venerdì 3 febbraio 2017

La Battaglia di Hacksaw Ridge

Hacksaw Ridge

di Mel Gibson.

con: Andrew Garfield, Hugo Weaving, Teresa Palmer, Vince Vaughn, Sam Worthington, Jacob Warner, Richard Pyros, Milo Gibson, Rachel Griffiths.

Storico/Guerra

Australia, Usa 2016













Mel Gibson è davvero un personaggio controverso? A ben guardare si: non si potrebbe definire altrimenti chi viene prima tacciato di razzismo e poi dirige un film dalla forte componente morale come "Hacksaw Ridge". Ma le cose, forse, sono al contempo più e meno complesse.
Gibson, nato nello stato di New York e poi cresciuto in Australia, è il figlio di quell'America intollerante tirata su a Bibbia e violenza, che il sabato sera impiccava neri e la domenica mattina recitava il sermone; il razzismo, l'insofferenza verso il diverso, il bigottismo atavico, seppur trapiantati nel contesto australiano sono pur sempre stati alcuni dei suoi valori formativi,al fianco dei valori religiosi, per creare una personalità forte, ma stretta tra due opposti che trovano una forma di conciliazione solo nella tradizione formativa americana. O forse, ancora peggio, le accuse di razzismo non sono neanche fondate, se si tiene conto delle circostanze in cui sono state formulate, del tutto circostanziali.
Ciò non toglie, tuttavia, che un film come "Hacksaw Ridge", oltre ad essere riuscito e condivisibile nelle posizioni, è lo stesso coerente con la sua formazione e, più in generale, con il suo cinema; il sangue torna a scorrere a fiumi, i corpi umani maciullati vengono letteralmente tirati in faccia allo spettatore mentre il moralismo, pur tradizionalista in alcuni assunti, questa volta sarà difficilmente ostracizzato anche dallo spettatore più smaliziato.




Perché la forza di questa sua opera sta tutta nel suo protagonista, quel Desmond Doss che al pari di Gibson vive di contraddizioni apparenti: arruolatosi volontario per combattere nella Seconda Guerra Mondiale, si dichiara subito obiettore di coscienza e rifiuta di imbracciare il fucile. Contraddizione che prende le mosse non solo dalla forte formazione religiosa di Doss, proveniente da quel sud degli Stati Uniti che tanti mostri ha generato, ma che lo porta ad aborrire ogni forma di violenza; la sua carriera militare si vota infatti al salvataggio delle vite, piuttosto che all'uccisione, in una ripresa singolare dei valori di cameratismo militare e fratellanza cristiana. Non c'è vera retorica nella costruzione del personaggio, né idealizzazione: Doss resta sempre un cocciuto ragazzino le cui intenzioni sono spiazzanti persino quando diviene il bersaglio dell'istituzione militare.





Personaggio che ricorda, in tale contesto, un altro portato su schermo da Andrew Garfield, quel padre Rodriguez di "Silence" anch'esso perso nella contemplazione del mistero di Dio e perseguitato per la sua fede in un ambiente violento ed intollerante. Anche qui Garfield dona un'interpretazione intensa ed ancora più mimetica: il suo Doss è vivo, la sua carica umana trasuda dalla pellicola ed il suo sguardo semplice spesso muove ad una commozione pura. Così come umana e commovente è la parabola del suo rapporto con il padre, interpretato da uno Hugo Weaving che ricorda al pubblico la sua estrema espressività: una parabola violenta, fatta di scontri ai limiti del parricidio, ma che culmina in una comunione totale.
E a ben vedere, un personaggio come Doss mal si concilia con la tradizionale retorica americana sulla Seconda Guerra Mondiale, che vuole quella "più grande generazione" di uomini come eroi senza macchia e senza paura; la sua indole, pacifista oltranzista, rappresenta uno sguardo inedito, più umano e verosimile ad un soggetto vecchio ed avvicina la retorica di Gibson a quella di Eastwood, pur con le dovute differenze.





Più convenzionale e scontato è lo stile di messa in scena adoperato per dar vita alla vicenda; dagli ovvi rimandi al "Full Metal Jacket" di Kubrick per la sequenza di addestramento si passa alla ripresa degli stilemi di "Salvate il Soldato Ryan" per la parte ambientata ad Okinawa, con tanto di fotografia dai colori desaturati, ma per fortuna senza l'uso dell'otturatore veloce per aumentare artificialmente il ritmo delle inquadrature; debito di ispirazione che si palesa in almeno due citazioni esplicite del film di Spielberg (l'uccisione del soldato con il lanciafiamme e lo stordimento dell'ufficiale interpretato da Sam Warthington); ma (e per paradosso puro) il gusto macabro di Gibson dello splatter finisce per sposarsi alla perfezione con il contesto bellico e le sequenze di guerra si trasformano in massacri dove il disgusto del protagonista verso la guerra viene perfettamente rappresentato in immagini barocche, ma forti, dotate in parte di una propria personalità.






E al di là dei debiti di ispirazione, "Hacksaw Ridge" riesce perfettamente a delineare una figura inedita in un contesto filmico abusato, risultando a tratti decisamente emozionante.

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