di Steven Spielberg.
con: Harrison Ford, Karen Allen, John Rhys-Davies, Paul Freeman, Ronald Lacey, Denholm Elliott, Alfred Molina.
Avventura/Azione
Usa 1981
Perfetta pellicola d'azione e cult immortale sin dalla sua prima uscita in sala, "I Predatori dell'Arca Perduta" viene spesso citato e in generale ricordato per tutta una buona serie di motivi.
E' stato il frutto della collaborazione di due giganti di Hollywood, Spielberg reduce dal primo flop della sua carriera, quel sottostimato "1941: Allarme ad Hollywood!" (1979) e George Lucas, all'epoca fresco dal trionfo anche di critica de "L'Impero Colpisce Ancora" (1980). E' il primo capitolo di una trilogia (poi sciaguratamente divenuta tetralogia) tra le più amate e riuscite di sempre. E' il film che ha dato lustro alla carriera di Harrison Ford, che da qui in poi diverrà una star. E' un perfetto omaggio al mondo dei serial d'azione degli anni '30 e '40, quei mediometraggi che venivano proiettati una volta a settimana nei cinema prima del "feature film", incentrati sulle rocambolesche avventure esotiche dell'eroe di turno, puntualmente lasciato a penzolare sui pericoli negli infiniti cliffhanger necessari per fidelizzare lo spettatore.
Tutti pregi innegabili. Peccato che in pochi lo riconoscano davvero per quel che è: il capolavoro che dimostra la perfetta padronanza del mezzo filmico da parte di Spielberg, la prova definitiva del suo valore come regista oltre che come autore.
Alla base del film, in particolare del suo iconico protagonista, non c'è però solo l'idolatrazione di quel cinema avventuroso dei tempi che furono. Lucas si è infatti ispirato per la sua creazione a due figure storiche particolarmente importanti. In primo luogo Hirman Bingham, professore di archeologia di Princeton ed esploratore incallito, fautore nel 1911 della scoperta del monte Machu Pichu in Perù, utilizzato come base per il background di Indy e ultimamente rivalutato in negativo come vero e proprio "tombarolo". Per il carattere e parte della storia personale, Lucas e Lawrence Kasdan (qui di nuovo in veste di sceneggiatore per l'amico e mentore) si sono rifatti niente meno che a Giovanni Battista Belzoni, esploratore e archeologo italiano del XIX secolo, divenuto in breve tempo il più importante egittologo della storia e famoso all'epoca per il suo carattere brusco e un po' guascone.
Entrambe le fonti storiche del personaggio erano però già state rielaborate su grande schermo nel 1954 ne "Il Segreto degli Incas", dove il protagonista Harry Steele, interpretato dal grande Charlton Heston, era anch'egli un archeologo che finiva in una stravagante avventura in Sud America. Spielberg e Lucas ne riprendono così i tratti caratteriali, ma anche il look: pantalone kaki, borsalino a fesa larga e giubbotto di pelle da aviatore. Senza contare come un vero e proprio antesignano del personaggio di Indiana Jones fu l'Allan Quatermain di H.Rider Haggard, protagonista di una serie di romanzi di stampo avventuroso a partire da "Le Miniere di Re Salomone" del 1885, trasposto al cinema per la prima volta nel 1937.
"I Predatori dell'Arca Perduta" si pone così come il punto di confluenza di un'intera categoria di cultura pop: l'avventura classica con un protagonista macho (ma ancora lontano dalle derive superomistiche proprie degli anni '80) in giro per il mondo alla ricerca di un McGuffin, in questo primo capitolo l'Arca dell'Alleanza.
