di Steven Spielberg.
con: Robin Williams, Dustin Hoffman, Julia Roberts, Bob Hoskins, Charlie Korsmo, Amber Scott, Maggie Smith, Caroline Goodall, Dante Basco, Arthur Malet.
Fantastico
Usa 1991
L'epiteto di "eterno Peter Pan" attribuitogli nel corso degli anni deve essere stato preso alla lettera da Spielberg; non si spiega altrimenti il perché dell'esistenza di questo "Hook", rilettura della celebre opera di Sir James Matthew Barrie che approda nelle sale nel 1991.
Rilettura che si fa ideale seguito delle avventure del fauno di pelli vestito: Peter ha abbandonato l'isola che non c'è ed ha messo su famiglia in quel di New York, oltre ad aver messo su qualche chilo di troppo sino a divenire Robin Williams; e la crescita gli ha portato tutto ciò che poteva capitare ad uno yuppie rampante: responsabilità, riunioni infinite, duelli al cellulare che prendono il posto di quelli all'arma bianca; con le conseguenze intuibili in un film per famiglie: ha trascurato i due figli Jack e Wendy, che ora, sopratutto il primo, lo detestano.
Ma il richiamo all'avventura si sa è difficile da resistere: durante una visita a Londra da nonna Wendy (Maggie Smith), ossia l'ex infatuata del perenne ragazzino oramai divenuta una nonnina, il capitano Giacomo Uncino (Dustin Hoffman) torna all'arrembaggio e rapisce i due pargoli. Catapultatosi sull'Isola che Non C'è grazie all'aiuto di Trilli (Julia Roberts), Peter ha 3 giorni di tempo per rimettersi in forma e dare ad Uncino ciò che vuole: uno scontro finale tra la ciurma dei pirati ed i Bimbi Sperduti.
La "morale" di Spielberg è chiara e semplice: crescere è brutto, bisogna cercare di restare bambini in eterno. Non rimanere giovani nell'anima, ma proprio infantili, non spegnere quel fanciullino interiore che anima la nostra fantasia e la nostra innata felicità. Più o meno come la storia originale insegnava; se non fosse che da questa, Spielberg purga ogni riferimento cupo alle implicazioni di un'infanzia eterna e tutta la fascinazione per la crescita: il suo è un manicheismo puro, il parto della mente di un immaturo più che di quella di un adulto che comprende l'importanza dell'infanzia. Di fatto, l'esaltazione cieca di quei valori bambineschi porta spesso a tragedie incredibili e persone adulte che si comportano in modo irresponsabile per appagare i propri umori sono veri e propri mostri nella realtà (ed in Italia ne dovremmo sapere qualcosa), ma Spielberg decide lo stesso di ignorare bellamente ogni eventuale conseguenza negativa per perdersi amorevolmente in un gioco cinematografico volto unicamente a divertire, senza dover infastidire lo spettatore con pensieri di sorta. Al punto che persino la "dimenticanza" causata dall'Isola che Non C'è viene ai personaggi, conseguenza negativa della permanenza nel mondo fatato, appunto, dimenticata per strada sul piano narrativo, per trasformarsi nella mera esaltazione dell'importanza del nucleo familiare, luogo che qui torna a dipingere come puro ed essenziale.
E' facile comunque intuire come lo script originale di Nick Castle (che con il suo "Il Ragazzo che Sapeva Volare" aveva creato, appena cinque anni prima, una favola sull'infanzia di ben altra caratura e spessore) avrebbe dovuto sviluppare storia e personaggi in modo differente; le riscritture ordinate hanno appiattito tutti gli spunti vagamente adulti per dare a Spielberg ciò che voleva.
Il suo controllo sulla messa in scena è però impeccabile, come al solito: le gag sono gustose ed eseguite a regola d'arte, con un ritmo ed una tempistica comica da manuale; il cast è perfettamente in parte ed affiatatissimo: Robin Williams è scatenato, Julia Roberts è una Campanellino che da ninfetta si fa donna sexy ed incredibilmente attraente; ma il ruolo dei leoni lo fanno al solito i cattivi: Dustin Hoffman e Bob Hoskins sono straordinari nei panni dei lunatici Uncino e Spugna, creando due performance dall'alchimia insuperabile (e un plauso andrebbe fatto anche all'ottimo doppiaggio italiano). Da antologia è anche il curioso cameo "fantasma" di Glenn Close, che appare nei panni dello sfortunato pirata messo "alla bomboniera", tocco di cinema squisitamente autoriale all'interno di un luna park impazzito.
Perché di luna park pur sempre si tratta; non per nulla, le magnificenti scenografie sembrano proprio quelle di un parco a tema nel quale ci si perde per la durata dell'avventura, dove ci si diverte e si scherza se si sta al gioco; nonostante qualche caduta di stile, come l'inutile introduzione del personaggio di Rufio, rivale inesistente per un eroe il cui trionfo è scritto sin dall'inizio. E purché non si pretenda una vera morale paterna che si affianchi a quella sull'esaltazione della gioventù: il tema della paternità è ridotto a puro zimbello da ridurre a brandelli dinanzi alle esigenze dei piccoli, che hanno sempre e comunque ragione.
Tant'è che "Hook" è, in sé, un film perfettamente riuscito: un'attrazione per bambini, per farli emozionare con toni e temi ai loro occhi edificanti. Ma che risulta essere raccapricciante per un adulto conscio di come la spensieratezza di un "Paese dei Balocchi" privo di freni possa essere deleteria. E forse Spielberg avrebbe dovuto leggere meno Barrie e più Collodi per avere una formazione da vero adulto aperto alle esigenze degli infanti.
Sono sostanzialmente d'accordo con te. Una buona idea sfruttata in modo pessimo. Mi ricordo che da bambino lo trovavo abbastanza noioso.
RispondiEliminal'attore che interpreta Rufio si troverà qualche anno dopo a interpretare Bart nel live action pezzente americano di Ken il guerriero. Anche li finirà ucciso in modo indecoroso dal nemico, si vede che le morti da fesso sono la sua specialità.
Io invece da piccolo lo adoravo, ma è normale. Dante Basco è uno specialista in ruoli inutili, un pò mi spiace per lui. E poi non farmi pensare al film dal vivo di Ken, ti prego.
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