martedì 18 luglio 2023

Piscina Infinita

Infinity Pool

di Brandon Cronenberg.

con: Alexander Skarsgaard, Mia Goth, Cleopatra Coleman, Thomas Kretschmann, Dunja Specic, Adam Boncz, Jalil Lespert.

Canada, Croazia, Ungheria 2023

















Che Brandon Cronenberg si sia volutamente chiuso in un angolo creativo decidendo di essere una copia sbiadita del padre era cosa chiara sin dal suo esordio. Ora, al terzo film, viene da chiedersi se davvero riuscirà mai a scrollarsi di dosso i paragoni con il genitore, visto che prova anche ad avere un suo stile, ma alla fine torna sempre a creare opere degne di un semplice epigono di David. E "Infinity Pool" è la classica "prova del nove", quella terza fatica che dovrebbe confermare quanto fatto in passato o rappresentare un viatico per il futuro. Un futuro che Brandon sembra non voler contemplare, pescando a piene mani dal passato (proprio e soprattutto altrui) in un riciclaggio costante di spunti e idee.




James W. Foster (Alexander Skarsgaard) è uno scrittore americano oramai oltre l'orlo della bancarotta creativa. In vacanza con la moglie Em (Cleopatra Coleman) in un'immaginaria località turistica europea, incontra la bella Gabi (Mia Goth), attricetta che si dice sua fan. Dopo una giornata di svago, James, con Em, Gabi e il di lei marito, sulla strada di ritorno per il resort finisce inavvertitamente per investire un locale. Condotto in prigione, scopre una stana usanza del luogo: pagando può farsi costruire un clone dotato dei suoi stessi ricordi, il quale sarà giustiziato al suo posto per il suo crimine.




Di carne al fuoco, questa volta, Brandon ne mette davvero tanta.
Si parte dallo spaccato di un mondo più reale del reale dove i ricchi turisti vivono in lussuosi villaggi vacanze difesi come fortezze impenetrabili. Fuori dalle architetture morbide circondate dal filo spinato, la povertà imperante di quel sud del mondo che altro non è se non il giardino di quel 1% talmente ricco da potersi permettere tutto. E finché il suo sguardo si posa sulla discrasia sociale, praticamente solo nel primo atto, "Infinity Pool" funziona. Laddove però Brandon introduce la tematica portante del film, ossia il concetto di colpa e di morale, tutta l'opera finisce per crollare sotto il suo stesso peso.




Il presupposto dell'intera narrazione è il concetto di doppio e alterità, dell'esternalizzazione della colpa come autoassoluzione che distrugge ogni inibizione dell'uomo; concetto più che interessante, ma, come sempre con il cinema di Brandon, il problema è nell'esecuzione.
Si parte da un dato che in teoria dovrebbe essere scontato, ossia la mancanza di sospensione dell'incredulità rispetto al mondo creato. Il fatto che un clone possa essere giustiziato al posto dell'originale non ha il minimo presupposto giuridico, stante il carattere personale della norma penale in praticamente tutto il mondo civilizzato. E anche evitando pedanterie giuridiche, non è chiaro in che modo il famigliare della vittima possa ritenersi umanamente soddisfatto dall'omicidio di un essere che di fatto non ha commesso crimini. Men che meno, poi, si riesce a credere ad un paese del terzo mondo che non solo possiede la tecnologia necessaria per creare dei duplicati perfetti, ma che si limita a usarla per salvare dai guai i turisti facoltosi, senza neanche solo pensare di reimpiegarla sul piano economico.




Volendo come al solito soprassedere riguardo alla poca plausibilità dell'assunto di base, il vero dramma di "Infinity Pool" è nella sua estrema incapacità di dire qualcosa di originale o di dirlo anche semplicemente in modo interessante.
Nel secondo atto, Brandon inscena così una sorta di "Arancia Meccanica dei poveri", dove i teppisti assetati di emozioni forti non sono i membri della classe disagiata, ma quelli dell'alta borghesia, i quali si abbandonano ai sensi a causa dell'impunità a loro accordata. E proprio quando il discorso sembra farsi tutto sommato stimolante benché derivativo, si decide di introdurre a forza un conflitto tra il protagonista e il resto del gruppo, di trasformare James in una sorta di coscienza collettiva e far transitare Gabi da femme fatale mefistofelica a pazza lunatica senza soluzione di continuità alcuna, praticamente di punto in bianco con la scusa di una sorta di "battesimo" del protagonista verso un nuovo stato dell'essere che, ridicolmente, aveva già raggiunto. Con la conseguenza, più che ovvia, che tutta la storia diventa debolissima, aggravata poi da un racconto al solito fiacco e quantomai privo di mordente.




Brandon decide come sempre di sfogare la sua vena visionaria unicamente negli inserti onirici, sorta di video-art innescata in un racconto altresì classico, generando come risultato uno stridore risibile tra le immagini psichedeliche e una fotografia talmente convenzionale da rasentare a tratti il brutto. E quando dovrebbero risultare graffianti, le sue immagini sono invece blande, come la visione di quel cane-umano, ripresa anch'essa dal lavoro del padre, la quale non ha la minima carica disturbante o provocatoria.




Alla fine, anche "Infinity Pool", al pari dei due film precedenti, risulta più pretenzioso che graffiante, più compiaciuto che intelligente, più insipido che simpatetico. Viene quindi da chiedersi quale possa essere davvero il futuro del cinema di Brandon Cronenberg: i suoi tre film gli hanno consentito di farsi un nome, ma sono delle copie scolorite dell'opera del padre, del quale rappresenta un imitatore (un clone, è il caso di dire) decisamente poco interessante. Sarà così a vita?

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