Spielberg, Lucas e Kasdan ripescano in sede di script tutti i luoghi comuni dei cliffhanger e del cinema d'avventura degli anni '40 e '50, ma il declinano con gusto moderno. I punti di riferimento sono sempre avvertibili, eppure ricreati con una dovizia tale da infondere loro nuova vita; un processo che definire post-modernista sarebbe riduttivo: si arriva ad una vera e propria resurrezione del passato, filtrato tramite una sensibilità moderna, ma ricreato su schermo proprio come si faceva all'epoca. Al bando le nuove tecnologie, a farla da padrone sono acrobazie e stunt talvolta incredibili, location esotiche e interni ricostruiti in studio senza l'ausilio di green-screen. Il passato torna così a rivivere con una forza immaginifica inusitata e potente, sino a creare una nuova serie di topoi e luoghi comuni entrati trionfalmente nell'immaginario collettivo.
In questo primo capitolo, su tutti sono da ricordare il rutilante incipit, con Indy che appare senza mai essere mostrato in viso per poi mostrarsi in tutta la sua gloria allo spettatore una volta giunto a destinazione; la fuga dalla caverna dell'idolo d'oro, inseguito da un masso gigante e perfettamente serico che rotola, semplicemente da manuale; e ovviamente il "non duello" con lo spadaccino, scena creata per motivi totalmente di opportunità (sia Spielberg che Ford soffrirono una terribile intossicazione intestinale che li permetteva di filmare solo pochi minuti di pellicola per volta) eppure talmente perfetta nella sua esecuzione plastica e nei tempi comici da sembrare concepita a tavolino.
Oltre alla rivisitazione dei cliché del passato, "I Predatori dell'Arca Perduta" cerca anche di svecchiare alcuni dei luoghi comuni del genere. Il personaggio di Marion Ravenwood (Karen Allen), in proposito, è un azzeccato sovvertimento dello stereotipo femminile: sebbene chiamata a vestire i panni della damigella in pericolo più volte, non è mai davvero tale, entrando in scena come il duro di un film d'azione, vincendo una gara alcolica con un mongolo prima, con un ufficiale nazista poi. Marion è una donna dal carattere forte, duro, perfetto contraltare della spavalderia di Indy.
Azzeccatissima anche la scelta di far vestire i panni dei cattivi ai nazisti, che dona al tutto un fascino universale, quasi senza tempo a prescindere dalle precise (ma non sempre rispettate) coordinate temporali delle vicende. Così come l'idea di creare il personaggio di Belloq (Paul Freeman) come una nemesi totale di Indiana Jones, un archeologo che non guarda in faccia niente e nessuno pur di arrivare alla scoperta; a separarlo dal "buono" è in fondo solo la scelta degli alleati: anche Indy qui è un rude professore patito per l'avventura, interessato solo alla gloria piuttosto che ai risvolti mistici della vicenda.
Risvolti che vengono lasciati sempre sullo sfondo, esplodendo solo nel finale come il deus ex machina di turno. Il fulcro di tutto è il senso dell'esotico e l'avventura indiavolata. Ed è qui che Spielberg mostra il meglio di sé.
Il secondo atto della pellicola, pur costruito come un crescendo, è una sequenza infinita di inseguimenti, scazzottate e sparatorie. L'azione è martellante, ma ben dosata, non finisce mai per diventare ridondante o noiosa. La regia è semplicemente perfetta: non sbaglia un'inquadratura o un movimento di macchina, lasciando qualche refuso al solo montaggio, dovuto alle tecniche di ripresa utilizzate, talvolta da vero "cinema guerriglia" per non sforare il budget. Il risultato è semplicemente sfavillante: 1 ora e 55 minuti senza mai un vero tempo morto durante i quali lo spettatore è letteralmente trasportato in un altro mondo in modo adrenalinico ed ipercinetico.
Fino a quel happy ending ingenuo quanto si vuole, ma che non stona con l'anima d'antan del film. Al quale, però, i tre autori fanno precedere un climax letteralmente esplosivo, infondendo un pizzico di horror splatter per rendere il tutto ancora più ameno e divertente.
