di Sian Heder.
con: Emilia Jones, Marlee Matlin, Troy Kostur, Daniel Durant, Eugenio Derbez, John Fiore, Lonnie Farmer, Amy Forsyth, Courtland Jones, Kevin Chapman.
Drammatico
Usa, Francia, Canada
L'Accademy è davvero arrivata alla frutta. Non potendo più contare su titoli di richiamo da premiare, si è deciso di puntare si di un classico americano, ossia le polemiche. E il ceffone dato da Will Smith a Chris Rock di polemiche ne ha generate, tra chi ha parlato della solita "mascolinità tossica" a chi si è limitato a biasimarne il gesto in sè. Il dubbio sulla artificiosità dello stesso è forte, anche perché è perfettamente riuscito nell'intento di ridare visibilità ad una premiazione che da anni perdeva ascolti e rilevanza.
L'obliterazione dalla coscienza collettiva degli Oscar è però in primis dovuto alla fine dell'era della "guerra degli studios", quel periodo durante il quale le grandi major producevano film con l'apposita intenzione di accalappiare il premio annuale, i famosi "Oscar Bait" tra i quali il caso più famoso è senza dubbio il mitologico "Il Falò delle Vanità" di Brian De Palma, la cui storia andrebbe riscoperta perché davvero troppo incredibile per essere vera.
La mancanza di "filmoni" patinati ha portato, progressivamente, alla premiazione di piccoli film provenienti dal circuito del cinema indipendente, che bilanciano la scarsezza dei valori produttivi con l'impegno artistico e umano. Questo in teoria, perché molto spesso l'Oscar come miglior è stato assegnato per ragione squisitamente politiche. Basti pensare al caso di "Moonlight" o a quello di "Green Book", di certo non i migliori candidati eppure ritenuti eccellenti a causa dell'argomento trattato, piuttosto che per come veniva effettivamente trattato, per lo stile o l'estetica. E quest'anno, messo in secondo piano dallo sganassone di Smith, il fenomeno si è ripetuto con "CODA", un film piccolo, talvolta simpatico, ma di sicuro non il miglior film in gara, la cui vittoria è attribuibile al solito fenomeno dell'inclusivismo forzato.
Ma "CODA" è prima di tutto un film schizofrenico, costituito da ben tre tracce narrative che si allacciano tra loro in modo incoerente. Remake di "La Famiglia Bélier", vorrebbe prima di tutto essere uno spaccato della vita di una famiglia di non-udenti, con tre membri su quattro a soffrire di disabilità, unica eccezione data dall'ultimogenita Ruby (Emilia Jones); e nel ruolo della madre, ritroviamo la bellissima Marlee Matlin, prima attrice sordomuta a vincere un Oscar per il bel "Figli di un Dio minore" nel 1986.
Ma la storia di "CODA" è anche un romanzo di formazione su Ruby, che scopre la sua passione per il canto e viene quindi stretta tra le responsabilità famigliari e le aspirazioni personali.
Ed in ultimo, un "working-class drama", con le avversità lavorative della comunità di pescatori del Massachusetts e le inutili regolamentazioni federali che ne strozzano i guadagni.
Di queste tre tracce narrative, due vengono sacrificate all'altare dello spettacolo e il film diventa irrimediabilmente il più classico teen-drama con le restanti storyline a fare da puri innesti di supporto.
La sottotrama sulla nuova attività lavorativa della famiglia finisce nel dimenticatoio e tutto il tempo passato a dare spazio ai problemi della classe operaia diventa così un puro riempitivo. Mentre il dramma dato dall'impossibilità per una famiglia di non-udenti di avere una vita effettivamente autonoma in un ambiente non attrezzato (si tratta pur sempre della provincia americana) cede il passo a tutti i luoghi comuni del romanzo di formazione, tanto che a tratti ci si dimentica persino del fatto di stre assistendo ad un film sulla disabilità.
Il centro di tutto è Ruby, la sua passione per la musica, la sua cotta per il bello di turno, il dramma dato dalle solite compagne di scuola stronze, il rapporto con il mentore eccentrico d'ordinanza (talmente eccentrico che si dimentica di insegnare la respirazione in un corso di canto, che sagoma...) ed il suo immancabile trionfo finale. Il conflitto segue tutti i passi del caso, all'appello non manca nessuna delle scene madri, tra la rottura con lo spasimante, le incomprensioni della famiglia, i piccoli drammi dovuti alla sua neoacquisita autonomia e il riappacificamento finale. Tutto come da programma, tutto visto e stravisto.
Una fiera del convenzionale dove le uniche emozioni sono date da un umorismo gustoso e riuscito e soprattutto dall'impegno del cast, che trova un'alchimia talmente ottima da dare risalto a personaggi altrimenti dimenticabili.
E dimenticabile è il termine più azzeccato per "CODA", che usa la scusa del ritratto della disabilità per portare in scena una storiella da quattro soldi senza tra l'altro avere nessuna vera pretesa sociologica o drammatica che sia. Un filmetto fatto e finito, persino troppo lungo, il cui successo è puramente circostanziale e difficilmente verrà ricordato negli anni se non per il premio vinto. Il che è anche un peccato, visto l'impegno degli attori.
Da sottolineare la presenza, tra i migliori film premiati dall'Accademia, due non-capolavori del cinema come "il paziente inglese" e "Shakspeare in love".
RispondiEliminasi, ma si è visto anche di peggio: "A Spasso con Daisy" ;)
EliminaInfatti negli ultimi anni il mio interesse nei confronti degli Oscar è andato sempre più scemando... si può dire che prima non esisteva che non avessi visto tutti i film candidati per tempo prima della premiazione, adesso succede molto spesso il contrario...
RispondiEliminaTi capisco perfettamente ;)
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