con: Ezra Godden, Francisco Rabal, Raquel Meroño, Macarena Gòmez, Brendan Price, Birgit Bofarull, Alfredo Villa.
Horror
Spagna 2001
H.P. Lovecraft era razzista. Non esiste modo migliore per dirlo, visto che il suo convincimento non era dovuto a fattori esclusivamente esogeni (ossia i comuni pregiudizi che affliggevano il pensiero comune dei primi anni del XX secolo), quanto ad un forte convincimento di appartenere alla tristemente famosa "razza ariana". Nelle sue lettere personali si legge il suo aperto disgusto verso gli immigrati e la speranza che l'azione di uomini quali Adolf Hitler possa portare ad una "igienizzazione" della società, incrostata dalla bassezza genetico-culturale delle razze impure. Certo, c'è anche da dire che la sua unica compagna Sonia Greene fosse ebrea e che il suo migliore amico, Robert E.Howard, fosse di ataviche origini scozzesi, ossia di quel ceppo celtico che Lovecraft bollava come "popolo incapace di governarsi".
Incongruenze a parte. come si rispecchia questo suo pregiudizio nella sua opera?
E' innanzitutto superficiale affermare come solo un aperto xenofobo avrebbe potuto dar forma in modo così efficace all'orrore dell'ignoto, di quelle forze invisibili all'occhio che cospirano contro l'essere umano per distruggerlo prima sul piano mentale, poi su quello fisico.
Una forma diretta di pregiudizio razziale può in realtà essere notata solo in pochissime opere del grande scrittore, su tutte il racconto "L'Abbraccio di Medusa" del 1929, dove il colpo di scena finale consiste, letteralmente, nel rivelare al lettore come la mostruosa donna che perseguita il protagonista fosse di discendenze africane.
Eppure, una forma di influenza diretta è anche avvertibile in uno dei suoi racconti più celebri, anche se in modo non tanto esplicito. Ne "La Maschera di Innsmouth" del 1931, il protagonista, dopo una rocambolesca fuga e lo sconvolgente incontro con la progenie terrestre di uno dei grandi antichi, scopre di essere anch'egli discendente di questa mostruosa razza ibrida, con suo sommo sconvolgimento.
Storia che probabilmente lo scrittore di Providence ha basato su di un'esperienza del tutto personale: ad un certo punto nella sua vita, ha scoperto come la sua pura discendenza ariana fosse in realtà "sporcata" da una linea di sangue di origine gallese, ossia celtica, rendendo imperfetta la sua presunta superiorità razziale.
Come al solito, spetti al singolo lettore il giudizio sulla mentalità dell'autore. Ciò che importa, ad ogni modo, è, al solito, l'incredibile efficacia con cui sia riuscito a comunicare il senso di angoscia e shock dovuto alla scoperta dell'alienità del proprio corpo, non tanto adoperando il classico ricorso ad immagini da body horror, quanto facendo leva sulla bizzarria di eventi e situazioni, creando una delle sue opere più forti ed emblematiche.
Stuart Gordon forse non poteva esimersi dal confrontarsi con il mito di Chtulu e sulla serie di racconti dedicati da Lovecraft all'orrore cosmico, vero e proprio cuore pulsante della sua produzione il quale, tuttavia, mal si presta alla rappresentazione filmica: la forma di tali orrori viene sempre celata, mai descritta se non per sommi capi, creando un'aura di suspanse in grado di attanagliare in modo efficace il lettore, lasciando i particolare più truci alla sua immaginazione.
Eppure, nel 2001, l'autore americano si ritrova in Spagna, dove assieme all'amico e collega Brian Yuzna ha avviato una collaborazione con il produttore Carlos Fernàdez (che con Yuzna realizzerà il terzo capitolo di "Re-Animator"), che prende le forme di "Dagon", adattamento de "La Maschera di Innsmouth" che riprende il titolo dal racconto omonimo del 1917 e che si configura come una trasposizione imperfetta ma convincente.
La storia prende le mosse dal ritorno del giovane Paul (Ezra Godden) nella natia Spagna, assieme ad un gruppo di amici. A seguito di un naufragio, il giovane è costretto a rifugiarsi in un piccolissimo villaggio di pescatori, il quale nasconde uno sconvolgente segreto.
L'orrore non si cela più tra gli anfratti della modernità: dallo stato di New York, gli adoratori del Male ora sono confinati ad una remota porzione di costa europea, il che rende il tutto più alienante e, paradossalmente, ben rappresenta le istanze xenofobe lovecraftiane. Il racconto riesce ad essere naturalmente claustrofobico, sensazione ben sottolineata da Gordon grazie all'uso di inquadrature strette, con i personaggi persi nei contorni di un ambiente cupo e ostile.
Le scenografie in tal senso ben riescono a comunicare la desolazione del luogo e l'ottimo make-up delle creature riesce davvero ad incutere un senso di sottile malessere ai personaggi.
Molto meno impressionante è la CGI, già scadente per l'epoca, oggi praticamente inguardabile, per fortuna confinata a giusto un pugno di inquadrature.
Gordon riesce a trasmettere l'urgenza del pericolo in modo impeccabile: la suspense del lungo inseguimento e lo shock trasmesso dallo splatter, relegato per lo più alla scena dello spellamento, riescono a tenere incollati alla poltrona. Il tema della mutazione viene cucito addosso soprattutto al personaggio di Uxia, splendida sirena dagli occhi incantevoli, resa rivoltante dai tentacoli che le escono dal basso corpo, ibrido di sessualità e mostruosità perfettamente riuscito.
Il personaggio di Paul è invece volutamente piatto, ricalcato in parte sull'archetipo lovecraftiano dell'uomo comune che cerca di razionalizzare invano gli eventi, funge anche da alleggerimento della tensione grazie all'uso di one-line comiche, le quali però lasciano il tempo che trovano in una storia che per riuscire necessita di essere presa sempre sul serio.
In generale, il baso budget riesce a non intaccare la visione, la mano di Gordon resta salda per tutta la durata e, dulcis in fundo, regala anche l'ultima performance del compianto Francisco Rabal, grandissimo caratterista che ha collaborato, tra gli altri, con Bunuel e Antonioni e che qui si risplende nel ruolo di Ezechiel, rendendo questo adattamento, già di per sé buono, ancora più prezioso.
sembra molto interessante
RispondiEliminaio avevo sempre inteso il racconto non come la scoperta di origini sporche ma invece come il richiamo delle origini ancestrali sulla ragione, cosa che cmq gli permette di ampliare gli orizzonti in sicurezza e non finisce pazzo/morto come la maggior parte dei personaggi lovecraftiani
E' una lettura interessante, forse anche voluta dall'autore, da sempre impaurito dalla perdita della ragione ;)
Elimina