sabato 6 gennaio 2024

Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato

Willy Wonka & the chocolate factory

di Mel Stuart.

con: Gene Wilder, Peter Ostrum, Jack Albertson, Günter Meisner, Diana Sowle, Roy Kinnear, Julie Dawn Cole, Leonard Stone, Denise Nickerson, Dodo Denney, Paris Temmen, Ursula Reit, Michael Bollner.

Fantastico/Commedia/Musical

Usa 1971












La tendenza odierna a riscrivere la narrativa per accordarla al mutare della sensibilità è un fenomeno che può essere definito solo come "orwelliano". Fa ridere, tuttavia, che ad essere colpito sia stato anche Roald Dahl, quel narratore per l'infanzia i cui scritti compaiono sovente nei testi di scuola elementare e che in apparenza sembrerebbe essere lontano da ogni potenziale offensivo.
Dahl, tuttavia, era pur sempre figlio dei suoi tempi e nelle sue storie figuravano spesso descrizioni di luoghi e usanze che oggi potrebbero passare per razziste. La scure del buonismo ne ha quindi maciullato i testi, in un mondo dove la censura coatta viene sempre preferita alla spiegazione didattica e alla contestualizzazione storica.
Polemiche a parte, se si pensa alle trasposizioni dei suoi lavori al cinema, l'unico davvero degno di nota è "Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato", quell'adattamento nato senza particolari pretese, ma che è riuscito davvero a configurarsi come un perfetto film per giovanissimi, sia grazie alla rilettura fatta al testo (ironicamente detestata dall'autore), sia grazie alla presenza di un impagabile Gene Wilder.




La storia del film (al pari del film stesso) è alquanto stramba. L'idea di una trasposizione viene alla figlia del regista Mel Stuart, all'epoca bambina, dopo aver letto il libro. Stuart, colpito sia dal libro in sé che dalla presa che aveva avuto sulla bimba, contatta il collega e amico produttore Albert Wolper, il quale si mette subito all'opera per trovare i fondi necessari, fiutando un successo facile. Questi arrivano grazie alla collaborazione della Quaker Oats Company, azienda produttrice di dolciumi spronata dalla possibilità di usare il film come un gigantesco spot per un nuovo prodotto, tanto che il titolo viene persino modificato per avere il nome di Willy Wonka in primo piano, in modo da piazzarlo poi sugli incarti. 
Ottenuto un budget di circa tre milioni di dollari, la produzione ha inizio e si conclude senza intoppi, ma la Wonka Bar che doveva divenire il prodotto di punta del marketing viene subito ritirata dai negozi a causa di un errore nella formula, che la rendeva troppo facile alla liquefazione e quindi impossibile da conservare nei magazzini dei grossisti.
Uscito in sala, il film non riscuote particolare successo e, anzi, viene persino criticato per la sua natura non proprio fanciullesca,finanche per quei genitori che nei primi anni '70 avevano certamente più pelo sullo stomaco degli odierni. La riscoperta avviene grazie ai passaggi televisivi e grazie all'interessamento dei bambini, i quali non sono affatto spaventati da Willy Wonka e i suoi modi da vero e proprio villain.




La riuscita di questa trasposizione si deve praticamente al fatto che sia Mel Stuart che lo sceneggiatore David Seltzer (qui praticamente al suo esordio e poi autore di "The Omen" giusto qualche anno dopo), oltre che Gene Wilder, avevano capito perfettamente lo spirito del romanzo e sapevano cosa trarne (cosa che disgraziatamente non succederà a Tim Burton circa trentacinque anni dopo). La differenza più vistosa con la storia scritta in origine da Dahl (e aggiunta da Seltzer a quella sceneggiatura inizialmente vergata proprio da lui) è l'inclusione del personaggio di Slugworth, il cattivo rivale di Wonka che usa i bambini per carpirne i segreti; tutta la relativa sottotrama porta ad una vera e propria prova per il protagonista Charlie, il quale alla fine decide di sua spontanea volontà di fare del bene, dimostrandosi come degno erede di Wonka in modo attivo e non semplicemente passivo, aggiungendo una sfumatura decisamente al suo carattere che rende il suo personaggio decisamente più empatico e il suo lieto fine meritato piuttosto che regalato.




Wilder riesce invece ad incarnare perfettamente l'eccentrico Willy Wonka e tutte le diverse tonalità del suo lunatico carattere. Sua è l'idea di farlo entrare in scena come un finto claudicante per estrinsecarne la natura imprevedibile, suo è il merito se questo personaggio concepito come un vero e proprio carnefice riesce ad essere infinitamente amabile.
Perché Wonka è, in senso lato, un cattivo: è un cinico, un uomo che ha compreso come i bambini siano vittime di quello stesso consumismo che lui stesso ha perorato, di come abbiano perso ogni forma di bontà, ogni capacità di comprensione e solidarietà verso il prossimo. Da cui l'eliminazione sistematica di quel gruppetto di orrendi  piccoli vincitori, uno più odioso dell'altro, in maniera impassibile, oltre i limiti della strafottenza, in una serie di castighi che potrebbero essere davvero quelli architettati dal serial killer di uno slasher particolarmente elaborato stile "Saw".





Stuart ha poi l'ottima intuizione di affidarsi completamente al cast e alle scenografie. Affida le canzoni al cantautore Anthony Newly, il quale crea un pugno di pezzi orecchiabili che restituiscono perfettamente l'atmosfera sognante della storia. Dirige poi i numeri musicali con la giusta grinta, ma questi alla fine vivono proprio grazie alle belle canzoni, molte delle quali ancora oggi saldamente presenti nella memoria collettiva; laddove si dimostra perfetto è nel sottolineare il tono grottesco e sottilmente spaventoso del viaggio nella fabbrica, come nella celebre scena del tunnel, magnifico esempio di cinema lisergico e horror riadattato per la narrativa infantile.




Quello che emerge da questa splendida sinergia è un concentrato di buoni sentimenti magnificamente speziati da una vena di sana cattiveria. Una favola morale che stupisce, incanta e sconvolge, intrigando a dovere e lasciando il cuore leggero, ma non vuoto. Un perfetto esempio di cinema per l'infanzia che trova un altrettanto perfetto valore anche quando lo si riguarda con un occhio adulto e che ancora oggi, pur con tutti i limiti che la messa in scena di una piccola produzione di oltre cinquant'anni fa può avere, risulta perfettamente godibile.

2 commenti:

  1. E sul "remake" di Tim Burton del 2005 con Johnny Deep nella parte di Willy Wonka, niente da dire?

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    1. quel poco che ho davvero da dire l'ho appuntato tra parentesi ;)

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