mercoledì 12 aprile 2017

Godzilla Resurgence

Shin Gojira

di Hideaki Anno, Shinji Higuchi.

con: Hiroki Hasegawa, Yutaka Takenouchi, Satomi Ishihara, Ren Osugi, Akira Emoto, Jun Kunimura, Pierre Taki, Kengo Kora, Mikako Ichikawa.

Catastrofico

Giappone 2016













Quando Hollywood tenta di assimilare un brand straniero, è normale per una casa di produzione andare nel panico; ed è così che deve essere avvenuta la genesi produttiva di "Shin Gojira", 32mo film con protagonista l'immortale sauro figlio dell'atomo nipponico. Non è infatti un mistero il successo globale che il "Godzilla" di Gareth Edwards ha riscosso tre anni fa, riuscendo in un'impresa che un ventennio prima era fallita: creare un disaster movie americano con al centro Godzilla che convincesse sia lo spettatore casuale che i fans. E pur con i suoi difetti, quello strambo esempio di kolossal distruttivo c'è riuscito. Alla Toho devono aver tremato pensando alle future sorti del Re dei Kaiju.
Ecco dunque entrare in cantiere in gran segreto un nuovo progetto, del tutto autoprodotto e ben più ambizioso dei pur costosi ultimi exploit "Godzilla: Final Wars" (2004) e "Godzilla- S.O.S. Tokyo" (2003). Un progetto che sia in grado di ridare linfa vitale al franchise e riportarlo in patria. E l'ambizione non manca di certo a "Shin Gojira" sin dal titolo, dal plurivalente significato che va da "Nuovo Godzilla" a "Godzilla Divino"; esagerazione? Forse, ma bisogna tenere a mente, oltre alle priorità produttive, anche la paternità artistica del film.





In cabina di regia troviamo un duo quasi inedito: da un lato Shinji Higuchi, già regista dell'anime e dell'adattamento dal vivo de "L'Attacco dei Giganti" e sopratutto addetto agli effetti speciali dei film di Gamera negli anni '90, che ha persino esordito nel campo niente meno che in un altro revival del brand: "Il Ritorno di Godzilla" nel 1985; una personalità che sia su carta che dal vivo sa come far muovere kaiju su schermo e che per la prima volta si trova al comando di un film sul Re dei Mostri; dall'altro lato un esordiente nel campo del live-action, ossia quel Hideaki Anno storico ideatore di "Neon Genesis Evangelion", nonché kohài di Hayao Miazaki e collaboratore di lunga data dello stesso Higuchi. In pratica, due personalità forti e dotate chiamate per un lavoro ai limiti del disperato: obliare dalla memoria collettiva il successo del film di Edwards.
Missione riuscita: il successo stratosferico in patria ha ripagato totalmente i grossi valori produttivi, riportando saldamente la visione del brand nelle mani di chi la deteneva. E a conti fatti, "Shin Gojira" è anche un film di molto superiore al malriuscito exploit che ha eclissato.




Il paragone con il lavoro di Edwards è illuminate; nel film americano, al centro della scena ci sono personaggi stereotipati: lo scienziato finto-pazzo, il saggio che la sa lunga, il generale di ferro e sopratutto il soldato irreprensibile ed indistruttibile affiancato ad una eterna fidanzata. In "Shin Gojira", come nella tradizione più seria del filone, il punto di vista umano è quello di persone comuni: scienziati e sopratutto politici alle prese con qualcosa al di fuori dell'ordinario. Sempre nel film di Ewards, Godzilla aveva una valenza ambigua e al contempo netta: era un mostro la cui distruzione serviva a riequilibrare le sorti della natura; qui invece, Godzilla incarna un ruolo del tutto neutrale: è egli stesso la natura, che l'inquinamento pluritrentennale della baia di Tokyo ha trasformato in un gigantesco reattore nucleare semovente. Un essere che causa distruzione solo per perorare il suo ciclo vitale; tant'è che nel primo atto, appare in forma quasi pupale, per poi evolversi nella sua nuova e definitiva veste.
Un design, il suo, meno aggressivo del solito, ma più imponente, che lo rende un colosso non solo inarrestabile, ma anche imperscrutabile, quasi un'ammasso di scaglie che sputa fuoco. Non per nulla, viene accostato ad una divinità folle, valenza azzeccata data la sua totale estraneità ad ogni contesto. La valenza simbolica è però più vicino al dramma reale, quello del disastro di Fukushima; non per nulla, nel film la distruzione comincia a realizzarsi un pò alla volta, causata da un essere che è appunto un gigantesco reattore a fissione.




