di Jeremy Gillespie & Steven Kostanski.
con: Aaron Poole, Kenneth Welsh, Daniel Fathers, Kathleen Munroe, Ellen Wong, Art Hindle.
Horror
Canada 2016
La riproposizione di cliché narrativi ed estetici del cinema fantastico anni '80 è divenuta, da qualche anno a questa parte, vera e propria linfa vitale di tanto cinema di genere americano e non. Basti pensare al successo della serie televisiva "Stranger Things", la quale non faceva altro che riprendere topoi vecchi di 30 anni e riproporli in modo spudorato al pubblico. Così come molto del cinema horror odierno si basa sull'omaggio sincero ai maestri della golden age, con titoli come "It Follows" che cercano di riprenderne gli aspetti più riusciti per farli propri, cercando di creare qualcosa di personale.
Da questo punto di vista, "The Void" può essere visto come una sorta di esperimento che ben si inserisce nel contesto di riferimento. Ed il duo di autori, Gillespie e Kostanski, hanno dalla loro un curriculum che è tutto dire: addett agli effetti visivi di blockbuster tra i quali "Suicide Squad", "Pacific Rim" ed il remake di "RoboCop", sono però anche membri fondatori del collettivo tutto canadese Asrtron 6, tramite il quale hanno prodotto e diretto pellicole come "ABC's of Death 2" e "Manborg", ossia veri e propri giochi filmici volti a riprendere quell'estetica tanto amata e a riproporla al pubblico odierno.
"The Void" è così il punto di arrivo di questo discorso associativo: un film che vive di puro rimando, della ripresa di pezzi di cinema passato che, senza passare attraverso alcuna forma rielaborativa, vengono cuciti tra loro per creare un qualcosa che non sia nuovo, né appaia come tale, ma che riesca nell'intento di riportare alla mente le immagini di quei film che tanta storia hanno pur fatto.
Non bisogna, di consegnuenza, meravigliarli dell'inesistenza di una storia vera e propria o di personaggi che siano creati in funzioni differente da quella di mera carne da macello o di motore degli eventi. Tant'è che la trama di "The Void" inizia in medias res e si sviluppa per quel che serve mediante scarne linee di dialogo.
Quel che conta sono i punti di riferimento filmici, in questo caso il cinema di John Carpenter e del duo Stuart Gordon/Brian Yuzna in primis, nonché quello di Lucio Fulci usato per qualche sparuta incursione nei territori del surrealismo puro.
L'idea alla base è anche interessante: riprendere quei topoi per dare nuova vita alla visione lovecraftiana alla base di capolavori quali "La Cosa", "...E tu vivrai nel Terrore- L'Aldilà" e di quel piccolo cult di "From Beyond". Gli elementi ci sono tutti: unità di tempo e luogo come Carpenter insegna, scienziati folli il cui volto è di quell' Art Hindle già protagonista per Cronenenberg in "The Brood"; effetti speciali squisitamente artigianali e di ottima fattura per dar vita ad orrori transdimensionali striscianti ed a corpi trasfigurati verso l'orrore puro, fatti a pezzi e ricostruiti come ammassi di carne semoventi. Ed un finale visionario, dove il "proibito" del titolo prende forma.
Peccato che l'operazione mostri i suoi limiti sin da subito.
Laddove infatti il cinema di riferimento era rielaborazione personale di un testo o di una forma di cinema data, che così finiva per essere visione nuova ed originale, quella di Gillespie e Kosntanski è un'operazione puramente speculativa, poiché basata unicamente sull'accumulo. Non c'è una lettura personale dei miti e delle correnti ripresi, ma solo la loro riproposizione alla buona. Condita sicuramente con tanto mestiere, ma senza la voglia di rischiare, di cambiare le carte in tavola, di creare qualcosa di nuovo rielaborando ciò che è dato. Non c'è, in sostanza, quella stessa indole che invece animava i maestri tanto amati. Un limite intrinseco, dato proprio dalla volontà di fermarsi alla pura ammirazione del passato, che taglia loro le gambe in partenza.
Una ristrettezza di visione che porta "The Void" a configurarsi come un'operazione pienamente riuscita, ma inerte: un film divertente per quello che è, ma che non vuol fare nulla per ridare davvero lustro al genere e ai sottogeneri da cui si ispira, né per imporsi in modo duraturo nella mente dello spettatore: è normale dinanzi ad operazioni del genere, dimenticarle non appena il buio della sala venga rischiarato. E "The Void" non non vuole fare eccezione.
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