giovedì 8 febbraio 2024

Anatomia di una Caduta

anatomie d'une chute

di Justine Triet.

con: Sandra Hüller, Swann Arlaud, Antoine Reinartz, Milo Machado Graner, Samuel Theis, Jehnny Beth, Saadia Bentaïeb, Camille Rutherford.

Drammatico

Francia 2023














Che cos'è la verità? E' un concetto effettivo o dipende davvero da un dato punto di vista?
In un mondo dove ognuno può effettivamente dire la propria, dove chiunque ha pari accesso ai mezzi di informazione in modo attivo e non semplicemente passivo, una forma di verità oggettiva può non esistere, soprattutto in riguardo a quei fatti di cui non si ha testimonianza diretta. Si è giunti così ad un concetto di "post-verità", secondo il quale non conta più ciò che accade davvero, ma ciò che si decide sia davvero accaduto.
"Anatomia di una Caduta" è una riflessione su questo, ossia sulla fluidità del concetto di vero. Intesse una riflessione con uno strumento narrativo abusato al cinema, ossia quello del dramma giudiziario, tanto che alla mente non possono che arrivare altri classici sull'argomento, in primis l'ancora influente "Rashomon". Eppure, l'esito dell'opera di Justine Triet non è del tutto convincente.




Non esiste verità in "Anatomia di una Caduta"; a differenza di molti altri drammi giudiziari, alla fine non c'è nessun colpo di scena che chiarifica l'accaduto. Tutto viene lasciato in sospeso: non è dato sapere se Sandra Voyter (Sandra Hüller) è colpevole o se il marito Samuel (Samuel Theis) si è effettivamente suicidato. Il punto non è ciò che è accaduto, ma ciò che si vuole credere, partendo comunque dal presupposto che la testimonianza del piccolo Daniel (Milo Machado Graner) è comunque fallata, creata ad hoc per costituire un alibi o per dimostrare la vera innocenza della madre.
Non ci viene mostrato l'accaduto in modo diretto, neanche in modo suggerito, solo tramite le ricostruzione fatte in tribunale. Come spettatori, non sappiamo cosa sia accaduto e non possiamo di conseguenza giudicare nulla.




Ogni affermazione fatta durante la ricostruzione degli eventi viene subito questionata. Ogni teoria è al contempo valida e invalida, vera e falsa. Il meccanismo di costante antitesi sussiste anche grazie all'ambientazione geografica: nel sistema giudiziario francese è possibile escutere contemporaneamente testi, periti e imputato, lasciando correre un costante botta&risposta senza che nessuno possa mai davvero avere l'ultima parola.
Su di un piano strettamente drammaturgico, tale costruzione funziona e trova persino una ragion d'essere su di uno più smaccatamente giuridico. Nei processi, di fatto, non si ricerca mai davvero la verità assoluta dei fatti, si cerca solo di capire se, sulla base delle prove assunte, si possa condannare o meno l'imputato. Ovverosia, già nelle aule di tribunale, già nella realtà effettiva al di là dello schermo, è impossibile davvero capire cosa e quale sia la verità dei fatti di volta in volta contestati.
Se tale assunto traspare perfettamente per tutta la durata del film, la Triet talvolta si dimostra fatalmente indecisa su che significato dargli effettivamente.


Poiché una volta appurato che, letteralmente, la verità è inconoscibile, "Anatomia di una Caduta" inizia a girare in tondo, a ripresentare costantemente lo stesso assunto. Quando dovrebbe traslarlo nel mondo dei media, si dimostra piuttosto e stranamente timido: i giornalisti sono una presenza effettiva nei processo, ma volatile, la questione di una possibile manipolazione dei fatti viene anche messa sul tavolo, ma mai davvero approfondita o anche solo enfatizzata a dovere.
Allo stesso modo, quando deve affrontare il tema della violenza in famiglia, il film si dimostra ancora più timido, lasciandola non solo fuori campo, ma anche fuori da qualsiasi discussione.




Così come il personaggio del romanzo di Sandra e Samuel si trova a vivere in una doppia realtà e noi come spettatori ci ritroviamo ad assistere ad un avvenimento dalla doppia natura, anche il film vuole essere al contempo un saggio sulla fallacia della percezione del reale e sulla crisi del rapporto di una coppia di intellettuali, senza però mai riuscire a trovare una dimensione effettiva, né un valore che vada oltre la semplice attestazione di intenti.
Il lavoro della Triet è così corretto su di un piano puramente filosofico, ma debole su quello effettivamente drammatico. Nella messa in scena, la blandezza stilistica tipica di tanto cinema odierno trova persino la sua ragione d'essere, con un costante uso della camera a mano volto a restituire un senso voyeuristico degli eventi, ma alla fine nulla lascia davvero il segno. 
Tanto che persino la vittoria ottentuta a Cannes risulta eccessiva.

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