con: Josh Hartnett, Ariel Donoghue, Saleka Shyamalan, Alison Pill, Kid Cudi, Hayley Mills, Jonathan Langdon, Russ.
Thriller
Usa, Regno Unito, Yemen 2024
Era impossibile per Shyamalan continuare ad usare la sua canonica visione cinematografica dopo l'exploit di Bussano alla Porta; era impossibile continuare a usare il famoso "Shyamalan twist" dopo che tale strumento narrativo aveva trovato il suo apice nella sua totale assenza. Era quindi normale un cambio di rotta per il suo nuovo film, che Trap di fatto rappresenta.
Una nuova rotta che in realtà altro non è se non un ritorno al modello filmico che più di ogni altro lo ha ispirato. Perché se è vero che nei primi anni duemila il celebre regista era considerato come "il nuovo Steven Spielberg", in realtà il suo cinema di stampo thrilling deve chiaramente il suo imprint originario al padre del "genere", ossia l'immortale Alfred Hitchcock. E Trap, pur al netto di qualche caduta di stile e di tono, rappresenta tutto sommato un bel omaggio al Re del Brivido.
Un omaggio scisso in tre atti distinti. Il primo altro non è se non una variazione di Frenzy, dove il punto di vista coincide con quello dell'assassino, con il quale lo spettatore è così forzatamente chiamato ad identificarsi. Il secondo, più ordinario, ricorda in parte Nodo alla Gola, con lo spettatore che deve ora patteggiare per un improbabile eroe improvvisato alle prese con la risoluzione della situazione. Un terzo reminiscente della tematica psicoanalitica di Psycho, dove i giochi si chiudono, non senza un finale aperto.
Tre punti di vista diversi, tre costruzioni differenti per un'unica storia la quale finisce per essere frammentaria, con uno spunto intrigante che viene declinato non sempre nel migliore dei modi.
La prima parte, per forza di cose, è la più interessante. Sono tutto sommato pochi i thriller nei quali è il cattivo ad essere il centro di interesse e punto di vista principale e nei quali, di conseguenza, lo spettatore finisce per percepire il suo stato di stress, da cui l'interesse che Frenzy ancora riesce a suscitare. Tuttavia, Shyamalan si dimostra fatalmente parco nella costruzione della tensione, lasciando spesso fuori dalla porta le occasioni migliori per portare sul filo del rasoio chi osserva; la tensione si limita ad un pugno di scene le quali si risolvono sempre in un nulla di fatto e sebbene la regia cerchi costantemente di renderle efficaci, non sempre ci riesce.
La seconda parte è per forza di cose la più riuscita, data anche la sua convenzionalità. La suspense regge bene e la storia assume persino connotati metatestuali, con il regista che al pari del protagonista "porta a spasso" la figlia, la bella e tutto sommato talentuosa Saleka Shyamalan, già piccola pop-star che sfoggia buone doti attoriali. E' in questa parte, però, che lo script mostra un po' la corda quando inanella una serie di trovate improbabili, come l'uso dei social media e, va detto, anche e proprio la trasformazione della cantante in novella eroina.
La terza è sostanzialmente una coda nella quale lo script fa un il punto della situazione, chiarendo la caratterizzazione del protagonista e la dinamica che ha portato alla trappola del titolo. Una risoluzione tutto sommato simpatica e coerente con la tematica portante, ma nella quale si affaccia nuovamente lo spettro della convenzionalità, dovuto in questo caso al background del protagonista.
Alla fine Trap intrattiene a dovere, ma da Shyamalan ci si aspetta ovviamente di più, visti soprattutto i suoi ultimi exploit. Qui il mestiere è alto, ma alla fine a risaltare è unicamente la performance di Josh Hartnett, che finalmente alle prese con un personaggio interessante e nuovamente nei panni del protagonista più dimostrare un talento in realtà mai neanche sospettato. Il resto, purtroppo, è pura routine.
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