di Carlota Pereda.
con: Laura Galàn, Richard Holmes, Irene Ferreiro, Camille Aguilar, Claudia Salas, José Pastor, Fernando Delgado-Hierro, Carmen Machi, Juliàn Valcàrcel, Plar Castro.
Spagna, Francia 2022
---CONTIENE SPOILER---
L'ultra-sensiblità della Gen Z ha generato veri e propri mostri e, soprattutto, un clima dove ogni singola esternazione valutativa viene percepita come un attacco. Il che va sommato a quella "cultura dell'auto-accettazione" che anzicché aiutare le persone con menomazioni o difetti fisici a superare la paura del disprezzo altrui, ha di fatto stabilito la venerazione di ogni possibile difetto, la trasformazione di vere e proprie malattie (l'obesità così come le psicosi) in qualità. Da cui è conseguita la creazione del termine "body shaming" per indicare non solo l'atto di bullizzare chi è afflitto da un difetto fisico, ma qualsiasi forma di affermazione di disappunto verso l'obesità.
Se fino ad un decennio fa le istituzioni (americane e non) combattevano una vera e propria battaglia per la salute pubblica, con la promozione di uno stile di vita sano e la celebrazione dell'attività fisica, ora questa forma di accettazione bieca ha portato alla ridefinizione coatta degli standard di salute e bellezza. E, in merito, fa davvero specie vedere stampa specializzata come Sport Illustrated celebrare come belli e sani corpi di oltre 200kg, modelle il cui fisico non è sinonimo di salute quanto di autodistruzione, al pari di quell'anoressia tanto disprezzata in passato.
L'unica vera conseguenza che questa tendenza ha generato, è il disprezzo effettivo verso i diversi, in particolare verso quegli obesi che sono convinti che il loro corpo non sia il frutto di uno stile di vita malsano; in sostanza, un'inversione totale di quanto la Gen Z stessa si prepone con la sua mentalità di apertura verso qualsiasi forma di diversità, un trionfo di narcisismo ed egocentrismo.
Forse proprio per questo, la visione di un film come "Piggy" diventa obbligatoria al fine di ricordarci il dramma di quelle persone che pur oggi vengono davvero perseguitate ingiustamente per la loro apparenza; visione che risveglia la sensibilità nei confronti di un dramma che tutti, in un modo o nell'altro, tendono ad ignorare.
Sara (Laura Galàn) è un'adolescente oggetto di derisione per il suo peso. Dopo l'ennesimo attaco subito dalle bieche compagne, incontra per caso un estraneo gentile (Richard Holmes); questi si scopre subito essere un assassino seriale che ha catturato proprio quelle amiche che lei tanto odia.
Sara si trova così stretta tra la fascinazione per il male e "bene" tanto giusto in apparenza quanto opprimente.
"Cerdita", ovvero "maialina", un soprannome che urta persino chi lo ascolta. Carlotta Pereida aveva scritto e diretto l'omonimo cortometraggio nel 2018 e ora lo espande a circa 100 minuti, lasciando come protagonista la sorprendente Laura Galàn, trentasettenne eppure perfetta nei panni di un'adolescente.
Sara è il centro di tutto, punto di vista e emozionale della vicenda. Una vittima perenne, tanto delle bulle quanto di una madre castrante, persino più antipatica di quei compagni che la sbeffeggiano costantemente. E tutti altro non sono che l'incarnaizone individuale di quel male sociale che si sostanzia nell'oppressione gratuita del prossimo, nella distruzione beffarda di tutto ciò che non si conforma ad un'idea prestabilita di "bello" o anche solo di "normale".
L'assassino non è quindi un semplice doppio oscuro di Sara (benché il suo fisico rubicondo possa far pensare così), quanto quella forma di liberazione, di autoaffermazione che ridà alla società quanto ottenuto, trasformando la violenza verbale ed emotiva in fisica.
La Pereda vuole farci parteggiare per la sua protagonista e per il suo senso di vendetta giustamente insaziabile; e lo fa anche caratterizzandola non come una vittima totale, sottolineando come quel suo corpo pachidermico sia una conseguenza della sua cattiva alimentazione, senza quindi idealizzarla.
Proprio per questo, quella svolta finale lascia davvero esterrefatti.
Se per quasi tutto il film il discorso è sulla giustizia di un'azione deplorevole come l'omicidio, su come la violenza generi violenza e come i mostri altri non sono che vittime stanche di essere sottomesse, la decisione di far tradire l'estraneo e di salvare le amiche fa crollare tutto il discorso. Sara diventa così una vera e propria santa, una ragazza che resta immune al male e salva la sua anima prima ancora che il corpo delle ragazze che tanto disprezza, affossando ogni credibilità e persino tutto il discorso sul male sociale fatto fino a quel momento.
Una mancanza di coraggio finale che purtroppo rende "Piggy" del tutto malriuscito, prima ancora che incoerente; tanto che se i modelli di base all'inizio sembravano essere l'horror americano anni '70 e l'indimenticabile e ancora oggi provocatorio "Natural Born Killers", il finale richiama alla mente il compiacimento assolutorio di tanto cinema dei millennial che troppo male sta facendo alla cultura popolare.
Uno screzio finale purtroppo ingiustificabile, che però non impedisce al lavoro della Pereda di essere apprezzato per il modo onesto e sincero con il quale ritrae il dramma dell'obesità.
Qualcosa mi dice che lo rifaremo per "Barbie" XD
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