1967-2014
Ogni qual volta un grande artista scompare prematuramente, il dolore per la perdita è sempre immenso; ogni volta in cui un grande uomo ci lascia, la tristezza per la sua assenza è immane; tuttavia, ogni volta in cui un grande artista che è al contempo un grande uomo muore in circostanze scottanti, sono in pochi ad avere il coraggio di criticare le sue scelte di vita, forse perchè troppo presi ad esaltarne i meriti. Perchè Philip Seymour Hoffman era sicuramente un attore dal talento spropositato; inutile stare a lodare le sue performance in opere quali "The Master" (2012) o il capolavoro di Spike Lee "La 25ma Ora" (2002): la sua capacità di dare una forma unica ad ogni singolo personaggio senza mai scadere nel ridicolo era un talento raro, che pochissimi altri attori di Hollywood possono vantare. Eppure, Hoffman era anche un grande uomo: caduto nel vortice della droga ancora adolescente, riuscì ad uscirne a 23 anni restando pulito fino al 2012, quando, complice un'intensa fase depressiva, ricadde nel tunnel della tossicodipendenza; e il fatto che ieri si sia spento, a soli 46 anni, per quel vizio ignobile che con grande coraggio era riuscito a sconfiggere, non può che suscitare rabbia; rabbia non solo per il vizio in sè, quanto per l'incapacità di una grande persona di non riuscire a distaccarsene nonostante l'eccellenza della sua vita pubblica, finendo per autodistruggersi nel più stupido dei modi; dispiace dover assistere alla sua dipartita in un modo così squallido e codardo; dispiace ancora di più se si pensa al talento che abbiamo perso a causa di una dipendenza inutile; dispiace, infine, perchè nonostante i trascorsi di altri grandi artisti del mondo del cinema che si sono abbandonati stupidamente alla spirale dell'autodistruzione (John Belushi, Rainer Werner Fassbinder, River Phoenix), ancora oggi assistiamo a dipartite eccellenti per cause ignobili.
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