di Simon Kinberg.
con: Sophie Turner, James McAvoy, Jessica Chastain, Jennifer Lawrence, Michasel Fassbender, Tye Sheridan, Nicholas Hoult, Alexandra Shipp, Evan Peters, Kodi Smit-McPhee.
Supereroistico/Azione/Fantastico
Usa 2019
Diciannove anni dopo il primo "X-Men", con sette capitoli ufficiali e cinque spin-off (tre su Wolverine, due su Deadpool) ed un nuovo film, "New Mutants", finito per il momento nel limbo distributivo, arriva il tempo della pensione per gli Uomini X della Fox. L'acquisizione da parte della Disney porterà ad uno scontato reboot per inserire i personaggi nel MCU e delle loro prime, imperfette ma tutto sommato divertenti, incarnazioni non resterà che il ricordo. Eppure, tutti i fan dei comic movie devono davvero molto a questa serie, che con il suo primo capitolo ha decretato l'inizio della golden age dei supereroi al cinema, spianando la strada per tutti gli adattamenti successivi.
Non è un caso che a dirigere quest'ultima incarnazione ci sia quel Simon Kinberg responsabile di tutti i progetti post "X-Men- L'Inizio" (e in parte anche di "Conflitto Finale") dei mutanti creati da Stan Lee e Jack Kirby, qui al suo esordio dietro la macchina da presa. Un esordio accolto freddamente e sicuramente meno riuscito rispetto ai migliori exploit della saga; ma, alla fin fine, "Dark Phoenix" è davvero il disastro che in molti credono?
Alla base della storia troviamo quella "saga della Fenice Nera" di Chris Claremont già portata malamente su schermo in "Conflitto Finale", questa volta adattata in modo più fedele alla controparte cartacea. Ambientata nel 1992 (ossia l'anno di grazia in cui gli X-Men hanno conosciuto il primo grande successo transmediale con il cartoon "Uncanny X-Men"), questa nuova incarnazione del celebre ciclo vede Jean Gray fondersi con un'ancestrale forza cosmica, forse responsabile addirittura del Big Bang, e affrontare successivamente i suoi demoni personali. Laddove in "Conflitto Finale" la Fenice era semplice supervillain da sconfiggere, qui troviamo una Jean Gray più complessa, onnipotente e al contempo fragile, chiamata ad essere sia l'eroina che l'antagonista della propria storia, anche se non in modo principale.
Lo script imbastito dal solo Kinberg è compatto, ma spesso claudicante. Primo su tutti, non regge l'inclusione di forze extraterrestri, venute fuori letteralmente dal nulla: messi da parte gli Shi' ar, vengono introdotti i mutaforma D'Bari (inutile sottolineare la ridicola assonanza che il nome trova nella lingua italiana) i quali atterrano di punto in bianco sulla Terra solo per essere i cattivi principali della vicenda, antagonisti privi di ogni minima caratterizzazione che non sia quella del villain di turno.
Script che non riesce nemmeno a far convivere il gran numero di personaggi introdotti: anche Magneto diviene un mero antagonista, Nightcrawler ha un arco caratteriale gettato a caso, Ciclope resta bene o male sempre sullo sfondo degli eventi mentre Quicksilver viene letteralmente riposto nell'armadio a metà film.
La stessa storia non ha le ambizioni epiche di "Giorni di un Futuro Passato" o di "Apocalisse", caratterizzandosi come più piccola, quasi timida nel riscalare ogni singolo evento ad una dimensione inferiore. E dulcis in fundo, non mancano dialoghi scontati, con esclamazioni tipo "E' il tuo destino!" o riferimenti neo-femministi che lasciano il tempo che trovano.
Sceneggiatura che trova poi una messa in scena di stampo televisivo, tutta basata sui primi piani alternati nei dialoghi, colpa della poca esperienza di Kinberg come regista.
Tanto basterebbe a decretare la cattiva riuscita di un film a cui, tra l'altro, nessuno teneva, vista la pessima tempistica che lo ha visto distribuire all'indomani dell'acquisizione da parte della casa di Topolino. E ben si potrebbero accettare quelle critiche che lo hanno visto paragonato addirittura a quel macello che fu il "Fantastic Four" di Josh Trank, anch'esso "commesso" da Kinberg. Eppure, per una strana ed inspiegabile alchimia, "Dark Phoenix" riesce a funzionare, pur al netto di difetti che cui è impossibile soprassedere.
Il ritmo lento ed il tono quasi intimista consentono davvero di entrare nella psiche della protagonista, di lasciarsi coinvolgere in un dramma visto e rivisto quanto si vuole, eppure portato in scena con passione. La trama esile e scontata non cade mai nello stupido o nel ridicolo involontario (cosa che invece accadeva con "Conflitto Finale" e "Apocalisse"). Riuscito è anche l'arco caratteriale dato a molti personaggi, tra i quali Xavier e Bestia, che divengono più che semplici "Buoni" all'interno di una storia che vorrebbe rendere la distinzioni tra eroi e malvagi fluida, a tratti riuscendoci per davvero.
Ed è forse proprio il tono mesto e contenuto, in ultima analisi, a rendere digeribile la storia; oltre al lavoro degli attori, tutti in parte, persino Sophie Turner, che di certo non ha mai brillato per doti che vadano al di là della sua bellezza.
Il primo viaggio filmico degli X-Men si chiude così in tono minore, con un sussulto anzicchè con un boato, in una pellicola dalla scarsa ambizione eppure più riuscita di quanto si voglia ammettere.
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