giovedì 13 aprile 2017

Jurassic Park

di Steven Spielberg.

con: Sam Neill, Laura Dern, Jeff Goldblum, Richard Attenborough, Joseph Mazzello, Ariana Richards, Wayne Knight, B.D. Wong, Samuel L.Jackson.

Avventura/Fantastico

Usa 1993















Oltre 900 milioni di dollari di incasso globale, una campagna pubblicitaria da 65 milioni di dollari a fronte di 63 di budget produttivo (ossia, soldi spesi più in marketing che in produzione), una mania scoppiata immediatamente e dilagata per tutta la prima metà degli anni '90: "Jurassic Park" è stato sicuramente uno di quei "film evento" in grado di imporsi come fenomeno popolare ancora prima della sua uscita in sala, confermando lo status divino di Steven Spielberg.
Ma ancora di più, "Jurassic Park" è stato il film che ha cambiato nuovamente il modo di concepire il kolossal ed il cinema di intrattenimento in genere, riprendendo alcuni degli aspetti che già "Guerre Stellari" aveva imposto quasi vent'anni prima. Il film è un prodotto da vendere, un marchio che deve comparire su ogni tipo di oggetto possibile (le t-shirt con l'iconico logo del t-rex andarono a ruba); la sua uscita deve essere un evento mediatico totalizzante. E, grazie all'esplosione del mercato Home-Video, deve essere anche un prodotto da possedere. E' a partire da questo momento che la mercificazione di Hollywood giunge a pieno compimento: tutti i futuri kolossal estivi saranno venduti come merci prima ancora che come spettacoli. E per paradosso puro, la loro qualità sarà sempre più infima.



Ancora più importante, per quanto possibile, è stato il modo in cui "Jurassic Park", sempre al pari di "Guerre Stellari", ha cambiato la percezione da parte dello spettatore del film, mediante l'uso di effetti speciali semplicemente straordinari e ad oggi invecchiati benissimo.
Se "Tron" (1982) e "Giochi Stellari" (1984) sono stati i pionieri, i primi film ad adoperare in modo estensivo la GCI per dar vita a sequenze d'azione, "Jurassic Park" va oltre e ricrea creature viventi mediante la grafica tridimensionale: i dinosauri prendono davvero vita su schermo e vengono percepiti dall'occhio umano come vere creature dotate di una vita autonoma.
Ma ancora più spettacolare è l'ibridazione di effetti usata per dar vita al più iconico e mastodontico tra i sauri del parco: il t-rex, che da qui diviene icona filmica, creato unendo l'animazione digitale per i movimenti nei campi lunghi ed uno stupefacente animatronic per i campi medi ed i dettagli. Il grado di realismo raggiunto dai movimenti e dall'espressività non ha tutt'oggi paragone ed il plauso va tutto al compianto Stan Winston, che qui crea quello che è molto probabilmente il suo capolavoro definitivo.
Ma al di là degli effetti speciali e dell'innegabile fascino dato dalla spettacolarità delle immagini, quanto c'è di davvero riuscito in "Jurassic Park" come film in sé?
In realtà, davvero poco.




A partire dallo script, che David Koepp ha rimaneggiato sulla base di una stesura originale di Michael Crichton, finendo per appiattire in tutto e per tutto il romanzo originale dell'autore; molti passaggi vengono elusi, sopratutto il lungo prologo; molti personaggi eliminati, mentre il gruppo di protagonisti viene edulcorato: la sottile cattiveria del Dr. Hammond viene eclissata, cosicché, impersonato dal sorriso gioviale di Richard Attenborough, su schermo diviene una specie di buon nonnetto afflitto dai sensi di colpa. Piatti sono anche i tre protagonisti; l'Alan Grant di Sam Neill è una sorta di Indiana Jones privo dello humor necessario, che vive solo grazie al carisma dell'interprete e che, nella peggiore tradizione spielbergiana, alla fine dell'avventura arriva persino a riscoprire il valore familiare che tanto detestava, in un arco caratteriale talmente buonista da scadere nello stucchevole; lo Ian Malcolm di Jeff Goldblum è ai limiti della spalla comica, gioca un ruolo del tutto inutile nel quadro generale degli eventi ed è talmente intriso nello stereotipo dello scienziato New Age da sconfinare nel ridicolo; ancora peggio la Ellie di Laura Dern è un personaggio che serve solo a dare un interesse amoroso e a creare uno stantio triangolo con i due maschi alfa. Del tutto di servizio sono invece i due ragazzini, poco più che strumenti usati per creare situazioni di pericolo.




La regia di Spielberg è semplicemente altalenante; se l'attenzione per lo spettacolo è sempre presente, più schizofrenica è la gestione della tensione; il ritmo è lento e la lunga durata non aiuta, ma la sua mano vacilla anche nelle singole scene. L'incontro con il t-rex, ad esempio, sulla carta scena madre del film, è condotto in modo quasi maldestro, alternando un'incontenibile suspanse a lungaggini tediose, infarcite con uno humor fastidioso che cozza con la violenza e la tensione; il mix di humor e tensione che maneggiava perfettamente nella saga di "Indiana Jones" qui non si ritrova, anzi sembra quasi che a ricreare quell'alchimia sia stato un imitatore.
Tanto che l'unica sequenza davvero riuscita di tutto il film è un'altra, ossia l'assalto dei velociraptor nel finale: tesissima fino all'ultimo, è l'esempio di come Spielberg, quando vuole, sapiia essere un supremo artista di genere; e questo nonostante qualche volta faccia vacillare la sospensione dell'incredulità (i dinosauri sanno aprire le porte?).
Scarsa è anche l'estetica: le scenografie degli interni sono talmente piatte da sembrare quelle di un lavoro televisivo, piuttosto che quelle di una produzione da oltre 60 milioni; e piatta è anche la fotografia, totalmente di servizio, che crea immagini poco incisive laddove non siano in scena i sauri.




La mancanza di affiatamento di Spielberg, oggi come oggi, è anche cosa nota: è risaputo come non avesse più di tanta fede nel progetto, tant'è che concluse le riprese fuggì letteralmente sul set di "Schindler's List", opera al quale teneva maggiormente. Il montaggio finale del film è stato di fatto curato da George Lucas, a cui Spielberg ha "subappaltato" la lavorazione; e forse alcune delle carenze di direzione sono da imputare proprio alla sua mano, che già alla vigilia della creazione della disastrosa "Nuova Trilogia" risultava stanca e poco ispirata.




Colossale ed affascinante, ma privo di vero mordente, "Jurassic Park" è sicuramente un capo d'opera essenziale, ma come pellicola è davvero poco riuscita: tanti effetti, poche vere emozioni.




EXTRA

Negli anni '90, Roger Corman e la sua factory non avevano più l'affiatamento, né la presa sul pubblico di una volta. Paradossalmente, proprio nel '93 riuscirono in un'impresa insperata: creare un rip-off di "Jurassic Park" e riuscire a distribuirlo con qualche mese di anticipo rispetto alla sua data d'uscita.



"Carnosaur" è il tipico B-Movie cormaniano dell'epoca, girato con un budget scarso (appena 1 milione di dollari) e con valori produttivi risibili; ma oltre ad anticipare l'uscita del blockbuster che imitava, aveva dalla sua anche un cast dove figura Diane Ladd, madre di Laura Dern, che lo caratterizzava come la perfetta antitesi al lavoro di Spielberg.

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