lunedì 8 ottobre 2018

La Ballata di Cable Hogue

The Ballad of Cable Hogue

di Sam Peckinpah.

con: Jason Robards, Stella Stevens, David Warner, Strother Martin, Slim Pickens, L.Q. Jones, R.G.Armstrong, Peter Whitney, Kathleen Freeman.

Western/Commedia

Usa 1970














Un passato ricco di valori e di fascino viene distrutto da una modernità meccanica e fredda. Un assunto che si potrebbe definire abusato nel cinema di Sam Peckinpah, sopratutto dopo aver visto il capolavoro "Il Mucchio Selvaggio", primo apice della sua poetica. Ma la grandezza di un autore si misura anche nel modo in cui riesce a declinare le proprie tematiche in modo differente nel corso degli anni. E con "Cable Hogue" Peckinpah firma, appena un anno dopo il massacro di Pike Bishop e compagni, un ideale "visione alternativa" della fine del Selvaggio West, strutturandola questa volta come una commedia dai toni leggeri e brillanti e firmando l'ennesima prova riuscita nella sua straordinaria filmografia.



Nel deserto sconfinato, un uomo, Cable Hogue (uno straordinario Jason Robards) viene derubato ed abbandonato dai due compagni di avventura; dopo aver vagato per giorni, si imbatte per caso in una sorgente sotterranea, che scorre proprio in mezzo a due città; fiutata la possibilità di guadagno, Cable decide di aprire nel sito una stazione di servizio per viandanti; nella sua attività produttivo sarà aiutato dalla bellissima prostituta Hildy (Stella Stevens) e dallo stralunato predicatore arrapato Joshua (David Warner).



Cable è il più classico antieroe di Peckinpah, un emarginato che decide volontariamente di allontanarsi dalla società per ritagliarsi una fetta di vita nel deserto; un ex pistolero che ormai appende il revolver al chiodo per dedicarsi ad altro, a trovare un senso nella sua vita che non sia dato dalla violenza.
Violenza che per praticamente tutto il film viene bandita; al suo posto, un'ironia pungente, da commedia brillante, con i personaggi che si rincorrono e fuggono come cartoni animati e si scambiano battute pungenti.




Ma sotto la coltre delle risate, Peckinpah cela sempre uno sguardo malinconico verso quel mondo tanto amato, facendo confluire anche qui tutti i temi a lui più cari. Torna l'amicizia virile, quella tra Cable e l'improbabile pastore Joshua, la cui passione per le forme femminili lo porta sovente a cacciarsi nei guai; mentre per la prima volta, il grande autore riflette sul rapporto uomo-donna, ritraendo il sesso come puro momento di intimità, ideale luogo di incontro in cui i due compagni riescono a creare una comunione fisica così come spirituale.
Al contempo, Peckinpah decostruisce il western classico facendo compiere al suo personaggio un percorso di redenzione che lo allontana dai propositi violenti; la vendetta, giurata ad inizio film, viene messa da parte quando arriva il momento di riscuoterla; al suo posto c'è lo spazio per il perdono, la riappacificazione cristiana con quei peccatori il cui male è paradossalmente viatico per la realizzazione personale.




Non manca la critica alla grettitudine moderna, alla mostruoisità della legge del profitto; sebbene Cable viva il sogno americano, Peckinaph è anche qui cosciente degli orrori che si celano sotto il meccanismo del guadagno; basti vedere la scena in cui il nostro protagonista entra in banca per avere un prestito e, in assenza di garanzie economiche, chiede al banchiere "Allora quanto valgo io?". Tant'è che a distruggere questo scanzonato e gioviale uomo del vecchio west è l'automobile, il simbolo della modernità e dello stesso capitalismo che ha riplasmato tutta l'America.




Peckinpah, in sostanza, continua a declinare la sua poetica, ma lo fa in modo diverso, ristrutturando la struttura del western classico ed allontanandosi da quello crepuscolare per trovare un registro altro, più intimista e gioioso, ma espressivo tanto quanto quello dei suoi migliori lavori.

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