martedì 1 dicembre 2020

Quarto Potere

Citizen Kane

di Orson Welles.

con: Orson Welles, Joseph Cotten, Agnes Moorhead, Ruth Warrick, Ray Collins, Everett Sloane, William Alland, George Coulouris, Paul Stewart, Fortunio Bonanova.

Usa 1941















Come si diceva nel post dedicato a "The Other Side of the Wind", è un preconcetto comune il fatto che Orson Welles sia stato travolto dalla sua opera prima al punto da non essere mai riuscito a ripetersi agli stessi livelli. Il che è anche vero: sebbene costellata di capolavori, la sua filmografia successiva al suo esordio non può contare una pellicola importante e innovativa come "Citizen Kane". Pur tuttavia, non bisogna stupirsene. né fargliene una colpa: "Citizen Kane" è un film talmente perfetto e importante che nessun altro regista (eccezion fatta, forse, per Kubrick, paragone tra l'altro azzardato) avrebbe potuto doppiare. Non per nulla, per molti molti è il più grande film della storia del cinema tutta.



La storia produttiva e la vera e propria battaglia che si è combattuta per il film è ormai oggetto di leggenda, raccontata dapprima nel bel documentario "The Battle over Citizen Kane" (solitamente allegato alle edizioni home-video del film) e nella pellicola televisiva "RKO 281", dove Welles ha il volto di Liev Schreiber.
L'avventura hollywoodiana di Welles comincia all'indomani della storica trasmissione del suo adattamento de "La Guerra dei Mondi"; traferitosi a Los Angeles assieme ad alcuni suoi attori del Mercury Theatre di New York (tra i quali figura il fido Joseph Cotten), realizza subito una piccola commedia, della durata di poco più di un'ora, "Too Much Johnson", oggi quasi del tutto dimenticata, ma che all'epoca gli permise di venire in contatto con George Schaefer, capo della RKO.
Il primo vero progetto hollywoodiano, per Welles, è al principio un adattamento di "Cuore di Tenebra" di Conrad, che vorrebbe girare in prima persona, esperimento per l'epoca inedito (il primo film in soggettiva, "Una Donna nel Lago", arriverà sullo schermo solo nel 1946), ma che finisce nel canonico "development hell", non venendo mai prodotto.
Nel frattempo, sia Welles che il suo sceneggiatore Herman J.Mankiewicz cominciano una frequentazione, amicale ma superficiale, con il tycoon dell'editoria William Randolph Hearst, vecchio amico del padre dello stesso Welles, il quale diverrà il modello per lo script di "Citizen Kane". Questo ne riarrangia infatti la vera biografia,cambiandone giusto alcuni dettagli. Essenziale per la comprensione del film, dunque, è la storia di Hearst e della sua scalata al potere.



Hearst nasce nel 1863 e, figlio di un cercatore d'oro che ha fatto fortuna, decide già giovanissimo di divenire un giornalista, piuttosto che dedicarsi alla gestione delle miniere di famiglia. Messo dal padre alla guida del San Francisco Examiner, Hearst porta la testata alla fortuna e si schiera apertamente con le masse dei lavoratori sfruttati le cui proteste erano al tempo materia scottante. Mossa azzardata per l'epoca, ma che gli consente di ottenere un bacino d'utenza immenso.
Fatta fortuna con l'Examiner ed incamerata l'eredità di famiglia, acquista il New York Morning Journal e, un po' alla volta, crea un vero e proprio impero mediatico grazie all'editoria; complice anche lo zeitgeist dell'epoca e la corsa alle vendite, la qualità del giornalismo è tuttavia quanto meno altalenante, con notizie pubblicate senza controllare le fonti, rivelandosi talvolta come vere e proprie menzogne portate alle stampe solo per vendere qualche copia in più, il che cementa la figura di Hearst come quella di un magnate senza scrupoli.
 Raggiunta la vetta economica, nel 1903 avvia una carriera politica, venendo eletto come rappresentate alla Camera da parte del Partito Democratico. La possibilità di una candidatura alle presidenziali però sfuma e Hearst abbandona il partico di centro-sinistra per creare un terzo partito e concorrere alle governative di New York, senza però trovare successo. Riconciliatosi con la sinistra americana, riprova a concorrere per la carica di senatore, ma fallisce a causa dell'ostracismo del compagno di partito Al Smith, ponendo così fine alle sue ambizioni politiche.
Ritratto dapprima come anarchico per il suo appoggio alle classi svantaggiate, poi come un lobbysta senza scrupoli a causa della sua rapacità politica e all'opposizione all'ingresso degli Stati Uniti nella Società delle Nazioni, Hearst diviene noto come un ricco manipolatore affamato di successo ed è proprio questa duplice immagine che Welles porta in scena nel suo capolavoro.


