di Sean Durkin.
con: Zac Efron, Jeremy Allen White, Lily James, Harris Dickinson, Stanley Simons, Maura Tierney, Holt McCallany, Grady Wilson, Aaron Dean Eisenberg, Chavo Guerrero Jr.
Biografico/Drammatico
Usa, Regno Unito 2023
La storia dei fratelli Von Erich è talmente incredibile che poteva solo essere vera. Una serie di tragedie concatenate tra loro che hanno colpito un quartetto di star del wrestling tra la fine degli anni '70 e la seconda metà degli anni '80 talmente forti da far credere a loro stessi di essere le vittime di una vera e propria maledizione, che già in passato aveva perseguitato l'intera famiglia.
Una storia triste, ma anche tremendamente umana, dove le fatalità si intrecciano con l'intolleranza e la violenza famigliare in modo inscindibile. E che ora giunge al cinema in un dramma imperfetto, ma commovente e graziato anche da un ottimo cast.
Il primogenito Jack jr. muore ancora infante. Il secondogenito Kevin (Zac Efron) non riuscirà mai a divenire la stella che sognava di essere. David (Harris Dickinson) prende il suo posto come frontman nel team di famiglia, ma muore improvvisamente durante un tour in Giappone a 25 anni. Kerry (Jeremy Allen White) è un ex atleta olimpionico la cui carriera è stata stroncata dalla decisione del presidente Carter di non partecipare alle olimpiadi di Mosca del 1979; divenuto wrestler, arriva anche a vincere la cintura, ma perde un piede a causa di un incidente in motocicletta; dopo una dolorosa riabilitazione, torna sul ring, ma l'impossibilità di tornare ai livelli di un tempo lo porta alla depressione e la mancanza dell'appoggio del padre lo porta poi al suicidio, a 33 anni. L'ultimogenito Mike (Stanley Simons), aspirante musicista, partecipa su insistenza del padre ad un incontro di beneficenza in omaggio alle tragedie che hanno colpito i fratelli, ma si lussa una spalla e finisce in coma a seguito dell'operazione; uscito dal coma, perde le capacità di coordinazione motoria e non riesce più a suonare, arrivando anche lui al suicidio ad appena 23 anni.
La storia dei Von Erich viene traslata in modo abbastanza fedele. Le poche libertà vengono prese in merito alla figura di Mike, che in realtà, pur riluttante, ebbe una carriera dignitosa nella lotta e si importunò durante un tour in Israele, era sposato, cristiano rinato e aspirante cameraman (passione che fa capolino in un unico dialogo). I problemi di droga dei fratelli vengono talvolta celati, come nel caso di David, talaltra usati a soli fini drammaturgici, come con la storia di Kerry. Si tende ad imbellettarne in parte le figure, ma la loro tragedia, anche al netto della tossicodipendenza, non appare nella realtà meno commovente di quanto mostrato su schermo.
Quello di Sean Durkin è un lavoro tutto sommato facile e già visto: ricrea tale tragedia usando una duplice chiave di lettura, ossia da un parte il dramma famigliare puro, con l'unione tra fratelli che si sgretola a causa delle vicissitudini, dall'altra un ritratto impietoso di una figura paterna distruttiva.
Il personaggio di Fritz Von Erich viene affidato al solido Holt McCallany, reduce dall'ottimo e purtroppo obliato "Mindhunters", e caratterizzato come un padre-padrone, un uomo ossessionato dalla volontà di trasformare i figli in superstar per rifarsi di una carriera dignitosa, ma che non è mai sfociata nel successo vero e proprio. Un uomo "vecchio stampo", insensibile e orgoglioso, la cui mancanza di empatia finisce per distruggerne la famiglia.
Una virilità distruttiva, la sua, contrapposta a quella di Kevin, il "fratello maggiore" che diventa pur inavvertitamente vero riferimento paterno del gruppo. Un uomo tanto granitico quanto sensibile, per il quale il dolore diventa un veleno che lo porta alle soglie del sadismo: quel climax con l'agognato scontro con Ric Flare viene riletto come il momento nel quale Kevin sta per cedere al suo lato sadico, a quella cattiveria gratuita propria del genitore che riesce a scansare solo all'ultimo momento, salvandosi da un destino di violenza gratuita.
La regia di Durkin è fin troppo flemmatica; risulta efficace nel dar corpo al dramma persino quando decide di utilizzare visioni enfatiche, come il sogno finale di Kevin, che sulla carta sarebbe potuto risultare melenso, ma che su schermo riesce davvero a colpire; pur tuttavia, non dà la giusta fluidità al racconto, che talvolta risulta sin troppo pesante, persino per un dramma cupo del genere.
Il cast, d'altro canto, è ineccepibile. Oltre a McCallany, a brillare è ovviamente Zac Efron, che da anni cerca una forma di legittimazione come interprete e che ora ha un altro buon biglietto da visita dopo "Ted Bundy- Fascino Criminale". Il suo Kevin è massiccio e dolente, un lottatore distrutto dalla vita che usa l'amore verso la famiglia come appiglio contro la depressione, il cui volto granitico (la cui immobilità è il risultato della ricostruzione chirurgica dovuta ad un incidente nel quale Efron si è distrutto la mandibola) fa trasparire perfettamente il suo immenso dolore.
Nonostante qualche imprecisione ed uno stile talvolta impacciato, "The Iron Claw" riesce ad essere toccante, cosa decisiva per la sua riuscita come dramma.
Hai visto the Foxcatcher di circa dieci anni fa?
RispondiEliminapurtroppo no.
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