Una fantasia d'altri tempi, un'avventura classica riproposta in una chiave moderna perfettamente rispettosa delle sue origini naif . Ma "I Predatori dell'Arca Perduta" è anche e più semplicemente una perfetta pellicola di genere dove ogni azione, personaggio e battuta è al suo posto, diretta con polso fermo e divertito da un autore qui all'apice della sua maestria.
EXTRA
Proprio come la saga di "Star Wars", anche quella di Indiana Jones ha trovato terreno fertile nel mondo dei geek sin dalla sua prima uscita in sala. Omaggi e parodie non sono mai mancati, ma ciò che stupisce è l'opera di un fan forse troppo sfegatato:
"Raiders of the Lost Ark: An Adaptation" è un vero e proprio remake fatto in casa. A partire dall'estate del 1989, il giovane Eric Zala ha creato, assieme ai suoi genitori ed un gruppetto di amici, un film amatoriale che riprendeva inquadratura per inquadratura il capolavoro di Spielberg e Lucas. Da piccolo film tra amici di scuola, il progetto si è evoluto nel corso degli anni sino a diventare un vero e proprio rifacimento, dove anche gli stunt più pericolosi sono stati rifatti per la gioia dei suoi autori.
Il che fa sorgere un dubbio: a qual fine tutto questo lavoro? Perché rifare in casa un film che si ama fotogramma per fotogramma?
Non si sa se quella di Zala sia pura passione o pura pazzia, visto che il risultato è un semplice filmino amatoriale gonfiato sino all'esasperazione, privo di ogni professionalità, creato ed eseguito per il solo gusto di farlo.
Ad indagare su cotanta follia è il divertente documentario "Raiders! The Story of the Greatest Fan Film Ever Made" del 2015, la cui visione è chiarificatrice dello stato mentale di Zala e soci.
A partire dal 2007, le uscite in home video del film ne hanno modificato il titolo in "Indiana Jones e il Predatori dell'Arca Perduta", come a dare una sequenzialità con i tre seguiti. Come sempre, il titolo "di fabbrica" toglie ogni individualità a questo primo film e forse proprio per questo Spielberg ha deciso di eliminare il nome del personaggio per le seguenti uscite in Blu-Ray.
Come successo con "Lo Squalo" (1975) e "Guerre Stellari" (1977), anche "I Predatori dell'Arca Perduta" ha dato vita (in questo caso "ridato") al filone di riferimento, creando una serie infinita di cloni ed epigoni. Tra questi vanno ricordati:
"Allan Quatermain e le Miniere di Re Salomone" (1985) ed il suo seguito "Gli Avventurieri della Città Perduta" (1986), il primo diretto dallo specialista Jack Lee Thompson, il secondo da Gary Nelson. Epigoni di buona fattura, che riportano su schermo il prototipo dell'eroe di Spielberg, interpretato da un affiatatissimo Richard Chamberlain e affiancato da una giovane e già bellissima Sharon Stone.
"All'Inseguimento della Pietra Verde" (1984), primo vero successo commerciale di Robert Zemeckis. La classica forma del romanzo d'avventura viene riletta in chiave pesantemente ironica: protagonista è la working class woman Joan Wilder (Kathleen Turner, che sveste i panni della femme fatale che la resero famosa) che sogna disperatamente l'avventura romantica; finché questa non le si presenta davanti nella persona di Jack T.Colton (Michael Douglas), vero e proprio Indiana Jones degli anni '80: rude, sciovinista, maleducato eppure affascinante.
Un anno dopo fu prodotto un sequel con lo stesso cast "Il Gioiello del Nilo" (1985), che riprendeva dal cult di Spielberg anche l'ambientazione egiziana:
Bellissimo viaggio nei ricordi :) Fin da bambino ho sempre adorato Indiana Jones, ma anche Il Gioiello del Nilo e All'Inseguimento della Pietra Verde sono dei propri classici minori tipici degli anni 80, li ricordo con piacere!
RispondiEliminaDa bambino non riuscivo mai a beccare uno di quei film in tv :(
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