venerdì 11 marzo 2022

Amour Braque- Amore Balordo

L'Amour Braque

di Andrzej Zulawski.

con: Sophie Marceau, Francis Huster, Tchéky Karyo, Christiane Jean, Jean-Marc Bory, Michel Albertini, Said Amadis, Roland Dubillard.

Francia 1985















Spesso l'ispirazione muta in qualcosa di diverso, anche solo formalmente, da quanto inizialmente concepito. E' il caso di "L'Amour Braque",  quarto lungometraggio francese di Andrej Zulawski, oramai naturalizzato transalpino, che parte come adattamento de "L'Idiota" di Dostoevsky per divenire un'opera diversa, più radicale, sempre ancorata ai topoi del suo cinema che qui però si fanno ancora più estremi, forieri di uno stile ancora più surreale e febbrile. E grazie al quale il grande artista incontra Sophie Marceau, poi moglie, musa e feticcio.


Anni '80. Léo (Francis Huster) è un immigrato ungherese che su un treno per Parigi si imbatte per caso in Micky (Tchéky Karyo) e la sua banda di criminali. Travolto dall'incontro, il giovane inizia a fare comunella con il gruppo, il che lo porta ad incontrare la giovane e bellissima Mary (Sophie Marceau), donna di Mickey ma della quale si innamora perdutamente, anche ricambiato; il che sarà il preludio di un pandemonio ineluttabile.


"L'Amour Braque", mai come prima, è caos, flusso di emozioni violente riversate con foga su pellicola, un getto disperato d'amore, odio, frustrazione e lussuria, un movimento spasmodico incontrollato che corre per 101 minuti senza freni, senza volontà motivante o stringente, senza volersi aprire mai davvero ad una lettura precisa, coerente, sintetica o analitica che possa essere. E', come nel cinema surrealista più intransigente e sperimentale, puro flusso di coscienza selvaggio e scatenato. E tanto basterebbe per liquidarlo come un film velleitario, compiaciuto, inutile esercizio di stile di un artista che ha già e meglio dimostrato il suo talento e che qui non fa che giocare con ispirazioni, intuizioni e influenze.
Sarebbe corretto? Decisamente. Sarebbe esaustivo? Non proprio. Perché in questo strano "oggetto d'autore" c'è di più di un semplice scherzo illustre, di più di un gioco divertito. Fosse anche solo l'incredibile carisma e bellezza che traspare da ogni fotogramma.



"L'Amour Braque" è volgarità. Volgarità data dalle parolacce, dalle situazioni "sconce", con scene di sesso gratuito e nudi buttati lì a caso. Ma anche una volgarità artistica, con la recitazione sopra le righe di un magnifico Tcheky Karyo, così come di un Michel Albertini talmente sopra le righe da sembrare un Freddie Mercury in botta da cocaina. Volgarità che cela un cuore da polar, con una storia da poliziesco fatta di ricatti e vendette, oltre che l'ispirazione letteraria.
Al centro di tutto, il canonico triangolo amoroso zulawskiano, questa volta spostato verso l'attrazione uomo-donna, piuttosto che sul rapporto a tre. Léo è un amante romantico, che si abbandona alla passione e alla lussuria, venendo manipolato, usato e gettato via, ma che anche volontariamente si lascia trasportare verso la follia delle situazione ("braque" può significare anche "folle" e "bizzarro"), lasciandosi consumare dal desiderio (da cui gli occhi gialli, animalistici e ricolmi di invidia e lussuria frustrata).


Tutto il resto è un vortice incontrollabile di umori, intuizioni e tematiche. Si parte, come sempre, dal teatro, dalla recitazione, dal ruolo giocato negli eventi da ciascun personaggio che si riflette nel ruolo che giocano, questa volta quantomai marginalmente, sul palco del teatro, con una donna schiacciata e sfruttata dalle figure maschili che trova la libertà solo tramite queste. Da qui la dualità con il personaggio di Aglaé (una Christane Jean che fa a gara di sensualità con la Marceau), donna possessiva e ammaliata dal cugino Léo, che arriva a concupire, a trasformare in un pupazzo da possedere e ridefinire a suo piacimento.
Sullo sfondo, il ritratto di una borghesia decadente, persa nella contemplazione del lusso, che si abbandona ai piaceri della carne, con gli intellettuali finto-rivoluzionari tanto imbelli quanto i destinatari delle loro critiche.


Tolti gli imprint del racconto, "L'Amour Braque" è un'opera che vuole vivere sostanzialmente di immagini, di fotogrammi ricercati e movimenti di macchina quasi godardiani nella loro precisione. Un film dove ciò che conta è il sentimento più il pensiero, l'effetto più che il contenuto. Una pellicola impossibile da classificare in modo sicuro e netto anche all'interno di una visione strettamente autoriale, anche al di là di tutti i preconcetti possibili e immaginabili, puro getto d'arte su pellicola che non fa sconti a nessuno, al suo autore in primis. Da cui derivano una magnificenza ipnotica e, soprattutto, una purezza unica. Tanto che si può contestarne la riuscita, ma mai la genuina bellezza. 

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