con: Daniel Craig, Léa Seydoux, Rami Malek, Lashana Lynch, Jeffrey Wright,Ana De Armas, Ben Whishaw, Naomie Harris, Ralph Fienness, Christoph Waltz, Rory Kinnear, Billy Magnussen, David Dencik, Dani Benssalah.
Azione
Inghilterra, Usa 2021
---CONTIENE SPOILER---
Che sia davvero la fine di un'era? Dopo 59 anni di (quasi sempre) onorato servizio, 007 si ritira dalle scene? Non per nulla, se è vero che è "no time to die" sin dal titolo, le splendide note di Louis Armstrong ci ricordano come "we have all the time in the world", quindi forse è davvero ora per James Bond di morire.
Anche perché, forse, non c'è posto per lui, tombeur des femmes elegante, amante dei cocktail fortemente alcolici, delle auto veloci e con uno spiccato senso della violenza in un mondo dove tutto deve essere politicamente corretto, l'eroe maschile non deve essere troppo mascolino mentre la donna non deve essere femminile. Tant'è che lo stesso Cary Fuakanaga ha ammesso come il Bond originario, quello di Sean Connery, oggi sarebbe percepito come un maniaco sessuale. Ma se è davvero ora di farla finita, che lo si faccia per bene e "No Time to Die", bene o male, mantiene tutte le promesse.
Dopo gli eventi di "Spectre", Bond (Craig) si gode una suite materana con la bellissima Madeleine (Léa Seydoux), ma in cuor suo ha ancora il fardello della morte di Vesper Lynd. Un nuovo attentato da parte della Spectre lo convince del fatto che la bella francese sia in realtà una spia e decide quindi di abbandonarla.
Cinque anni dopo, ritroviamo la superspia in Giamaica, oramai in pensione dal MI6. Ma l'incontro con l'amico e collega Felix Leiter (Jeffrey Wright) lo forza a rimettersi in pista, sulle tracce di un'arma biologica sviluppata dal governo inglese e caduta nelle mani dell'organizzazione criminale arcinemica. Il che è giusto il prologo di un'intricata serie di eventi che lo porteranno a confrontarsi con il suo credo ed il suo lascito.
Il Bond dell'era Craig è sempre stato costruito su una dicotomia interessante e azzeccata. Da un lato c'è il suo aspetto, quel volto freddo dai lineamenti forti, più simile ad un villain che ad un eroe, innestato su di un fisico da macho hollywoodiano piuttosto che su quello, più sensuale, solitamente attribuito a 007. Dall'altro c'è la sua caratterizzazione, quella di un agente acerbo (inizialmente), fallibile e soprattutto sensibile, che si innamora perdutamente della prima Bond Girl (la seconda, se si conta la scappatella con Caterina Murino) e che ora è perseguitato dal suo fantasma, da una storia che sembra ripetersi. Perchè Bond è già stato innamorato, in un altro tempo e in un altro luogo, prima ancora che con Vesper, con la bellissima Tracy della compianta Diana Rigg in "Al Servizio Segreto di Sua Maestà", l'exploit boindiano più sottovalutato e che solo negli ultimi anni sta ricevendo le attenzioni e gli elogi che merita.
Il Bond di Lazenby non aveva certamente il fascino magnetico di quello di Connery, quindi anche nello script si faceva leva sul suo lato più umano, presentando per la prima volta uno 007 in grado di fallire e, soprattutto, malinconico. C'era una malinconia costante in quel bellissimo esperimento d'antan, che Fukanaga e gli sceneggiatori decidono di riprendere e applicare al Bond di Craig. Bond è ora un eroe scottato dall'amore, in lutto sia per Vesper che per Madeline, in cui rapporto è stato troncato proprio prima di diventare come quello visto nell'ultimo atto di "Casino Royale". Da qui deriva un Bond anche più emotivo, che cerca di strozzare il fratellastro Blofeld alla sua confessione e che è chiamato più volte a confrontarsi con i propri limiti.
Se da un lato l'eroe è ora quanto mai umano (pur sempre nei limiti di quanto sia possibile renderlo tale in una storia comunque action), le Bond Girl sono ora sue figure speculari. Se la Madeline della Seydoux è la sua umanità perduta, è anche il personaggio più piatto. Decisamaente più interessante la Paloma della bellissima Ana De Armas, superspia acerba, insicura ma del tutto in grado di risolvere la situazione e ammantata in un humor naif irresistibile. La 007 di Lashana Lynch è quasi la mascolinità perduta di Bond (e il fatto che sia interpretata da un donna con un fisico da maschio la dice lunga sui nostri tempi), un'eroina d'azione pronta a sostituire il "vecchio modello" colpevole di essersi abbandonato alla sua umanità.
Anche il Lutsifer Safin di Rami Malek non è che una visione distorta dell'eore, un uomo avvelenatosi a causa della vendetta e dell'amore, una figura sfuggente, evanscente, che compare poco su schermo e lo fa in modo laconico, quasi a nascondere quella sua forza e perspicacia che lo porterà, alla fine, a sconfiggere il buono.
Fukanaga, dal canto suo, è perfettamente a suo agio nelle sequenze di dialogo, nella direzione degli attori e nell'uso, al solito magistrale, della luce, ma si rivela un po' insicuro nella direzione dell'azione, che risulta funzionale, ben coreografata ma mai davvero emozionante o spettacolare, facendo perdere in parte mordente al racconto.
"No Time to Die" ben potrebbe,quindi, rappresentare la fine di 007... o quantomeno di questo 007. Il milione di euro raccolto in due giorni solo in Italia preannuncia incassi spettacolari e la dicitura "James Bond will return" appare come da copione nei titoli di coda. Forse questa è la fine solo di questo 007, un Bond che ha avuto un inizio, una maturazione e, adesso, una fine e che lascerà il posto ad una nuova incarnazione. Perchè, forse, anche in un mondo votato al politicamente corretto e alla demascolinizzazione, c'è sempre posto per un eroe iconico come lui.
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