The BFG
di Steven Spielberg.
con: Mark Rylance, Ruby Barnhill, Penelope Wilton, Rebecca Hall, Bill Hader.
Animazione/Fantastico/Favolistico
Usa, India 2016
Uscito in patria a luglio, arrivato in Italia giusto in tempo per le festività di Natale, "Il GGG" rappresenta un traguardo importante nella carriera di Spielberg: dopo quasi 35 anni torna a collaborare con la compianta sceneggiatrice Melissa Mathison, che già aveva scritto per lui "E.T." (1982) e (sotto pseudonimo) l'episodio da lui diretto nell'antologico "Ai Confini della Realtà" (1983); riesce a portare su schermo il celeberrimo libro di Roald Dahl che inseguiva da una trentina d'anni, per la prima volta nella sua carriera adopera una tecnica mista tra animazione in performing capture e riprese dal vivo, torna a dar vita al mondo della fantasia e dell'infanzia dopo averlo in parte abbandonato con "Hook" (1991), collaborando per la prima volta con la Walt Disney Pictures per il tramite della sua vecchia casa di produzione, la Amblin Entartainement; ma, sopratutto, affronta dopo decenni lo scotto di un vero e proprio flop al botteghino: con un budget di oltre 140 milioni di dollari, il film non ne ha incassati neanche 56 in patria, rivelandosi un fiasco nel mercato interno.
Accoglienza fredda che ben si giustifica, poiché questo connubio tra la fantasia di Dahl e l'entusiasmo di Spielberg di visionario ed edificante non ha nulla, configurandosi come una visione a tratti noiosa e, nel finale, spiazzante.
Da lodare, semmai è il solito, incredibile comparto tecnico, che vede al lavoro nuovamente i geni della Weta Workshop di Peter Jackson. L'esperienza maturata con lo stupefacente "Le Avventure du Tin Tin- Il Segreto dell'Unicorno" (2011) è stata assimilata ed oltrepassata: la verosomiglianza nei movimenti e nelle espressioni dei giganti è stupefacente, così come la fusione tra ambienti animati e personaggi in carne ed ossa. Ma al di là della tecnica non c'è davvero nulla.
Il canovaccio è quanto di più classico e "spielberghiano" si possa immaginare: l'amicizia tra un'orfanella (intelligente ed anche un pò pedante, forse perché british) ed una strana e buffa creatura, un gigante anziano che porta i sogni alla gente (interpretato da un Mark Rylance straordinario, incredibilmente espressivo pur quando sommerso dai pixel), ovvero tutto ciò che il cinema per ragazzi post "E.T." ha sfornato sino ad oggi, compresa il sopravvalutato serial "Stranger Things". Se la premessa è risaputa, l'esecuzione è blanda: al di là dei simpatici giochi di parole e dei dialoghi talvolta frizzanti, tutto è piatto; l'amicizia tra la bambina ed il gigante è priva di mordente, non c'è vera magia, né vera tensione, neanche quando entrano in scena i temibili giganti antropofagi. Non si è mai davvero coinvolti nella storia, vuoi anche a causa dell'estrema linearità delle situazioni. E quel che è peggio, non si è mai davvero colpiti dai giochi di luci e suoni: non c'è vera visionarietà nemmeno quando viene portato in scena un mondo fatato.
Ancora peggio, l'intero film è diviso in due tronconi narrativi totalmente antitetici, divenendo quasi schizofrenico (ma era così anche il romanzo di partenza); la prima parte è piatta, gira a vuoto senza riuscire davvero mai ad incuriosire ed è costruita come una specie di dramma da camera, appiattendo ulteriormente il tutto. La seconda scade nel delirio più puro, con gag a suon di scorregge e colazioni imbarazzanti ed un finale talmente machista che forse farebbe venire la pelle d'oca persino a John Milius e sicuramente ucciderebbe Terry Gilliam.
Non c'è, in sostanza, fantasia in questa storia fantastica, che anzi è quasi l'antitesi della fantasia stessa: piatta, monocorde, fredda e con un finale che, davvero, grida vendetta.
A me non è dispiaciuto così tanto, è in fondo un film per ragazzi, e come tale credo riesca nel suo intento. Onestamente però anche io, da adoratore del romanzo fin da piccolissimo, mi aspettavo qualcosina di più. Godibile, ma non magico...
RispondiEliminaOk il cinema per ragazzi, il disimpegno, la magia... ma qui c'è davvero poca fantasia e viene letteralmente uccisa ad un certo punto.
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