lunedì 27 febbraio 2017

T2 Trainspotting

di Danny Boyle.

con: Ewan McGregor, Jonny Lee Miller, Ewen Bremmer, Robert Carlyle, Anjela Nedyalkova, Kelly MacDonald, Steven Robertson, James Cosmo.

Inghilterra 2017

















Dove li avevamo lasciati? Rent, Sick Boy, Begbie e Spud avevano fatto il colpo della vita: 16 mila sterline per una partita di eroina piovuta dal cielo. Ma all'occasione segue il tradimento, quello di Renton, che sfancula tutti (tranne Spud) e fugge con il malloppo. Fino a 20 anni dopo.
Nel frattempo tutto è cambiato. Danny Boyle si è imborghesito, ha gettato via lo stile grottesco e corrosivo e ha scambiato l'umorismo nerissimo per le favolette a lieto fine, anche a causa della non rosea collaborazione con Alex Garland. Ewan McGregor non ha mantenuto il suo status di giovane promessa, incagliandosi in ruoli ripetitivi o inutili, rompendo il sodalizio con Boyle a causa di "The Beach" (2000) e trasformando la sua carriera in quella di un ottimo interprete, ma non di una vera superstar. Jonny Lee Miller non ha trovato l'affermazione che lasciava presagire, così come John Hodge, il quale non si ripeterà mai più ai livelli degli esordi. Mentre Irvine Welsh ha cercato di bissare il successo ottenuto, anche su schermo, dapprima con "The Acid House", poi regalando due sequel al suo romanzo di culto, "Porno" e "Skagboys", che purtroppo non hanno riscosso i consensi sperati.




E con loro l'intera Generazione X si è arenata sulla spiaggia della vita, crescendo, trasformandosi da massa di giovani esagitati ad armata di adulti insoddisfatti, con la disillusione divenuta rassegnazione e la rabbia priva di fondamento e controllo spentasi sotto la cenere dell'autodistruttivismo inutile. Intorno a loro, le macerie di una società che si è riplasmata nelle forme della massificazione, del perbenismo imposto, dei finti sorrisi e della globalizzazione alienante.
L'idea di un seguito su schermo a quel cult tanto amato stuzzicava da anni la mente degli autori, ma sia Boyle che Hodge si sono sempre dichiarati insoddisfatti delle bozze di adattamento di "Porno"; al punto che, pur di creare una continuazione convincente, hanno deciso di distanziarsi quasi definitivamente dalla fonte narrativa per creare una storia quasi inedita, che desse più spazio ai personaggi ed alla loro evoluzione.
"T2 Trainspotting" finisce così per essere una testimonianza di questo passaggio, di questa crescita decostruttiva, del fallimento loro e dell'intera società con loro. E del rimpianto, della presa di coscienza di quel vuoto interiore che non ha generato nulla e nulla ha portato. E lo fa con stile, senza scadere nelle trappole della retorica o della facile nostalgia, configurandosi come una continuazione quasi perfetta di quella visione lisergica, folle, cinica, graffiante ma non compiaciuta.




Vent'anni dopo. Tutto è uguale, nulla è lo stesso. Sick Boy cerca sempre di sbarcare il lunario come mezza tacca criminale, ora impegnato nel ricatto di facoltosi signori patiti di strap-on, che finiscono puntualmente nella sua rete grazie alla bella Veronika; Spud, dopo una dipendenza da eroina ultratrentennale, si ritrova senza lavoro, senza un soldo e senza poter rivedere Gail, dalla quale ha avuto un figlio ventenne che, per vergogna, lo ignora. Begbie, finito in galera, organizza una rocambolesca fuga e torna nel giro dei piccoli furti, tentando di portarsi dietro un figlio che finora ha intrapreso uno stile di vita del tutto antitetico. E Rent, fuggito con la grana, subisce un principio di infarto che lo porta a riflettere sul passato e a decidere di tornare in quella Edimburgo, per riallacciare i rapporti con la famiglia e con quegli amici ai quali, forse, deve davvero qualcosa in più di una fuga all'inglese.




Una presa di coscienza, quella di Rent, che è anche quella di Danny Boyle. Vent'anni e rotti dopo, trascorsi gli scandali, lo status di cult e di film-manifesto, cosa resta di quell'incredibile esperienza? La coscienza del tempo trascorso, che ora riaffiora a tormentare autore e personaggi, con le immagini del primo film che appaiono e scompaiono dinanzi ai loro occhi come fantasmi, a testimonianza della poca strada che hanno percorso. Così come ritornano gli spettri di quel cinema che tanto ha influito sullo stile, da Scorsese a Ridley Scott passando per De Palma, gli omaggi e le reminiscenze più o meno esplicite prendono una forma precisa.
Nostalgia del passato? Assolutamente no: quella di "T2" è semmai una riflessione amara sul fallimento umano di una generazione di ragazzi vuoti ora cresciuta sino a divenire quella di uomini falliti, privi di un nucleo familiare di riferimento; laddove quello primigeneo è stato rifiutato sin dall'adolescenza, quello neocostituito diventa evanescente, uno spettro che si rincorre costantemente (nel caso di Spud) o che si tenta di agguantare per i propri comodi (Begbie), quando non addirittura una menzogna usata per imbellettare una realtà vacua (Rent).
Sullo sfondo, un mondo alienante, con ragazze slovene vendute come scozzesi negli aeroporti, costumi sessuali spiazzanti ed imbarazzanti ed una riqualificazione gentrificatrice della città che trasforma in spazzatura tutto quello che non riesce a riplasmare in un'immagine piacevole.




Cosa resta quindi a questo quartetto di scavezzacollo ex tossici prossimi al fallimento definitivo? Nulla, o quasi. Il tentativo di ricostituire una serie di rapporti umani in grado di dare un senso all'esistenza, la ricerca vana ed ossessiva di una rivincita verso il tradimento ed il ritorno a quel nido familiare tanto detestato. Su tutto svetta il rimpianto, con il "Choose Life" tanto amato e citato da quella generazione che ora diventa presa di coscienza ineludibile di quel vuoto opprimente autoinflittosi.
Evoluzione che porta con sé anche la scompaginazione di quello stile acido che aveva reso celebre il primo film. Il punto di vista diviene multiplo, con la voce narrante di Rent che si riaffaccia timidamente in una sola scena. Lo humor nero la fa sempre da padrone, ma Boyle non vuole essere graffiante o acido, quanto melanconico, lasciando che la tristezza dei personaggi trasudi dalle immagini; e riesce a non scadere mai nell'elegiaco, nella nostalgia compiaciuta, in un equilibrio di toni che mancava da anni nel suo cinema.




Tanto che, al netto di un climax in parte poco convincente, "T2" rappresenta una delle opere migliori della sua filmografia. Un sequel che riesce ad aggiungere molto ad un pugno di personaggi che sembrava già aver detto tutto e che come l'originale ben può essere un manifesto della sua generazione. Un manifesto smaccatamente più amaro e meno cinico, ma non per questo meno riuscito.

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