sabato 11 giugno 2016

The Neon Demon

di Nicolas Winding Refn.

con: Elle Fanning, Jena Malone, Abby Lee, Bella Heathcote, Karl Glusman, Christina Hendricks, Keanu Reeves, Desmond Harrington, Alessandro Nivola.

Horror

Usa, Francia, Danimarca 2016
















---CONTIENE SPOILER---


Il rapporto tra Refn e il festival di Cannes è una parabola discendente. Premiato per la regia appena cinque anni fa per "Drive", ignorato bellamente due anni dopo per "Solo Dio Perdona" ed infine fischiato in modo selvaggio per l'ultimo "The Neon Demon". 
Di suo, il grande artista danese ce ne ha messo per farsi detestare: "Solo Dio Perdona" era, a conti fatti, un delirio d'autore nel quale lo stile fagocitava la (pur pregnante) sostanza; ma l'odio ottenuto con la sua ultima fatica è davvero meritato?
A conti fatti no. E non perché "The Neon Demon" sia un film perfetto; tutt'altro: il difetto che lo affligge è pesante ed inescusabile anche per un talento come quello di Refn. Eppure questo horror patinato e feroce racchiude una riflessione davvero riuscita sull'ossessione della bellezza e sulla disumanizzazione del mondo della moda, oltre ad essere un film brillantemente rivoltante.





La storia, come da tradizione nell'ultimo periodo della filmografia refniana, è semplice ai limiti del pretestuoso: Jesse (Elle Fanning, semplicemente perfetta) è una sedicenne orfana che si sposta a Los Angeles per perseguire una carriera come modella. Dopo un primo photoshoot con il fotografo semi-amatoriale Dean (Karl Glusman), conosce la bella truccatrice Ruby (Jena Malone), che assieme alle amiche modelle Gigi (Bella Heathcote) e Sarah (Abby Lee) la introduce nel mondo patinato e crudele della moda, fino alle conseguenze più estreme.





Fin dalle premesse, "The Neon Demon" vuole strutturarsi come una favola moderna che racchiude il classico adagio sull'innocenza distrutta dalla cattiveria del mondo. La bellezza candida di Elle Fanning ben rappresenta lo stato acerbo eppure irresistibile del personaggio, così come la sua bravura da interprete riesce a dare corpo ai suoi tormenti in modo credibile. Ciò che conta, però, è la messa in scena.
Rifacendosi chiaramente ai luoghi comuni della fotografia di moda, Refn crea un mondo patinatissimo, dove la sua sfrontata ricerca formale trova nuova forza espressiva sino alla totale perfezione. Semplicemente sfavillanti sono le sue immagini, perfettamente calibrate in un ritrovato senso geometrico che prima mancava, catturate con un occhio freddo, quasi distaccato ed immerse in luci al neon come al solito ipnotiche.






Le atmosfere oniriche che ne hanno distinto l'opera, immerse in un contesto sottilmente orrorifico, si caricano di nuove suggestioni; Refn riesce a creare una tensione a tratti insostenibile con poco, quasi con nulla, colorando in tutto con colori brillanti. Da antologia, in tal senso, la scena del bagno, dove Jesse viene introdotta alle due modelle-nemiche: immersi i personaggi nei colori classici del cinema baviano (del quale l'autore tesse le lodi in una famosa intervista rilasciata durante la settimana di Cannes), costruisce la tensione con pochi gesti e dialoghi ermetici, facendo percepire l'orrore e la tensione sottopelle un pò alla volta, rendendo la visione a tratti insostenibile. 






