con: Christian Bale, Margot Robbie, John David Washington, Alessandro Nivola, Andrea Risenborough, Anya Taylor-Joy, Chris Rock, Matthias Schoenaerts, Michael Shannon, Taylor Swift, Mike Myers, Timothy Olyphant, Zoe Saldana, Rami Malek, Robert De Niro, Ed Begley Jr..
Commedia/Noir
Usa, Giappone 2022
---CONTIENE SPOILER---
Il dramma del cinema di David O.Russell sta nel fatto che lui è davvero convinto di essere un grande artista e che gli basti concepire una storia basilarmente interessante (magari ricamata su fatti più o meno reali) ed infarcirla con un cast all-star per fare un grande film. E forse fa anche bene a pensarla così, vista la pioggia di nomination e premi che puntualmente riceve.
Non è andata così bene con "Amsterdam", ultima fatica con la quale tenta di fondere una storia da neo-noir (anch'essa ispirata a eventi più o meno reali) con la commedia brillante; intenzione ardita, che di certo avrebbe funzionato a dovere nelle mani dei fratelli Coen, supremi decostruttori del noir, ma che lui maneggia in modo goffo, sbagliando tempi e toni, la quale non è neanche riuscita a suscitare quell'interesse nei circoli dei primi che di solito i suoi lavori riescono a sollevare.
New York, 1933. Il medico Burt Berendsen (Christian Bale) e l'avvocato Harold Woodman (John David Washington), entrambi reduci della Grande Guerra, vengono ingaggiati dalla giovane Liz Meekins (Taylor Swift) per investigare sulla morte del padre, il generale Bill Meekins (Ed Begley Jr.), loro ex ufficiale. Alla scoperta del suo possibile assassinio, i due vengono risucchiati in un fosco complotto che sembra legato al loro passato durante il conflitto, soprattutto durante il periodo trascorso ad Amsterdam assieme alla bellissima infermiera Valerie Voze (Margot Robbie), con la quale Harold aveva intrecciato una forte relazione sentimentale.
Il vero motivo di interesse è insito nella risoluzione degli eventi: dietro tutto c'è una cospirazione ordita da un gruppo di magnati e industriali volti a destituire il Presidente con un generale, al fine di creare un dittatore sul modello fascista di Mussolini e Hitler. Fatto che rievoca il vero complotto per deporre Roosvelt con il veterano Smedley Darlington Butler, sventato proprio dalla pubblica denuncia di quest'ultimo. Uno sguardo ad un capitolo oscuro e fin troppo dimenticato della storia americana che con i misfatti della presidenza Trump diventa sin troppo attuale e drammatico.
Per il resto, non si può davvero dire che "Amsterdam" sia un film riuscito o interessante.
Al di là del plot, il focus è tutto sul terzetto di protagonisti. Due soldati, un bianco che viene dai quartieri bassi e aspira a Park Avenue, nonché un nero stretto tra l'amore e il dovere verso la propria comunità. Al centro la bellissima bohémien della Robbie, artista che girovaga per l'Europa aiutando i feriti e usando gli scarti della guerra per la sua arte. Un terzetto un po' alla "Jules & Jim" (dove l'amore è però limitato a soli due membri) e che balla come i protagonisti di "Bande à Part", inseguendo la felicità, catturandola per un attimo, solo per poi perderla di nuovo. Amsterdam come Shangri-La in Terra, rifugio dagli orrori della guerra nell'alveo sicuro dell'amore e della bellezza. E quando alla fine tutto viene snocciolato in maniera didascalica direttamente in faccia allo spettatore, anche questo aspetto più sognante ed intimista, fino ad allora l'aspetto più riuscito, finisce di faccia a terra.
A terra assieme al resto delle intenzioni, purtroppo. L'ibridazione tra due registri in teoria antitetici non funziona mai a fondo. Se l'aspetto leggero bene o male funziona per la maggior parte della durata, lo scarto con le sequenze di violenza, fin troppo improvvise, esplicite e spiazzanti, genera una sensazione di disagio forte, ma al contempo ridicola.
La regia non maneggia con cura i tempi, che risultano inutilmente dilatati sia nelle singole scene, che nel racconto in generale. Nonostante i dialoghi briosi, spesso sopraggiunge la noria, quando non addirittura il tedio, soprattutto nell'ultimo atto, quando sembra davvero che Russell non voglia davvero chiudere la storia, divertendosi come un matto ad infilare dialoghi su dialoghi, scene su scene, battute su battute sino allo sfinimento dovuto all'eccesso di dettagli inutili.
Questo perché è fin troppo innamorato del suo film e delle performance degli interpreti e non taglia nulla, non accorcia, né sfoltisce un racconto che finisce con l'essere pedante e pesante. Due ore e un quarto per una commedia sono troppi, soprattutto laddove la trama, alla fin fine, è di una semplicità estrema e non riesce mai davvero a stuzzicare l'interesse dovuto. Con la conseguenza che questo suo ultimo exploit risulta talmente compiaciuto da divenire subito indigesto.
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