giovedì 9 novembre 2017

Adele H., una storia d'amore

L'Histoire de Adéle H.

di François Truffaut.

con: Isabelle Adjani, Bruce Robinson, Sylvia Marriott, Joseph Blatchley, Cecil De Sausmarez, Ruben Dorey.

Drammatico/Biografico

Francia 1975















Nel 1955, quasi a spuntar fuori dal nulla, vengono ritrovati i diari di Adele Hugo, quintogenita di Victor Hugo, vissuta tra il 1830 ed il 1915, la cui vita ed opera fu letteralmente oscurata dalla notorietà della figura paterna e segnata indelebilmente da una storia d'amore che ne corrose la psiche, costringendola a vivere per oltre quarant'anni, sino alla sua morte, in un ospedale psichiatrico.
François Truffaut si avvicina a tali scritti con il suo solito piglio da bibliofilo, ispirato questa volta dall'incontro con una musa, quella Isabelle Adjani che negli anni '70 divenne il nuovo volto della bellezza d'Oltralpe, con il suo volto angelico e delicato, lo sguardo profondo ed un corpo minuto ma attraente, come quello di una ragazzina.
La storia di Adele colpisce a tal punto il grande autore da decidere di dedicarle un lungometraggio che non fosse la trasposizione letterale delle sue memorie, tantomeno un'opera anticonvenzionale e spiazzante come "Jules & Jim", nonostante le tematiche comuni.
"L'Histoire di Adele H." è, altresì, un melodramma tout court, dove Truffaut sovverte alcuni dei tropoi del suo cinema pur restando fortemente ancorato alla biografia della sua protagonista, romanzando poco o nulla, senza cercare di dare alla sua vicenda un significato ulteriore o più ampio; tutto quello che viene mostrato, pur nei limiti delle possibilità date dalla messa in scena filmica, è realmente accaduto; e la storia della sfortunata Adele, su schermo, diviene così un melò vibrante, secco e privo di fronzoli, con il quale Truffaut riesce a dare perfetto corpo alla follia d'amore.




1863. Adele Hugo, sotto il falso nome di Miss Lewly, fugge dall'isola di Guernsey, ove gli Hugo sono stati esiliati da Napoleone III, per raggiungere ad Halifax, nella Nuova Scozia, l'ufficiale britannico Albert Pinson (Bruce Robinson, già attore per Zeffirelli nel successo "Romeo & Giulietta" e poi autore del cult "Shakespeare a Colazione"), con il quale aveva avuto qualche anno prima una brave ma appassionata storia d'amore. Lentamente, Adele scivolerà verso la follia, realizzando, un pò per volta, come Albert non sia l'amante affettuoso che lei immaginava.




L'attrazione amorosa è ossessione; la conquista dell'amato, il coronamento del sogno d'amore, è scopo perseguito con voracità da Adele. Lei, prima donna nel cinema di Truffaut ad essere veramente fragile, ancora più delle protagoniste di "Le Due Inglesi"; e proprio come in quest'ultimo melodramma, anche qui l'inversione caratteriale tra uomo e donna è predominante. Albert è un viveur, un uomo sicuramente affascinante, ma dal carattere scostante, praticamente cattivo; un uomo che non si cura dei sentimenti altrui, di certo non di quelli di Adele, che per lei è stato primo ed unico amore; un uomo che non conosce né la fedeltà, tantomeno il sentimento, consumando l'atto amoroso come puro atto fisico, quando non come mezzo per la scalata sociale.



Albert, l'oggetto ed oggettificatore, contrapposto ad Adele, donna che sin dall'inizio è in preda ad una forte crisi, non solo sentimentale, ma anche identitaria. Adele che ripudia il nome del padre, figura ingombrante ma necessaria al proprio sostentamento economico; e che, ancora di più, soffre per la perdita dell'amata sorella Leopoldine, le cui immagini della morte la perseguitano in sogno. Una donna-ragazza che vive nella menzogna, ricostruendo la propria identità, il proprio passato e la propria storia di volta in volta, a seconda di chi la ascolta, per celare la furia del proprio sentimento prima ancora che il suo nome.
Sentimento che si esplica solo innanzi all'oggetto del desiderio, qundo lo incontra di persona, o quando, dinanzi ad un altarino ad egli dedicato, come quello di Antoine Doinel per Balzàc, prega l'amato per ottenerne le attenzioni, come se fosse una divinità, in un'inversione, ancora una volta, di quell' "Amor Cortese" medioevale, prima testimonianza della subordinazione tra soggetti nel rapporto di coppia.
Amore per il cui raggiungimento è disposta a mentire al mondo intero, prima ancora che al proprio genitore: la notizia delle nozze, che mette in imbarazzo l'ufficiale, la falsa gravidanza usata per cacciarlo dalla casa della spasimante, le storie sulla loro infanzia e sul loro rapporto, create ad hoc solo per giustificare la sua presenza in Canada.
Ma la menzogna, pur ripetuta un milione di volte, non riesce mai a divenire realtà; e quel sentimento incontenibile finirà per consumarla nel corpo e nella mente.




