con: Jude Hill, Lewis McAskie, Caitriona Balfe, Jamie Dornan, Judi Dench, Ciaràn Hinds, Josie Walker, Nessa Eriksson.
Biografico
Regno Unito 2021
La classica trappola dei film autobiografici risiede nell'idealizzazione dei fatti, dei luoghi e, maggiormente, del periodo storico, che filtrato attraverso l'occhio della memoria può sembrare migliore di ciò che è effettivamente stato e sembrare, su schermo, una rappresentazione falsa e ruffiana. E' quello che accade, da sempre, nel cinema di Giuseppe Tornatore, con la Sicilia del Secondo Dopoguerra che diventa un luogo magico, dove tutti sono belli, simpatici e allegri e nella quale non esistono ingiustizie o brutture di sorta. E' altresì il rischio che avrebbe corso Branagh nella sua ricostruzione "amarcordiana" della Belfast del 1969. Ma che, per fortuna, evita.
E proprio dal cinema di Tornatore sembra uscire quell'incipit: la macchina da presa si muove libera per la stradina, l'ideale "palco" delle vicende, mentre gruppi di bambini in bretelle e calzoni corti corrono spensierati per la strada, come in preda ad una gioia isterica. Se non fosse che, di punto in bianco, la Storia irrompe nel racconto: le proteste contro i Cattolici infiammano il quartiere, mettendo tutto a ferro e fuoco. Da qui una distinzione, quasi una dichiarazione: "Belfast" è sicuramente la materia del ricordo, ma questo ricordo non è per forza di cose dolce. Per quanto a Tornatore si ritorna nella prima scena del cinema, con il primo piano del protagonista che omaggia l'inquadratura più famosa di "Nuovo Cinema Paradiso".
Il punto di vista è quello di Buddy (Jude Hill), doppio di Branagh che assiste alle gioie e ai dolori della famiglia, dai problemi economici alla scoperta dell'amore, dalla passione per il cinema popolare al rapporto con i nonni, tutto è come da copione. Ma è la genuinità a rendere il tutto simpatico, oltre che l'ironia. La religione viene dipinta come mostruosa e la scena del predicatore, da sola, vale forse l'intera visione, anche se la sottotrama che genera non viene purtroppo risolta.
La struttura è quella episodica propria di molti biopic, con piccole scene che incapsulano dapprima la storia di famiglia, in secondo luogo la storia dell'Irlanda del Nord dell'epoca, con la recessione che miete le vittime, la minaccia dei gruppi armati e la guerra civile. Branagh non si sbilancia con il registro drammatico e lascia il racconto sempre asciutto, affidandosi alle ottime doti del cast e agli ottoni di Van Morrison per comunicare le emozioni.
Il racconto scorre bene, ma quando, nel climax, si decide di risolvere uno dei conflitti in modo ironico, la sospensione dell'incredulità crolla, così come ogni pretesa drammaturgica. Per fortuna, il resto bene o male funziona, grazie anche alla bellezza delle immagini, plastiche e ricercatissime, in un'opera tutto sommato riuscita, ma purtroppo mai davvero memorabile.
A me il film è piaciuto molto^^
RispondiEliminaper il conflitto ironico ti riferisci allo scontro tra il capo dei rivoltosi e il padre, come uno scontro western? Io l'ho inteso così proprio perché narrato con gli occhi del bambino
Si proprio quello. Credo che portato così in scena spiazzi un po' troppo.
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