mercoledì 12 febbraio 2014

The Counselor- Il Procuratore

The Counselor

di Ridley Scott

con: Michael Fassbender, Cameron Diaz, Javier Bardem, Penelope Cruz, Brad Pitt, Rosie Perez, Bruno Ganz, Natalie Dormer, Dean Norris, Ruben Blades, Goran Visnjic.

Thriller/Drammatico

Usa, Inghilterra (2013)










Impossibile negare il fascino della filosofia di Cormac McCarthy; apertamente conservatore (nel senso migliore del termine), McCarhty è l'incarnazione perfetta del "Grande Vecchio Americano", personificazione della saggezza e della morale ormai perduta; divenuto oggetto dell'attenzione di Hollywood a seguito del successo di "Non è un Paese per Vecchi" (2007), l'auotore premio Pulitzer firma in prima persona la sceneggiatura di "The Conselour", nella quale riprende molti dei topoi della pellicola dei Coen, affidando la regia a Ridley Scott, ormai ridottosi a mestierante a buon prezzo; sfortunatamente, questa volta McCarthy non riesce a centrare il segno.


Un avvocato di El Paso (Michael Fassbender) decide di investire parte dei suoi risparmi nel traffico di droga del Cartello Messicano; i suoi contatti sono l'amico di vecchia data Reiner (Javier Bardem) e il misterioso Westray (Brad Pitt); nel frattempo, la sua giovane fidanzata Laura (Penelope Cruz) si avvicina alla sensuale e lasciva moglie di Reiner, Malkina (Cameron Diaz), la quale sembra nascondere più di un segreto nel suo passato.


Come in "Non è un Paese per Vecchi", McCarthy critica l'avarizia, viatico per il male e la distruzione, e crea uno spaccato inquietante dello strapotere dei narcos messicani; la mafia messicana viene descritta come un male assoluto, questa volta ancora più spaventoso perchè priva di volto per la maggior parte del film; un "diavolo in carne ed ossa" capace delle peggiori nefandezze pur di affermare la propria supremazia; l'avvocato (il cui nome non viene mai pronunciato per universalizzare la sua figura) è l'uomo comune che resta affascinato dalla ricchezza e dal benessere, incarnati dai diamanti e dalle belle donne (la sua fidanzata) e si danna l'anima pur di possederle; in pratica, il topos alla base del suo precedente lavoro, solo che questa volta non esiste dicotomia tra bene e male: tutti i personaggi sono di fatto malvagi ad esclusione di Laura, la vittima sacrificale; l'unica cosa che li differenzia è la gradazione del marciume che li corrode da dentro.


Tra tutti, è il personaggio di Malkina ad essere quello più disturbante: femme fatale bisex e perennemente alla ricerca del soddisfacimento, che persegue sia tramite il sesso che la violenza; una diavolessa dalle forme sensuali, cui però McCarthy concede un carattere troppo monodimensionale e fin troppo sopra le righe, tanto da sfiorare la misoginia. Ancora peggio, l'uso del sesso come parabola della decadenza dei personaggi fa spesso scadere il moralismo genuino e condivisibile dell'autore in mero puritanismo bacchettone, degradando la critica oltre il limite del pretenzioso.


E se nella caratterizzazione dei personaggi l'autore incespica, è nella costruzione della narrazione che il meccanismo di scrittura si inceppa del tutto; ancora fortemente legato alla concezione letteraria della scrittura, McCarthy costruisce tutte le scene come dialoghi a due e lascia che le sue tesi siano esposte tramite aneddoti e metafore narrate ad alta voce; l'intero film diviene così un interminabile sequela di battute scambiate tra i cinque personaggi principali e tra i vari personaggi secondari che di volta in volta si alternano nella progressione della trama; e Scott in in cabina di regia può fare ben poco per vivacizzare la narrazione, stretto com'è in una sceneggiatura serrata e priva di guizzi, limitandosi a trasporre in immagini i dettami dello script; la narrazione progredisce così in modo freddo e piatto, rialzandosi solo nelle sporadiche scene in cui esplode la cattiveria o la perversione dei personaggi; due in particolare le scene che si segnalano per la loro efferatezza: la sequenza di sesso tra Malkina e l'auto di Reiner e il climax del personaggio di Westrey, entrambi disturbanti oltre il limite della sopportazione; tuttavia si tratta di casi isolati nel corso della fin troppo lunga durata della pellicola.


A salvare il film dall'insufficienza totale ci pensa così il solo Michael Fassbender, che come al solito regala un'interpretazione magistrale; il suo "Counselor" è un dannato che viene risucchiato in un inferno spaventoso, che buca lo schermo grazie all'empatia totale del grande attore britannico; interpretazione a parte, "The Counselor" è una pellicola dimenticabile: piatta e pretenziosa.

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