Ma "The Neon Demon" non vuole essere tanto un thriller canonico, né una semplice fiaba sulla perdita dell'innocenza (pur perfettamente esemplificata nella scena del sogno durante il photoshoot a metà film, con Jesse che accetta la sua immagine e rinasce come donna, mutante in un corpo di bambina) o un saggio sull'ossessione della bellezza, quanto un horror viscerale puro. Ed anche qui il talento di Refn come artista visivo è semplicemente imbarazzante. Impossibile non porgli plauso per l'aver saputo portare in primo piano quell'orrore strisciante nella moda e nel glamur, per l'essere riuscito a ritrarre con forza incredibile l'abominio di quei corpi esangui, disumanizzati dai trattamenti estetici, le cui forme ricordano quelli dei cadaveri, con ossa che fuoriescono dalla pelle e strutture facciali sfregiate per divenire vere e proprie maschere di una bellezza fasulla. Una bellezza che viene rincorsa, falsamente esaltata dal trucco e parrucco e che Refn sbugiarda per quello che è: puro orrore che disumanizza corpi e volti sino a trasfiguarli in mostri, caricature dell'essere totalmente asserviti ad un'idea estetica fredda e del tutto priva di sensualità, più simili alle visioni di H.R.Giger che a qualsiasi prototipo estetico accettabile.
Da qui anche la sovversione dell'immagine della figura femminile come portatrice di vita; la donna è qui bestia distruttrice, il cui ruolo di carnefice trova la forma del simbolo-feticcio del film: tre triangoli (ossia il femminino) rovesciati ne circondano un quarto, pronti per assimilarlo; una visione geometrica ed astratta della sequenza dell'uccisione di Jesse che si affaccia in una visione nel momento in cui ella stesa muta nella sua forma virtualmente adulta.





Una bellezza che non può che invidiare quella vera, fresca, genuina; che non ne sopporta la veracità. Il conflitto non viene dato tanto dalla semplice invidia, quanto dalla volontà di possedere la qualità che tanto ipnotizza lo spettatore senza fronzoli o travestitismi di sorta. Volontà di conquista da cui scaturisce l'orrore definitivo: quello splatter del cannibalismo, ossia della volontà di fagocitare la qualità del nemico e farla propria in quello che è, in fin dei conti, un vero e proprio rito tribale abbellito dalle luci al neon e dai flash. Ed è nella messa in scena di questa ossessione che Refn, malauguratamente, mostra i suoi limiti.






L'uso di un registro splatter altamente visivo riesce davvero ad inquietare, ma l'autore non controlla tutto. Si spinge troppo oltre quando decide di mostrare l'immostrabile: quella sequenza di necrofilia spiazzante e disgustosa, alternata al corpo della Fanning in preda all'estasi dell'autoerotismo. Se l'immagine della necrofilia, pur vomitevole, può essere tranquillamente assimilata dallo spettatore più smaliziato, tenendo conto di come si tratti, alla fin fine, di pura finzione, davvero insostenibile, in tutti i sensi, è la visione di una ragazzina, minorenne che interpreta una minorenne, in preda agli spasmi erotici. Visione troppo spiazzante, troppo compiaciuta, troppo impavida, per questo di vero cattivo gusto.






Il grande limite del film è in fondo tutto qui: una mano troppo pesante che cerca costantemente di spiazzare il suo spettatore, finendo per indispettire. Non solo sul piano strettamente narrativo, ma anche su quello estetico, con la costante ricerca di belle immagini (persino quando ritrae Jesse svenuta in terra), che pur giustificata dai temi trattati, finisce per divenire pesante. Una volontà costante di portare a galla lo scomodo, il brutto, il rivoltante che nel finale scade anche un pò nel ridicolo.




Ma a Refn va comunque dato atto di aver saputo creare un'opera davvero spiazzante, davvero scomoda, realmente orrorrifica; dell'aver saputo ritrarre in modo perfetto un mondo pauroso e dei personaggi visceralmente spaventosi; nell'essere riuscito a mostrare in modo fulgido tutto l'orrore dietro un'idea di bellezza di fatto inesistente.

2 commenti:

  1. L'ho finalmente visto al cinema ieri, devo scrivere una recensione ma... non so ancora se dargli una stellina, cinque, tre, zero... boh, con film del genere forse i voti hanno poco senso. E' un film che mi ha fatto molto pensare, e questo è un bene.

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    1. Per moltissimi film le stelle, le palle e gli asterischi non hanno senso, non riescono ad esprimere l'effettivo valore dell'opera.

      Anche per questo non le ho mai usate.

      Se proprio serve, meglio usare un voto in decimi e con i decimali.

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