaccato, sia nella descrizione della Thana-vittima che in quella della sua versione carnefice, un "angelo della vendetta" che si presenta come un castigo divino autoproclamatosi tale; un angelo che usa la propria femminilità per adescare le sue vittime, che non prova rimorso, né piacere; un essere per la quale la morte è espressione di vita, che si traveste da suora per dispensare il suo verbo distruttivo, come a parodizzare la salvezza cristiana.
Ferrara non eccede, non carica di simbolismi il cammino di Thana, lascia che siano le sue azioni a parlare; e sopratutto ritrae la violenza in modo diretto, senza esasperazioni, quasi a volersi distaccare totalmente dall'iperrealismo americano degli anni '70. E la sua lucidità nel ritrarre la caduta della sua "eroina" è esemplare: un ritratto, quello di "Ms.45", senza veli di una follia insostenibile e per questo agghiacciante.

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