Tutta la storia inizia con un mistero: cosa significa "Rosebud" ("Rosabella" nella versione italiana)? Questo il quesito su cui ruota l'intero film e che può essere traslitterato in "chi era davvero Charles Foster Kane"?
Welles apre il film in medias res: solo nel prologo Kane ci viene mostrato in modo diretto, oggettivo, e comunque solo tramite veloci e sfuggenti dettagli. La vita di Kane è un puzzle (simbolo che ricorre esplicitamente nell'ultimo atto) e il giornalista Jerry Thompson (William Alland) deve rimetterlo insieme pezzo per pezzo. Thompson altri non è che lo spettatore: non viene mai mostrato in modo esplicito, spesso viene piazzato nell'inquadratura di spalle e in ombra, uno mero testimone degli eventi che, al pari di chi guarda il film, è chiamato ad ascoltare sprazzi della vita di Kane da chi lo ha conosciuto, ossia il genitore adottivo Walter Thatcher, i soci Bernstein e Leland, la seconda moglie Susan e per l'ultimo il maggiordomo Arnold.


La linearità propria del cinema "classico" americano viene spezzata in favore di un racconto episodico. Welles è chiaro, la sua intenzione è di innovare la narrazione filmica prima sul piano della scrittura e poi su quello della messa in scena. E "Citizen Kane" è, paradossalmente, un saggio sull'impossibilità di condensare la vita di uomo/personaggio all'interno di un racconto. Il mistero di Rosebud per Thompson non trova soluzione; lo spettatore, d'altro canto, non può risolverlo da solo. E così lo stesso Welles che, da demiurgo onnisciente e onnipotente in quanto creatore e narratore della storia, ci pone la soluzione nell'epilogo, chiarificando come, in narrativa, può esistere solo ciò che il narratore decide di mostrare in modo diretto, intervenendo in modo esplicito nella narrazione; in assenza di un narratore onnisciente, la verità/realtà resta occulta. Di conseguenza, al di fuori di un racconto totalmente inventato, è impossibile conoscere davvero una persona o i fatti che la riguardano.


I pezzi restanti della vita del protagonista vengono così assemblati un po' alla volta. Chi era, dunque, Kane? 
Era sicuramente un uomo ambizioso e privo di scrupoli. Un uomo che sa manipolare il prossimo grazie alla forza dell'informazione (il "quarto potere" del titolo nostrano), etichettato come "fascista" dalla sinistra e "comunista" dai magnati. Questo perché Kane sa adattarsi, schierarsi con il volgo e propagandarne gli interessi per vendere più copie, con la classe agiata, d'altro canto, quando non ha più bisogno di un pubblico al quale vendere storie.
Un uomo la cui ambizione lo spinge in politica, dove si fa strada gettando fango sul suo rivale Gettys, non tramite un'ideologia o una serie di idee, ma semplicemente criticando lo status quo in modo diretto e scorretto. Pratica che, paradossalmente, gli si rivolge contro.
Nell'ultima parte della sua vita, è un uomo finito, che ha avuto tutto quello che desiderava e che per questo ora può solo marcire in una gabbia dorata, ridotto letteralmente in pezzi (la magnifica inquadratura dello specchio) quando una delle cose più care, ossia la sua compagna, lo abbandona. Azione che, per Kane, è un affronto, poiché ne questiona lo stato di padrone assoluto della sua esistenza.


