sabato 1 giugno 2019

Godzilla II - King of the Monsters

Godzilla - King of the Monsters

di Michael Dougherty.

con: Vera Farmiga, Kyle Chandler, Millie Bobby Brown, Ken Watanabe, Ziyi Zhang, Sally Hawkins, Charles Dance, Bradley Whitford.

Catastrofico/Fantastico

Usa, Giappone 2019













Quando nel 2014 il "Godzilla" di Gareth Edwards invase i cinema di tutto il mondo, gli spettatori si ritrovarono davanti ad uno spettacolo a dir poco deludente: il secondo tentativo di americanizzare l'icona pop nipponica per antonomasia era, a conti fatti, un film pretenzioso, che metteva totalmente sullo sfondo il godzillosauro del titolo per appiattirsi su tutti gli stereotipi del cinema catastrofico made in Usa, con personaggi monodimensionali, situazioni improbabili ed un grado di spettacolarità che non riusciva davvero mai a stupire, proprio come avveniva, in un certo senso, con il "Godzilla" di Roland Emmerich due decenni prima. Ma il successo di quella seconda versione made in Usa del lucertolone di Ishiro Honda fu immane, anche presso la critica, tanto che la Toho decise di riappropriarsi del personaggio con il più riuscito e interessante "Shin Godzilla" del 2016.
Un'incarnazione, quella americana, in grado di raccogliere oltre cinquecento milioni di dollari in tutto il mondo; il franchise su di un "Godzilla" a stelle e strisce vide così la luce, ma il primo passo per questa nuova serie è stato in realtà quel "Kong: Skull Island", sequel indiretto del "King Kong" di Peter Jackson che avrebbe fatto da viatico per il prossimo "Godzilla vs. Kong" atteso per il 2020; e prima del quale si pone questo "King of the Monsters", sequel diretto dell'exploit di Edwards che riunisce il Re dei Mostri con i suoi colleghi kaiju più noti, ossia Mothra, Rodan e sopratutto la sua nemesi naturale, il drago a tre teste King Ghidorah.
Messo in cabina il Michael Dougherty già autore dei simpatici "Krampus" e "Trick r' Treat", "Godzilla II" si caratterizza come un kolossal a dir poco spettacolare, in grado di tenere incollato alla poltrona anche lo spettatore più smaliziato... purché si accettino le premesse a dir poco bislacche della storia.




Messo da parte lo stile para-documentristico con cui Edwards guardava i suoi kaiju, Dougherty riprende la forma del dramma familiare a lui cara, usandola come punto di partenza per dare il via al combattimento tra titani; dopo gli eventi del primo film, la dottoressa Emma Russell (Vera Farmiga), che nell'attacco dei Muto ha perso un figlio, crea un marchingegno in grado di comunicare con i mostri, essenziale poiché nel mondo ne vengono ritrovati circa 17 in stato di sonno criogenico. Tuttavia, un gruppo di eco-terroristi guidati da Jonah Alan (Charles Dance) rapisce lei e sua figlia Madison (la divetta Millie Bobby Brown, al suo primo ruolo su grande schermo); toccherà all'ex marito e scienziato Mark (Kyle Chandler), assieme al dottor Serizawa (Ken Watanabe), mettersi alla loro ricerca, mentre questi sembrano voler risvegliare tutti i mostri.



Una storia che è puro pretesto, che porta in scena un conflitto ridicolo, quello tra i terroristi che vorrebbero far estinguere la razza umana per poter salvare il pianeta (?!?!?) ed un gruppo di scienziati decisamente più saggio, che opta per una coesistenza tra uomini e mostri, dove questi ultimi, come nei film precedenti, sono i guardiani dell'ecosistema. Conflitto usato come mero espediente per portare in scena personaggi e kaiju decisamente più simpatici; laddove gli umani sono quel gruppo familiare scoppiato che, nell'affrontare la tragedia, si ricompatta (riportando alla mente il ben più riuscito "The Host" di Bong Joon-Ho, ma anche il "Krampus" dello stesso Dougherty), i kaiju sono creature terrestri che si scontrano con un invasore, Ghidorah, le cui origini aliene vengono riprese dai vecchi film e perfettamente implementate in un universo dove tutti i titani sono antichi miti risvegliatisi.
Proprio la mitologia alla base di questo "Monsterverse" è l'aspetto più riuscito della storia, divenendo parte essenziale del racconto e base per la risoluzione; anche quando Dougherty decide di calcare la mano, inserendo dei simbolismi cristologici francamente risibili.


Quello che conta, alla fine, è lo spettacolo. Se il "Godzilla" di Edwards moriva per difetto, centellinando le apparizioni dei mostri in una sorta di coito interrotto perenne, "King of the Monsters" arriva quasi alla sovraesposizione, lasciando spesso e volentieri la scena ai mostroni, con risultati efficaci: si è davvero rapiti dalle immagini dei combattimenti apocalittici, dalla distruzione, gratuita ma incontrovertibilmente divertente, di città e veicoli, nonché dalla varietà delle creature, tutte classici della Toho con oltre quarant'anni di carriera sulle spalle, ma che mai come ora bucano lo schermo. E Dougherty riesce anche a caratterizzare esteticamente le singole scene di lotta appaiando ad ogni creatura un cromatismo particolare, in un tripudio visivo quasi pari a quello del "Pacific Rim" di Del Toro.


Tutto sommato, vale la pena fare un giro su questo nuovo ottovolante del Re dei Mostri: spettacolo e divertimento sono garantiti e anche quando la sospensione dell'incredulità crolla, non si scade mai nell'idiota; il rispetto verso il pubblico c'è sempre e, al di là di luci e colori, è forse proprio questo uno dei maggiori pregi di "King of the Monsters".

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