Ancora più colossale del kaiju è la macchina burocratica che si mette in moto per contrastarlo. Anno e Higuchi costruiscono l'intera vicenda dal punto di vista dei politici e dei burocrati chiamati in causa; il punto di vista viene frammentato tra le decine di personaggi che ricoprono i ruoli di comando e sottoposti, mantenendo l'attenzione sopratutto sul primo ministro (Ren Osugi), su di un giovane membro del ministero degli interni (Rando Yaguchi) ed una giovanissima agente di collegamento con il governo americano ((Satomi Ishihara). La macchina burocratica, con le interminabili riunioni, i confronti con gli spiazzati biologi, le corse nei corridoi, i cambi di comando e gli infiniti iter decisionali, è il vero cuore del film.
Il meccanismo decisionale, con le sue arzigogolate linee amministrative, non viene messo alla berlina, quanto denudato da ogni forma di giudizio e mostrato per quello che è: uno juggerrnaut di volti e voci che si sovrappongono ogni qual volta ci sia da eseguire anche la più semplice delle azioni. Non c'è condanna, quanto la presa di coscienza di un suo funzionamento che deve essere necessariamente preciso al millimetro. Se Godzilla è un reattore nucleare i cui isotopi sono pronti ad eruttare, la burocrazia è invece un alveare di api la cui coordinazione è essenziale; laddove Godzilla rischia di esplodere, i "buoni" rischiano di collassare su sé stessi. Da qui il confronto con la linea decisionale americana, più netta e diretta, dove le decisioni vengono prese all'istante da pochi uomini e sono, al solito, annichilenti.




Anno, dal canto suo, dona alla narrazione un tono frenetico: confinato tra le stanze dei bottoni, usa un montaggio spezzato e veloce, adoperando spesso punti di vista oggettivi ed inumani, decostruendo le scene con un montaggio spezzato per renderle più veloci e meno ovvie; tant'è che pur essendo composte per il 90% di puro dialogo, non annoiano mai. Il suo stile è del tutto simile a quanto visto nelle sequenze dialogiche di "Neon Genesis Evangelion": le reazioni dei "controllori", il modo in cui vengono inquadrate e persino il commento musicale ricalcano quelle dell'anime, tanto da sembrare una trasposizione live-action.




Mentre la parte più spettacolare, affidata alla regia di Higuchi, vive anch'essa della scomposizione del punto di vista: si passa da quello, sporadico, della gente comune, a quello dell'esercito. In entrambi i casi il risultato è spettacolare: il caos del nuovo Godzilla prende quasi la forma di un servizio televisivo per la composizione delle immagini, risultando realistico e spettacolare.
Toho può quindi restare tranquilla: pur con un seguito del film dle 2014 attualmente in produzione, la paternità americana del loro Godzilla è stata smentita. Questo reboot riesce in pieno a ridare lustro al Re dei Mostri e si impone come una delle sue incarnazioni più curiose e riuscite, merito sopratutto di Anno, che è riuscito ad imprimere il suo stile secco e al contempo visionario al franchise.

2 commenti:

  1. Sono d'accordo con quello che dici. Un film che riscrive il concetto di Godzilla ma senza snaturare il concept.

    Probabilmente il punto più riuscito è la sottile critica al sistema burocratico giapponese.

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    1. E' stata una bella sorpresa. Ma dopotutto Anno è quasi sempre certezza di qualità.

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