Kane era/è per definizione degli stessi personaggi che lo hanno conosciuto, una sorta di monarca assoluto, un uomo che si crede un dio e che cerca non solo di creare il meglio per sé, ma di riplasmare anche ciò che gli sta attorno per meglio conviverci. La verità è sua, creata ad arte dai suoi giornali (le false critiche entusiastiche sulle performance di Susan, in realtà detestate da critica e pubblico non schierati). La realtà è ciò che vuole lui, un castello creato ad arte per accogliere ciò che a lui piace e per trattenerlo anche contro la sua volontà. Da qui, ancora, la crisi quando Susan, ovverosia una sua proprietà, non si conforma al suo stile di vita fasullo, dapprima, e lo abbandona, in ultimo.
Kane è un uomo "bigger than life", che tutto vuole e tutto ottiene e che fa tutto in grande. Da qui l'impossibilità di sintetizzarne davvero tutta la vita in un racconto completo da parte di chi lo ha conosciuto anche bene.


Se, con lo script, Welles e Mankiewicz creano un racconto inedito nella forma, non meno rivoluzionario e il lavoro fatto sulla messa in scena. Il grande autore citerà, anni dopo, come sua fonte di ispirazione il cinema di John Ford, in particolare il lavoro che ha svolto in "Furore" (e che, nel '41, gli soffierà l'Oscar con "Com'era verde la mia valle"), ma è possibile trovare influenze europee, in particolare del cinema espressionista tedesco e degli esperimenti di montaggio di Vetrov e Eisentstein.
Da manuale gli azzardati (per l'epoca, ma oggi non meno moderni) stacchi di montaggio, un'ellisse nel tempo che giustappone il piccolo Kane a quello adulto; narrazione che si fa scomposizione temporale usata, paradossalmente, proprio per meglio descrivere il passaggio del tempo: nell'arco di un battito di ciglio, passano i decenni nella storia, trasposti come istanti nel racconto. Il tempo, nel cinema ancora più che il letteratura, è una grandezza relativa, malleabile a piacimento del narratore, discorso che poi sarà ripreso nel successico "L'Orgoglio degli Amberson", nel quale Welles tenta di creare un perfetto affresco del passaggio alla modernità.
La fotografia in bianco e nero usa luci espressive che tagliano i volti e i corpi degli attori ricercando forme plastiche e conferendo una profondità incredibile non solo alle immagini per sé, ma anche e soprattutto ai volti degli attori.


Profondità che Welles enfatizza anche nella costruzione dell'inquadratura, usando punti di fuga e l'alternanza dei piani tra i soggetti e gli oggetti. Nasce qui, in pratica, la profondità filmica, ripresa dall'arte rinascimentale e mai prima d'ora sperimentata nel cinema. Ogni immagine, di conseguenza, è plastica, con forme che si intersecano per creare fotogrammi simili a quadri d'autore, semplicemente magnifici nella loro perfezione. E Welles ne abusa volontariamente ricercando una profondità sempre maggiore in ogni scena, fino a trovare una tridimensionalità sbalorditiva. Da manuale anche l'uso, del tutto personale, dell'obliqua dal basso, che nella famosa scena del confronto post-elettorale tra Kane e Leland viene usata per ritrarre la prima vera sconfitta del personaggio, il quale viene mostrato come un gigante piuttosto che come un perdente schiacciato dal fato, sottolineandone la possanza anche in uno dei momenti più bui della sua vita.


Ultimo "trucco" usato per creare un look rivoluzionario è dato dall'uso della stampante ottica, all'epoca ancora poco adoperata nel cinema mainstream. Sovrapponendo tra loro diverse inquadrature in fase di montaggio (e non durante la ripresa, come invece avveniva in precedenza), la regia crea immagini in compositing dalle forme stravaganti, quasi bizzarre, concedendo un tocco di pura visionarietà ad una storia del tutto verosimile.


Nonostante la profonda influenza suscitata su tutta la Settima Arte, a rivederlo oggi ci si accorge di come, con 80 anni sul groppone, "Citizen Kane" riesca ad essere ancora fresco sia nella storia che nel racconto (bisogna davvero sottolineare i parallelismi tra la vita di Kane e quella di Berlusconi o di Rupert Murdoch?), tanto che si può tranquillamente affermare di come il suo essere un film prodotto nella prima metà del '900 abbia influito solo sul rapporto d'aspetto dei fotogrammi adoperato. Per il resto, oggi come allora, il capolavoro di Welles resta un'opera di straordinaria bellezza e modernità

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