domenica 2 febbraio 2014

American Hustle- L'Apparenza Inganna

American Hustle

di David O.Russell

con: Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper, Jeremy Renner, Jennifer Lawrence, Louis C.K., Jack Huston, Michael Pena, Shea Wigham, Robert De Niro.

Usa (2013)









Strano personaggio David O.Russell: regista di strambe commedie romantiche ("I Heart Huckbees" nel 2004), ma dall'indole smaccatamente autoriale perennemente in cerca di uno stile proprio; stile che non riesce mai davvero a trovare, sia quando sperimenta contaminazioni ardite (come in "The Fighter", nel quale tenta di unire il dramma familiare alla biografia di stampo pseudo-documentarista), sia quando si rifà a modelli più classici, come in questo "American Hustle".
Progetto nato probabilmente sulla falsariga del successo di "Argo" (2012), anche "American Hustle" rievoca un fatto di cronaca degli anni '70 strambo per presupposti ed esecuzione (l'operazione "Abscam", che scoperchiò la corruzione di alcuni membri del Congresso americano) e lo reinventa per dare uno spaccato degli archetipi americani dell'epoca.


Nel 1978. Irving Rosenfeld (Christian Bale) e Sydney Prosser (Amy Adams) sono due truffatori di mestiere e amanti follemente innamorati; dopo l'ennesima truffa i due vengono coartati dall'ambizioso agente del F.B.I. Richie DiMaso (Bradley Cooper) per incastrare il sindaco di Atlantic City Carmine Polito (Jeremy Renner), sul quale pendono sospetti di corruzione e collusione con la mafia italoamericana.


Uno spunto interessante quello della sceneggiatura: riprendere un fatto di cronaca per narrare la vita "borderline" di un gruppo di individui sull'orlo del baratro e, al contempo, creare una riflessione sul concetto di identità e menzogna e su come sia impossibile discernere il vero dal falso; temi che la bella sceneggiatura di Eric Warren Singer sviluppa a dovere; ogni personaggio di "American Hustle" è di fatto una maschera, un essere virtuale che finge ogni sentimento; Irving, truffatore fin dalla tenera età, si finge critico d'arte per sopravvivere; Sydney riprende l'identità di Edith, creata ad hoc, per coadiuvare il partner, fingendosi inglese e sofisticata per vendere i quadri falsi che il partner si provura; tutti e due mentono a chiunque, tranne che a loro stessi: il loro amore è vero, i loro sentimenti vibranti e mai artefatti; il caos comincia quando, sempre per spirito di sopravvivenza, i due sono costretti a mentirsi a vicenda, ad impersonare ruoli scomodi (l'amante del poliziotto, il voltagabbana) creando un gioco di specchi nel quale si perdono; e Bale ed Adams sono semplicemente perfetti per dare volto e corpo ai personaggi; il primo trasforma per l'ennesima volta il suo fisico in un corpo sfatto ed ingombrante ed usa uno stile recitativo sobrio e contenuto anche nelle sequenze più forti; la seconda crea il suo personaggio totalmente sulla sua fisicità, riuscendo a trasmettere la sua tristezza solo con il suo bellissimo sguardo e a trasmettere una sensualità genuina e mai volgare, nonostante il ruolo che ricopre; non da meno sono le performance del resto del cast, con un Bradley Cooper anch'egli alle prese con un personaggio complesso ma sgradevole, un Jeremy Renner fantastico nel ruolo del sindaco dalla moralità ambigua ed una Jennifer Lawrence superba seppur intrappolata in un ruolo bidimensionale; bello anche il cammeo di Robert De Niro nei panni del boss, con cui l'ex grande attore cita il suo passato di re del metodo Stanislasky.


Laddove lo script è articolato ed interessante, la regia di O'Russell si rivela invece totalmente inadeguata a dar corpo alla sua complessità; ala di là della piattezza nella costruzione delle singole scene, stupisce come il tema delle identità frantumante dei personaggi viva esclusivamente grazie ai dialoghi e alle interpretazioni del cast, riuscendo si a trovare una buona espressione, ma senza colpire a dovere; del tutto ignorato dal regista è invece il tema della moralità dei personaggi, che viene lasciato totalmente sulla carta; il dramma di Irving e della sua amicizia con Polito e la cattiveria di DiMaso non trovano adeguata realizzazione, restando sempre sullo sfondo; O'Russell si rifà esplicitamente allo Scorsese degli anni '90 per il look delle scene, in particolare per la fotografia e la cura nei costumi e nel make-up, ma del grande autore dimostra di non aver assimilato la lezione più importante: l'immenso rigore morale che lo portava a condannare la condotta dei suoi personaggi; e di fatto il comportamento immorale del personaggio di Cooper alla fin fine viene usato solo per fini narrativi, in particolare per dare un finale lieto con una sorta di rivincita dei due protagonisti, senza raggiungere, malauguratamente, una catarsi punitiva adeguata.


Nelle mani di un qualsiasi grande autore americano (De Palma, Abel Ferrara o lo stesso Scorsese), "American Hustle" ben avrebbe potuto diventare un piccolo capolavoro di cinema hollywoodiano intelligente e raffinato; Russell sfortunatamente appiattisce temi e personaggi e rende il tutto poco incisivo, lasciando come unici motivi di interesse le prove del cast e la curiosità per una storia talmente improbabile da poter solo essere vera.

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