La voracità dell'amore viene sottolineata da Truffaut magnificamente, dapprima grazie alla performance empatica della Adjani, poi per il tramite degli "episodi" che costruiscono la narrazione e, ancora più, con un'immagine simbolica, anch'essa tratta dalle memorie della Hugo: su di uno scoglio nella sua isola di residenza, Adele giura di varcare l'oceano pur di inseguire l'amore, di compiere un gesto estremo per il proprio sentimento, prova della sua determinazione e dell'insostenibilità dello stesso. Immagine usata in due contesti diversi: a metà film circa, quando l'amore per Albert sembra essere ormai perduto; e nell'epilogo, dove assume il significato di inno alla genuinità del personaggio e dei suoi sentimenti, in cui l'associazione tra questi e l'immagine del mare quasi in tempesta cela forse echi bronthaini.



Ma un amore così fiero e puro, qualora non corrisposto, non può che portare alla degenerazione.
Per prima cosa, Adele perde la dignità, affermando di essere disposta a sopportare i tradimenti di Albert, arrivando persino a regalargli una notte con una prostituta in segno d'affetto.
Da qui comincia la discesa nella spirale della follia, della perdita del senno causata dal rigetto e dall'incapacità di assimilare lo stesso (tant'è che ella stessa non si accorge delle attenzioni del timido libraio); una follia che porta ad una forma di violenza contro la società patriarcale, nell'affermazione, purtroppo vana, di una dignità alla figura femminile in un mondo dove il femminismo è pressocché ancora sconosciuto; per poi giungere ad una forma distorta di violenza contro di sè, con le immagini della morte della sorella che da ossessione si fanno desiderio di morte.



Fino ad arrivare alla totale perdita di ogni forma di decenza: caduta definitivamente in disgrazia, ignorata e schernita dal suo amore, Adele si ritrova a vagare per le Barbados con le vesti lacere, il fantasma della donna innamorata ed appassionata che fu, la cui identità è distrutta, il cui spirito è a pezzi al pari della sua mente. non c'è redenzione per Adele, che passerà i restanti anni della sua vita in un sanatorio, dedicandosi a piccoli lavori mondani, lontana dalle lettere e dall'amore; e che morirà nell'anonimato, mentre nel mondo infuria la Grande Guerra.
La dignità le viene restituita, semmai, proprio tramite la narrazione del suo dramma: laddove non c'è catarsi per il personaggio, per la persona, d'altro canto, uno spiraglio postumo di affetto viene dato dall'empatia dello spettatore, impossibile da non provare dinanzi a quelle immagini così drammatiche, così disperate, eppure mai ricattatorie, sempre ancorate ad una forma di dignità drammaturgica che le rende, di conseguenza, semplicemente eccelse.



Empatia provati prima di tutto dallo stesso Truffaut, il quale trova un registro inedito nel suo cinema abbandonando quella leggerezza che ha da sempre contraddistinto i suoi drammi. Il tono, qui, è introspettivo, serio, a tratti decisamente disperato. Posto in prospettiva, "L'Histoire de Adele H." diviene il primo capitolo di un'ideale trilogia, proseguita con "L'Uomo che amava le donne" e "La Camera Verde", in cui Truffaut riflette in modo meno pacato e più malinconico sul sentimento amoroso, ridando un nuovo slancio al suo cinema.




Un primo passo che è già compimento; secco, commovente, mai tedioso o spocchioso, "L'Histoire de Adele H." è un dramma dinanzi alla cui storia ed immagini è impossibili restare impassibili, un'ennesima vetta raggiunta da un autore sensibile come pochi altri.




EXTRA

In uno dei camei più belli della Storia del Cinema, Truffaut appare nel film come un soldato dello stesso reggimento di Albert; per strada, Adele lo scambia per l'amato e lo rincorre per scoprirne suo malgrado l'identità; i due, tuttavia, si scambiano un lungo sguardo: l'autore fissa la sua musa che è anche la sua opera, mentre si trova all'interno dell'opera stessa.


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